Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber
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domenica 12 aprile 2020

FEDE NELLA PRIMAVERA


Pasqua 2020

Le dolci brezze si sono risvegliate
spirano e sussurrano giorno e notte.
Si muovono ovunque
aria fresca, nuovo suono.

Ora povero cuore non temere.
Ora tutto, tutto deve cambiare.

Il mondo diventa più bello ogni giorno
e non si sa cosa diventerà.
La fioritura non accenna a finire
e fiorisce anche la valle più profonda.

Ora povero cuore dimentica il tuo tormento.
Ora tutto, tutto deve cambiare.

Ludwig Uhland, Fede nella primavera, 1805


L
a poesia parla all’uomo di ogni tempo e di ogni luogo. Anche questi versi, scritti più di due secoli fa, sembrano rivolti proprio a noi... e proprio adesso. Noi, che stiamo vivendo giorni di turbamento e di angoscia, noi che abbiamo visto la nostra vita e il nostro mondo cambiare da un giorno all’altro, e non sappiamo cosa aspettarci.
Il poeta si rivolge al nostro cuore attonito e le sue parole sono cariche di speranza: ci sembra di camminare sulle sabbie mobili, mentre forse è fertile limo che, dopo l’alluvione, farà fiorire anche la valle più profonda.
Le parole di questa poesia racchiudono tutto l’augurio che sento di fare a voi e alle vostre famiglie in questo momento.

Buona fioritura dal vostro dirigente

Francesco Callegari

domenica 16 aprile 2017

OGGI NIENTE MI IMPEDIRA’ DI DANZARE – Preghiera dal Congo



Oggi niente mi impedirà di danzare e la terra tremerà sotto i miei piedi.
Io sono l'uomo, la donna della danza!
Oggi niente mi impedirà di suonare e il mondo intero ascolterà la mia musica.
Oggi niente mi impedirà di cantare e l'intera umanità rimarrà commossa: io sono l'uomo, la donna della gioia di vivere!
Oggi né fame, né povertà, né malattia, né siccità, né guerra, né miseria: oggi è Pasqua!
Niente mi impedirà di lodarti, danzarti e cantarti. Tu sei Risorto e mi salvi, tu sei Risorto e mi fai vivere.
Chi, meglio di me potrebbe danzare?
Chi, meglio di me, può percuotere il tamburo?
Oggi, Signore, sulle ceneri della mia vita, sugli scheletri della guerra e della fame, sull'aridità delle nostre siccità...
Io ti canto, danzo per i miei fratelli e sorelle che hanno perso il canto e la gioia,
che hanno smarrito il sorriso e la danza...
Danzo, perché tu sei Risorto!

Preghiera dal Congo


lunedì 21 marzo 2016

LA PACE SI FA – Patrizia Malachin


Un amico è una persona a cui vuoi bene, ma molto bene: nei suoi confronti provi stima, gli dimostri affetto, cerchi occasioni per incontrarlo, condividi i passi più cruciali della vita, gli assicuri il tuo aiuto in caso di bisogno. Che sensazioni strabilianti scaturiscono da quest'intesa!
Le belle emozioni stimolano piacevoli momenti, i cuori allegri trasmettono la voglia di vivere, i nobili sentimenti scacciano le malvagità, le buone azioni tessono forti legami umani. Proiettarsi fuori dal proprio piccolo mondo individuale e desiderare di incontrare l'altro è "costruire un ponte".
E i muri? Come facciamo a innalzare quei bei "muri portanti e incrollabili"? Per un dispetto o un torto subito, per un mancato favore, per una maldicenza orecchiata... Poi, quella persona la allontani, la eviti, non la ricontatti più. Così, con una piccola barriera di autodifesa ribadisci la tua superiorità e resti ben saldo nella convinzione della validità delle tue ragioni.
Ognuno, spesso e volentieri, costruisce attorno a sé il proprio muretto personale. Il muro è una grave forma di isolamento sociale, una famigerata arma che danneggia, e a volte uccide mietendo migliaia di vittime innocenti.
E noi parliamo di pace? scriviamo sulla pace?
No, la pace implica un'azione ben precisa e concreta: il "fare". La pace si fa, non aspettando il primo passo dall'altro, ma manifestando la propria iniziativa. La pace inizia dal basso, dallo scalino più infimo, dal focolare domestico. E non dall'alto come erroneamente si crede: lo testimonia un singolare episodio della tregua di Natale del 1914 quando i soldati inglesi e tedeschi hanno dimostrato che la pace si fa scambiandosi gli auguri vicendevolmente.
Alla fine ti accorgi che l'anima tua si sta svuotando della rabbia posseduta e stagnata da tempo. Il rancore si seda, il muro si sgretola, e ora puoi pregustare la pace interiore.
Buona Pasqua.

Patrizia Malachin

domenica 27 aprile 2014

LA FESTA DEI MACIGNI ROTOLATI - Tonino Bello (1935-1993)


Quella mattina il Risorto ha mostrato alle donne che è possibile il rotolare del macigno, la fine degli incubi, l’inizio della luce, la primavera di rapporti nuovi.
E che se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adoperasse per rimuovere il macigno del sepolcro accanto, si ripeterebbe nuovamente il miracolo del terremoto che contrassegnò la prima Pasqua di Cristo. Festa dei macigni rotolati. Festa del terremoto.

