Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber
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domenica 17 giugno 2018

CIO’ IN CUI CREDI SARA’ IL TUO DESTINO – Mahatma Gandhi




Le tue credenze diventano i tuoi pensieri.

I tuoi pensieri diventano le tue parole.

Le tue parole diventano le tue azioni.

Le tue azioni diventano le tue abitudini.

Le tue abitudini diventano i tuoi valori.

I tuoi valori diventano il tuo destino.


Mahatma Gandhi

domenica 26 marzo 2017

LA PAROLA HA UN PESO – Gabriella Caramore


La parola ha un peso. La parola può uccidere o salvare, può incatenare o liberare. Perciò occorre avere pazienza nei confronti delle parole. Prendersene cura, conoscerle, usarle con cautela, con generosità ma senza eccedere, con parsimonia ma senza avarizia. Le parole vanno create. Ma anche custodite. Offerte. Ma non sprecate. Sono il tessuto stesso della persona umana. E, in quanto tali, delle relazioni tra essere umani.
Perciò, in definitiva, un difetto nel linguaggio è un difetto d’amore.

Gabriella Caramore, Pazienza, Il Mulino, Bologna 2014, p. 56-57.

sabato 30 aprile 2016

LA MELODIA DELLE PAROLE - Jiddu Krishnamurti (1895-1986)


Ascoltare è un'arte che non è facile acquisire, ma che porta con sé bellezza e comprensione profonda.
Ascoltiamo dalle profondità del nostro essere, ma il nostro ascolto è sempre alterato da preconcetti o dai nostri particolari punti di vista. Non siamo capaci di ascoltare direttamente, con semplicità; in noi l'ascolto avviene sempre attraverso lo schermo dei nostri pensieri, delle nostre impressioni, dei nostri pregiudizi...
Per poter ascoltare ci deve essere calma dentro di noi, un'attenzione distesa, e non deve esserci il minimo sforzo tendente ad acquisire qualcosa. Questo stato vigile e tuttavia passivo è in grado di ascoltare quello che è al di là dei significati delle parole.
Le parole portano confusione; sono solo un mezzo di comunicazione esteriore, ma per trovarsi al di là del rumore delle parole è necessario ascoltare in uno stato di vigile passività.
Coloro che amano sono capaci di ascoltare, ma è estremamente raro trovare chi sia capace di farlo. La maggior parte di noi è troppo occupata a raggiungere degli obiettivi, a ottenere dei risultati; stiamo sempre cercando di andare oltre, di conquistare qualcosa, così non siamo in grado di ascoltare.
Solo chi ascolta veramente può cogliere la melodia delle parole.
Jiddu Krishnamurti


lunedì 18 gennaio 2016

PAZIENZA, PAROLA INATTUALE E ANTICA - Gabriella Caramore

La pazienza esige una dilatazione del presente, un suo allungamento, una sosta nell'incessante divenire. Occorre fare pausa, per essere pazienti. Fare tregua. La pazienza reclama che il tempo ordinario sospenda il suo corso, smetta di fluire, entri in un vigile sonno. È capace di questo la nostra epoca convulsa, distratta, frettolosa, in cui ognuno di noi si sente spinto a fare presto, procedere spedito, agire in simultanea su fronti diversi, dare inizio a un procedimento senza attenderne l'esito? In cui troppa vastità di saperi rende difficoltoso il conoscere, in cui troppa facilità di connessione rende arduo l'incontro, in cui troppo mondo, affacciato sulle nostre vite, mette in affanno le relazioni? Viene, certamente, il sospetto che il nostro tempo sia radicalmente inospitale verso la pazienza.
Forse neppure ne avvertiamo il bisogno.
E forse, davvero, «pazienza» è parola inattuale, antica, in disarmo.
Gabriella Caramore, Pazienza, Il Mulino, Bologna 2014, 12-13


venerdì 15 gennaio 2016

COS’E’ OGGI “PAZIENZA”? - Gabriella Caramore


Ogni parola è, di per sé, tremula e mutevole interpretazione di un mondo. Come pretendere di fissarla in un significato? Ogni parola è già, di per sé, scelta, commento, esegesi: un corpo vivo che non si lascia comprendere e costringere per intero. Si può procedere solo per avvicinamenti, approssimazioni, tentativi. Si deve provare, certamente, a dar conto del cumulo di significati ammassati l'uno sull'altro nel corso della storia. Ma alla fine ci si dovrà arrendere di fronte alla nudità della parola, coglierne la sporgenza sul rumore del tempo presente. Così, forse, sarà possibile percepirne una modulazione nuova.
Potremo allora chiederci: che cos'è, oggi, «pazienza»? Siamo ancora capaci di ospitare quella qualità della durata a cui diamo il nome di «pazienza»? Non sembra esservi dubbio: viviamo in un'epoca veloce, tanto che anche i secoli diventano «brevi» per la corsa che instaurano col tempo.
Gabriella Caramore, Pazienza, Il Mulino, Bologna 2014, 11-12


