Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

NEWS

Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber
Visualizzazione post con etichetta ARMONIA. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta ARMONIA. Mostra tutti i post

martedì 1 maggio 2018

TUTTE LE COSE SONO COLLEGATE - Piotr Demianovich Ouspensky



Cercate di, capire quel che dico: tutto dipende da tutto, tutte le cose sono collegate, non vi è niente di separato. Tutti gli avvenimenti seguono dunque il solo cammino che possono prendere. Se le persone potessero cambiare, tutto potrebbe cambiare. Ma esse sono quelle che sono, e di conseguenza le cose, anche esse sono quelle che sono.
P. D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto, Roma 1976, p. 28


lunedì 30 novembre 2015

UN PICCOLO PRESEPE IN OGNI CLASSE – Giovanni Zen


Fra un mese è Natale. Sapendo il significato di questa “festa”, nella nostra storia occidentale, al di là dello scivolamento consumistico degli ultimi decenni, cioè di una “festa” nata da un valore fortemente religioso che ha fatto crescere in tutti, al di là delle stesse convinzioni religiose, valori universali di fratellanza e solidarietà, credo sarebbe bello che in tutte le classi, per vostra iniziativa, ci fosse un piccolo presepe, magari con un piccolo albero di Natale. Un presepe ed un albero in ogni classe, piccoli segni-simboli.
Sappiamo tutti del momento difficile che stiamo vivendo, per gli attentati e la minaccia terroristica. Riaffermare dunque i valori-base attraverso questi piccoli segni-simboli, valori che sono il cuore della nostra cultura, religiosa e civile, (una cultura “nostra” nel suo valore universale), specialmente in questo momento, penso sia il modo migliore per aiutarci a non rassegnarci alle logiche della paura, del terrore, del sospetto, della prevaricazione. In tutti i sensi.
Qual è il valore del Natale, anche in senso civile? Quello cantato in una vecchia canzone di Renato Zero: “La vita è un dono”. Non ci sono economicismo ed utilitaristico che tengano, di fronte al dono della vita.
Un verso, poi, di una canzone di Biagio Antonacci (“Ti dedico tutto”) ci dice anche come reagire di fronte a questo momento storico: “Il mestiere si impara, il coraggio ti viene, il dolore guarisce, la tempesta ha una fine, ma diverso è sapere la cosa più giusta, siamo naufraghi vivi in un mare d’amore”.
Credo sia sempre utile, infine, quanto ricordato tempo fa da Maurizio Crozza: nel presepe c’è una coppia di immigrati, senza documenti, senza casa, quindi clandestini, con Maria che aspetta il figlio di un altro, che vanno ad occupare una capanna abusivamente...
Sappiamo che la convivenza richiede regole, reciprocità, rispetto, tolleranza, libertà responsabile, solidarietà, ecc.. Ma, forse, dovremmo tutti imparare, oltre tutto e tutti, che “la cosa suprema, che si può conquistare nella vita, è non voler possedere nulla. Neppure in amore” (Ernst Wiechert). Il vero senso universale del Natale.