Tonino Bello

giovedì 24 aprile 2014

TANTI PICCOLI ZIO GIOVANNI - Attilio Pirillo


Ci sono nella vita una moltitudine di piccoli zio Giovanni che con le loro mani, i loro gesti e il loro pensiero rendono la vita delle persone che incontrano più accettabile, riparando quotidianamente ciò che altri uomini o la natura hanno rotto.
La moltitudine di tutti questi zio Giovanni è la vera forza dell'uomo e ciò che ci fa andare avanti nonostante tutto. Costoro non hanno bisogno di riconoscimenti formali né di scalare il potere all'interno della società né di accumulare ricchezze, perché sono coscienti che anche i loro più piccoli gesti spingono il mondo in una direzione migliore.
Buona Pasqua a Lei e a tutti i piccoli e grandi zio Giovanni che quotidianamente ci danno la certezza di essere nel giusto.
Attilio Pirillo, medico


martedì 22 aprile 2014

LA MULATTIERA E LA TANGENZIALE - Tonino Bello (1935-1993)


La croce rimane sempre al centro delle nostre prospettive. Ma noi vi giriamo al largo, troppo al largo. È come quando, in viaggio, si sfiora una città passando dalla tangenziale. Mentre l'automobile corre sulla strada, si dà ogni tanto un'occhiata ai campanili che si ergono e alle torri che svettano. Ma poi tutto finisce lì. Purtroppo la nostra vita cristiana non incrocia il Calvario. La croce l'abbiamo attaccata con riverenza alle pareti di casa nostra, ma non ce la siamo piantata nel cuore. Pende dal nostro collo, ma non pende sulle nostre scelte. Le rivolgiamo inchini e incensazioni in chiesa, ma ci manteniamo agli antipodi della sua logica. È un albero nobile che cresce su zolle recintate. Nel centro storico delle nostre memorie religiose. All'interno della zona archeologica dei nostri sentimenti. Ma troppo lontano dalle strade a scorrimento veloce che battiamo ogni giorno. Dobbiamo ammetterlo con amarezza. Abbiamo scelto la circonvallazione e non la mulattiera del Calvario. Abbiamo bisogno di riconciliarci con la croce e di ritrovare, sulla carta stradale della nostra esistenza paganeggiante, lo svincolo giusto che porta ai piedi del condannato.
Tonino Bello


lunedì 21 aprile 2014

PER NON ABITUARCI - Giuseppe Alberti


Uno dei grandi pericoli che abbiamo è abituarci alla croce. Non a quelle della vita che ci toccano nel vivo e si fanno ben sentire. Quelle sono nostre e ci fanno così male che perfino ci lamentiamo. Mi riferisco a quella di Cristo, a quella che vediamo entrando in chiesa o nei crocicchi delle strade. Siamo così abituati che non ci facciamo più caso.  
Abbiamo perso la sensazione della sorpresa e dello sconcerto. Diciamolo pure, non ci scandalizziamo più! Eppure la croce è in sé scandalosa. Non è degna di un uomo. Se poi è Cristo a salire su questa croce è ancora più assurdo, incomprensibile, inaccettabile.  
Eppure la croce sta lì, al centro delle nostre chiese, cercando il nostro sguardo. La croce sta lì, al centro della storia dell’umanità, di Cristo e della nostra. Non è possibile sfiorare con lo sguardo questo segno di morte senza che il cuore non ne sia scalfito. Un mistero vi è nascosto, un messaggio eterno di amore che grida e spesso non è capito, accolto, abbracciato. Questo legno di morte è grembo di vita, sacramento della Pasqua che unisce passione e speranza, sofferenza e risurrezione, Venerdì Santo e Primo Giorno dopo il Sabato.  
Il cammino che abbiamo realizzato nelle tappe quaresimali ci hanno portati a sostare e guardare, patire e sperare, contemplare e meditare, morire e rinascere. Il Gesù morto sulla croce è già avvolto dal lenzuolo della risurrezione. E’ la vicenda pasquale di Cristo, che ci siamo allenati a fare nostra.   

Auguri di una vera Pasqua a tutti voi! 

don Giuseppe Alberti

domenica 20 aprile 2014

PESAH - Erri De Luca


Pasqua è voce del verbo ebraico “pèsah”, passare.
Non è festa per residenti, ma per migratori che si affrettano al viaggio. Da non credente vedo le persone di fede così, non impiantate in un centro della loro certezza ma continuamente in movimento sulle piste.
Chi crede e in cerca di un rinnovo quotidiano dell’energia di credere, scruta perciò ogni segno di presenza.
Chi crede, insegue, perseguita il creatore costringendolo a manifestarsi.
Perciò vedo chi crede come uno che sta sempre su un suo “pèsah”, passaggio. Mentre con generosità si attribuisce al non credente un suo cammino di ricerca, è piuttosto vero che il non credente è chi non parte mai, chi non s’azzarda nell’altrove assetato del credente.
Ogni volta che è Pasqua, urto contro la doppia notizia delle scritture sacre, l’uscita d’Egitto e il patibolo romano della croce piantata sopra Gerusalemme.
Sono due scatti verso l’ignoto. Il primo è un tuffo nel deserto per agguantare un'altra terra e una nuova libertà. Il secondo è il salto mortale oltre il corpo e la vita uccisa, verso la più integrale resurrezione.
Pasqua/pèsah è sbaraglio prescritto, unico azzardo sicuro perché affidato alla perfetta fede di giungere.
Inciampo e resto fermo, il Sinai e il Golgota non sono scalabili da uno come me, che pure in vita sua ha salito e sale cime celebri e immense. Restano inaccessibili le alture della fede.
Allora sia Pasqua piena per voi che fabbricate passaggi dove ci sono muri e sbarramenti, per voi apertori di brecce, saltatori di ostacoli, corrieri a ogni costo, atleti della parola pace.
Erri de Luca, Messaggio a Pax Christi, aprile 2004

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