sabato 28 novembre 2015

TACERE – Mariapia Veladiano


Ogni volta che c'è da ascoltare. Silenzio necessario per captare suoni anche lontani, richiami a cui accorrere, passi di qualcuno che è atteso, e potergli andare incontro, preparare per lui il nostro spazio.
O per non perdere parole che a volte appena muovono l'aria. Parole che rovesciano la nostra storia, o la sua.
Anche quando non si ha niente da dire si deve tacere. Sulla persona che nemmeno conosco, ma so ogni cosa, arrivata dal parlare di chi a sua volta nulla conosceva, ma non ha taciuto. E allora tutto può essere detto e chi ferma il fiume delle parole ormai scagliate?
E poi tacere quando c'è da conservare un segreto. Consegna di sé. Chi sa oggi tenere i segreti?
E davanti alla tragedia. Per sentire il morbido passaggio delle schiere di angeli che corrono, a salvare un bambino, e non sappiamo perché non li salvano tutti. E quindi tacere anche davanti al mistero assurdo e supremo della morte che ci scappa incompiuta. Per non dire parole superbe e sentire se forse una Parola arriva, di consolazione e promessa: ci sono, sono qui, risorto come tutti risorgono.
Tacere per sentire il suono della Parola che leggo.
Per ascoltare il suono del proprio esistere.
Per custodire verità che possono far crocifiggere.
Ma quando la nostra parola attesa può salvare, guai a noi per il nostro tacere.
Mariapia Veladiano, Ma come tu resisti, vita, p. 62-63.


giovedì 26 novembre 2015

COSTRUITE PONTI DI COMPRENSIONE - Dale Carnegie (1888-1955)


Se volete proprio che la gente si faccia beffe di voi, vi rida dietro, vi disprezzi e vi sfugga, questa è la ricetta: non state mai ad ascoltare nessuno. Parlate sempre e solo di voi stessi. Se avete un’idea mentre l’altra persona sta parlando, non aspettate che finisca, tirate dritto e interrompetela nel bel mezzo del discorso.
Dare sempre all'avversario la possibilità di parlare. Non opporre resistenza, difese o discussioni: creano solo delle barriere. Costruire ponti di comprensione, non muri di incomprensione.
Dale Carnegie, Come trattare gli altri e farseli amici, 1936, ed. it. Bompiani, Milano 2001, p. 110, 136.


mercoledì 25 novembre 2015

IL FORUNCOLO SUL COLLO - Dale Carnegie (1888-1955)


La gente che parla solo di se stessa pensa solo a se stessa. “E la gente che pensa solo a se stessa,” come dice il dottor Nicholas Murray Butler, per lungo tempo rettore della Columbia University, “rimane ignorante senza speranza.” “Non c’è modo di toglierli dalla loro stupidità,” prosegue Butler, “non c’è modo di istruirli.”
Così se volete diventare un buon conversatore, siate prima di tutto un ascoltatore attento. Per interessare, mostratevi interessati. Fate domande che sapete fanno piacere al vostro interlocutore. Incoraggiatelo a parlare di sé e dei propri successi.
Ricordatevi che la gente alla quale state parlando si interessa molto di più ai suoi problemi che ai vostri. Il proprio banale e personalissimo mal di denti preoccupa assai di più della grande carestia che in Cina miete milioni di vittime. Un foruncolo sul collo è più inquietante di cinquanta terremoti in Africa. Pensateci, la prossima volta che vi mettete a parlare con qualcuno.
Dale Carnegie, Come trattare gli altri e farseli amici, 1936, ed. it. Bompiani, Milano 2001, p. 111.


martedì 24 novembre 2015

SERVONO BUONI ASCOLTATORI PIU’ CHE BUONI PARLATORI - Dale Carnegie (1888-1955)