Giovanni Zen, dirigente scolastico

lunedì 16 novembre 2015

NON NEL MIO NOME – Oriana D’Anna


Caro direttore,
come insegnante di una scuola primaria di Milano, formata da 22 alunni di cui solo cinque di nazionalità italiana, e di cui 12 di religione musulmana, mi interrogo su quello che vedrò riflesso sui volti dei bambini dopo i fatti di Parigi.
Gli episodi di terrorismo ci interrogano sia come cittadini sia come uomini e donne di buona volontà, ma soprattutto come membri di una società multietnica. Chiedo pertanto e mi auguro che si alzino tutti i musulmani che risiedono in Occidente al grido «non nel mio nome». Vorrei che la loro voce si alzasse così da sentirla chiaramente e nitidamente.
Spero che in Italia si alzino tutti i genitori musulmani degli alunni che dividono i banchi con i nostri figli, si alzino i papà e le mamme per dire ai loro bimbi cos'è davvero l'Islam così da spiegarlo anche a noi, affinché possano aiutarci a capire e a sentire la condanna di ciò che è male per perseguire, insieme a chi non è musulmano, ciò che è bene. Mi auguro un confronto alla luce della verità. Auspico che i popoli musulmani possano interrogarsi sulla loro identità, chiarirsela e chiarirla a noi che li accogliamo nelle scuole, nelle case. Mi auguro, entrando in classe, di poter scorgere nei volti dei miei alunni musulmani un riflesso, una traccia del fatto che nelle loro famiglie si condivida il desiderio di pace e si lavori perché ciò che abbiamo visto non accada più nel loro nome.
Mi chiedo allora se non sia opportuno cambiare qualcosa nella scuola e nelle politiche di accoglienza. Perché non introdurre l'insegnamento della lingua araba nelle scuole europee? Non certo per diventare arabi ma per aumentare gli strumenti di dialogo. Mi chiedo perché non la smettiamo di pensare di abbattere le differenze annullandole, ma accogliendole. Oggi nelle scuole si evita di parlare di alcuni soggetti d'arte perché troppo cristiani, si evita di parlare di alcune feste religiose per non urtare chi non è di fede cristiana, si festeggia Halloween ma non si specifica che la festa è quella di Ognissanti. Una ricorrenza che costringerebbe a parlare della morte, di affrontarla e inquadrarla nella cornice della verità. Ebbene la morte entra però nelle nostre case con gli attentati, le guerre e gli attacchi terroristici. Molti militanti dell'Isis sono giovani che hanno studiato in Europa. E' giusto chiedersi cosa non ha funzionato nel processo scolastico, nel processo di socializzazione e di accoglienza.
Non è negando le differenze culturali e religiose che si affronta il problema della convivenza, ma crescendo nella competenza. Conoscere le nostre tradizioni e accoglierne di nuove senza negare la nostra identità e quella altra da noi. Per questo si auspica che i musulmani residenti nel nostro territorio si alzino a far conoscere la loro cultura nel dialogo.
Oriana D'Anna, insegnante su La Stampa, 16 novembre 2015.


lunedì 24 agosto 2015

ARMONIA E SERENITA’ – José Saramago


Sarebbe come credere che ciò che chiamiamo felicità sia uno stato di gioia permanente, cosa che non esiste e non è mai esistita: se la gioia non è permanente ci saranno sicuramente momenti di tristezza per qualcosa che si è perduto, per qualcosa che manca, per un’assenza: tutto questo può portare ad un sentimento di tristezza.
Mi lascia indifferente il concetto di felicità, ritengo più importanti la serenità e l’armonia. Il concetto di felicità presuppone che uno sia contentissimo, che se ne vada in giro ridendo, abbracciando tutti, dicendo sono felice, che meraviglia. E’ chiaro che anche un mal di denti gli toglierà la gioia e quindi la felicità. Penso che la serenità sia una cosa diversa. La serenità ha molto dell’accettazione, ma include anche un certo autoriconoscimento dei propri limiti.
Vivere in armonia non significa non avere conflitti, ma poter convivere con gli stessi serenamente. Non voglio elevarmi ad esempio, ma io ora vivo in armonia con l’ambiente.

José Saramago, da un’intervista del 2011

martedì 20 gennaio 2015

COME SI FONDA UNA CIVILTA’ DELLA PACE? – Pierre Durrande


Una civiltà della pace si fonda su una duplice armonia: tra l’uomo e la terra, e tra l’uomo e se stesso, nell’unità tra maschile e femminile. Entrambi i tipi di armonia sono profondamente minacciati. I greci designavano quest’armonia a partire dalla radice ar’, che esprime l’accordo. Bellezza, virtù, piacere, buon funzionamento, armonia sono modi di declinare la giustizia, qui intesa nel senso di autenticità.

Pierre Durrande, L’arte di educare alla vita, p. 52 

giovedì 21 agosto 2014

ARMONIE - Paulo Coelho

Ogniqualvolta cerchiamo di essere migliori di quello che siamo, anche tutto quanto ci circonda diventa migliore.
Paulo Coelho, L’alchimista, 1988, ed. it. Bompiani, Milano 1995, P. 165.