Isaac F. Marcosson, un giornalista che intervistò centinaia di celebrità, dichiarò che molta gente non riesce a fare una buona impressione perché non ascolta con attenzione. “Sono così preoccupati di quello che stanno per dire che non si preoccupano certo di ascoltare… Persone molto importanti mi hanno detto che preferiscono avere a che fare con buoni ascoltatori piuttosto che con buoni parlatori.”
Ma la capacità di ascoltare sembra più rara di qualunque altra cosa. E non solo personaggi importanti agognano buoni ascoltatori, ma anche la gente più normale. Come disse una volta il Reader’s Digest:” Molte persone chiamano il medico quando hanno bisogno di parlare.”
Dale Carnegie, Come trattare gli altri e farseli amici, 1936, ed. it. Bompiani, Milano 2001, p. 109.


lunedì 23 novembre 2015

OLTRE LE PAROLE – Severino Zaramella


Le parole sono importanti, ma per comunicare quello che siamo, in realtà, noi ci esprimiamo attraverso il linguaggio del nostro corpo. Impariamo pertanto a leggere le persone, esercitiamoci da piccoli a farlo e aiutiamo le persone a intraprendere questo percorso.
Vogliamoci bene, volendo bene agli altri, al di là di quello che dicono, amiamoli perché esistono e sono portatori di verità.
Spesso viviamo accanto al nostro prossimo senza condividere la nostra parte più intima, la molecola del bene, che teniamo nascosta e difesa da violenze e soprusi. L'amore aiuta a spogliare le difese e far vedere anche agli altri la composizione di questa molecola, affinché anche loro ne possano beneficiare.
La piccolezza dell'essere umano si confronta ogni momento con la grandezza dell'irripetibilità personale che consegna consapevolezza e sentimento di accoglienza.
Severino Zaramella, amico caro


giovedì 19 novembre 2015

IMPARATE PAROLE - Nadia Vidale


Cari ragazzi,
a pochi mesi dall’attacco alla redazione di Charlie Hebdo, i fatti di Parigi della scorsa notte hanno rinnovato in Europa l’esperienza della barbarie.
Stavolta, però, i terroristi hanno colpito uomini e donne riuniti in luoghi di pace e bellezza: ciò prova che lo “scontro di civiltà”, che alcuni temono, non c’è.
La civiltà sul pianeta è una soltanto: ne fanno parte i credenti, di tutte le fedi, che rifiutano che, in nome di Dio, possa giustificarsi il disprezzo dell’uomo, e i non credenti che rifiutano, in nome dell’intelligenza che a nessuno è negata, che una strage di innocenti possa mai rappresentare la soluzione a un qualsiasi problema. Ma che dire dei giovani che, a questa illusione atroce, sacrificano la vita propria e altrui? Quale arroganza li nutre?
La civiltà, unica sul pianeta, è di tutti e soli coloro che accettano di affrontare i conflitti, le crisi, le difficoltà con l’arma della parola, che però, come tutte le armi, occorre imparare a maneggiare.
Nella tristezza di questa giornata, si fa dunque strada la considerazione che, oggi, il vostro compito è più chiaro: leggete, ragazzi, imparate parole, imparatene tantissime, in tutte le lingue: ce n’è una per ogni sfumatura del vostro cuore e dei vostri pensieri, una per ogni sfumatura del cuore e dei pensieri degli altri; senza la sfumatura, tutto diventa piatto e l’infinita ricchezza di sé e dell’incontro con l’altro si perde, perché la comunicazione viene semplificata, banalizzata, abolita.
Imparate moltissime parole e esercitatevi a usarle: scoprirete che capirsi non è facile, che il malinteso è dietro l’angolo e il chiarimento arriva solo dopo, se ci diamo il tempo di arrivarci, se abbiamo o siamo disposti a cercare le parole per farlo. Sforzatevi di essere precisi, state attenti al dettaglio, siate pazienti se non capite subito o se qualcuno non vi capisce subito.
È un cammino che può essere lunghissimo e molte volte frustrante, ma una è la via della pace e non ammette scorciatoie. La pace non è andare tutti d’accordo: è capire che ciò che è radicalmente diverso può non essere nemico, pur restando diverso. È scoprire che non occorre annientare nessuno perché si compiano o il volere di Dio o il progetto della nostra vita.
Nadia Vidale, dirigente scolastico


venerdì 17 aprile 2015

LA PAROLA - Massimo Recalcati



La parola dovrebbe comportare sempre l’assunzione soggettiva delle sue conseguenze o, quantomeno, lo sforzo della loro assunzione.
La parola non è mai solo una parola, perché trasforma, plasma, genera la vita.
Massimo Recalcati, L’ora di lezione, Einaudi, Torino 2014.


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