martedì 20 maggio 2014

AI BISOGNOSI DI ARMONIA - Barbara Berckhan


Per una persona bisognosa di armonia, è importante imparare a sopportare l’atmosfera pesante senza appianare subito tutto. Imparare a dire no, senza per questo doversi scusare.
Barbara Berckhan, Piccolo manuale per imparare a fare e a ricevere critiche, Feltrinelli, Milano 2014, p. 20

lunedì 19 maggio 2014

AMO LA SCUOLA … CHE INSEGNA LE TRE LINGUE – Papa Francesco


E finalmente vorrei dire che nella scuola non solo impariamo conoscenze, contenuti, ma impariamo anche abitudini e valori. Si educa per conoscere tante cose, cioè tanti contenuti importanti, per avere certe abitudini e anche per assumere i valori. E questo è molto importante. Auguro a tutti voi, genitori, insegnanti, persone che lavorano nella scuola, studenti, una bella strada nella scuola, una strada che faccia crescere le tre lingue che una persona matura deve sapere parlare: la lingua della mente, la lingua del cuore e la lingua delle mani. Ma, armoniosamente, cioè pensare quello che tu senti e quello che tu fai; sentire bene quello che tu pensi e quello che tu fai; e fare bene quello che tu pensi e quello che tu senti. Le tre lingue, armoniose e insieme!
E per favore... per favore, non lasciamoci rubare l'amore per la scuola!
Grazie!
Papa Francesco, Giornata della scuola, Roma, 10 maggio 2014


giovedì 12 gennaio 2012

27. LE ROTAIE DELLA CESIRA – Francesco Callegari


Tanti anni fa, in paese lontano c’era un villaggio i cui abitanti si muovevano solo a piedi o, al massimo, a cavallo. I loro spostamenti erano limitati entro poche miglia e nessuno si era mai allontanato troppo da casa.
Un giorno, un giovanotto più intraprendente degli altri decise di mettersi in viaggio per visitare luoghi lontani e sconosciuti. Al suo ritorno, per sere e sere, l’esploratore incantò gli amici con storie straordinarie e descrizioni di cose incredibili. Ma ciò che più impressionò i suoi compaesani fu la notizia di un mezzo che consentiva di muoversi in tanti, velocemente e senza fare nessuna fatica: il treno.
Tutti gli abitanti, presi da entusiasmo, cominciarono a desiderare questo nuovo e meraviglioso mezzo di trasporto. Tanto fecero e tanto brigarono, che il sindaco si vide costretto a produrre formale richiesta di un treno alla Compagnia Ferroviaria.
E così un bel giorno, sopra un grande carro trainato da una marea di cavalli, arrivò nella piazza del paese una nera e lucida locomotiva. Venne scaricata tra le urla festanti dei paesani e, addobbata di ghirlande multicolori, per un giorno intero le si fece festa.
Ma, come una rondine non fa primavera, così una locomotiva non fa un treno.
Ed ecco, nei giorni seguenti, una dopo l’altra, sempre sopra il grande carro, arrivarono una, due, cinque, dieci carrozze! Ormai la piazza era completamente invasa.
Gli abitanti erano sì contenti, ma, sotto sotto, capivano che c’era qualcosa che non andava. I più furbi cominciarono a chiedersi sottovoce dove stava la fregatura.
La spiegazione venne, come al solito, dall’intrepido viaggiatore: per poter viaggiare in tanti, velocemente e senza fatica, il treno da solo non basta, servivano anche le rotaie su cui far correre il treno.
Ah, ecco. Adesso sì che avevano capito! Tutto si sarebbe risolto in un attimo: bastava posare i binari.
Ma, il padrone della segheria voleva far correre il treno verso le montagne; i bambini e i vecchi del paese lo volevano verso il mare; i giovanotti insistevano affinché la linea raggiungesse la balera (e si strizzavano l’occhio pensando alle belle ragazze). E tutti a urlare per far valere le proprie ragioni. Insomma, una confusione che neanche al mercato si vedeva!
Dopo giorni e giorni di questa tiritera, col rischio che il treno gli diventasse vecchio in casa, le mamme, che avevano meno interessi e più di sale in zucca, si riunirono attorno al tavolo della Cesira e tutte insieme cercarono di capire quale fosse la direzione giusta per una linea che potesse andare bene per la maggior parte, se non proprio per tutti.
Trovarono una soluzione semplice quanto geniale. La loro proposta fu accolta e portata subito al sindaco.
Grazie a loro, in quel paese, ora tutti possono andare in treno fino alla città più vicina e da lì possono raggiungere le montagne, il mare e, volendo, … anche la balera.


12 gennaio 2012
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...