Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

NEWS

Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber
Visualizzazione post con etichetta VISION. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta VISION. Mostra tutti i post

martedì 14 ottobre 2014

PUOI ESSERE – Massimo Gramellini


Puoi essere la storia di un vile o di un eroe, di uno che trema in fondo alla spelonca delle sue paure o che crede nell’amore capace di spostare le montagne. Scegli tu il destino che preferisci. Ma smetti di cercarlo fuori di te.
Ricorda con quanta ironia Gesù si rivolse a Tommaso: “Se qualcuno vi dice che il Regno è nei Cieli, gli uccelli saranno certamente in vantaggio su di voi…” E al giovane monaco che desiderava visitare la città magica di Shambhala, ma si era perso lungo la strada, l’eremita rispose: “Non dovrai andare troppo lontano. Shambhala si trova nel tuo cuore.
Tu ancora non puoi sapere dove approderai. Ma chi incomincia a cercare ciò che ama finirà sempre per amare ciò che trova. ti metti in cammino verso Est e magari raggiungi l’Ovest. Non è importante, adesso. L’importante è mettersi in cammino. Altrimenti non arriverai da nessuna parte. E passerai il resto della tua vita a disprezzarti per ciò che avresti potuto essere e non sei stato. La meta iniziale del viaggio rappresenta solo lo stimolo per partire.
Massimo Gramellini, L’ultima riga delle favole, Longanesi, Milano, 2010, p. 52.


lunedì 27 gennaio 2014

16. LE MATERIE DELL’ALTRO MONDO – Anna Chiara Fontana


San Cristobal de las Casas - Chiapas
C’è spazio anche per lo yoga, la lettura, la musica, l’inglese, l’informatica e la falegnameria. Ogni venerdì si fa sport o un’uscita in un museo a scelta dei bambini. Quello che conta è dare strumenti, non tanto i contenuti che ognuno poi saprà trovare da solo avendo imparato il metodo.

Mi ha colpito molto la risposta di Joni a una signora che gli chiedeva se vedeva differenza tra lui e i suoi amici che frequentano altre scuole. Lui, che ha fatto l’asilo e le elementari in questa scuola e che è al suo ultimo anno, le ha detto che i suoi amici di altre scuole gli sembrano dei robot, ossia poco consapevoli e esecutori di ordini imposti dall’alto. 
Forte no? Joni, seppure non abbia molta voglia di parlare, è sempre contento di ciò che fa e gli piace anche fare corsi di rinforzo pomeridiani. 

mercoledì 18 dicembre 2013

LE RELAZIONI CHE SALVANO LA SCUOLA – Alessandro D’Avenia


Il mio articolo su docenti, in-docenti, in-decenti ha suscitato un acceso dibattito, che voglio proseguire, cercando di sollevare non inutili «sensi di colpa» ma fecondi «amorosi sensi».
Spesso i docenti perdono l'amore originario per il loro mestiere a causa delle condizioni del sistema. Burocrazia. Famiglie assenti o aggressive. Ragazzi più o meno sdraiati. Stipendio. Questi sono i demoni che infestano la nostra professione e sembrano trasformare un docente in un in-docente (neologismo, ci tengo a ribadirlo, da prendere alla lettera: colui che non riesce più a trasmettere). L'in-docente, pur rimanendo competente nella materia, perde gradualmente le sue «abilità relazionali». Capita a tutti (anche solo a tratti) in questo mestiere, ma siamo sicuri che le cause ultime siano quelle segnalate? O quelle segnalate sono solo conseguenze di cui si traveste la vera causa?

mercoledì 11 dicembre 2013

MA LA SCUOLA ITALIANA E' DAVVERO MIGLIORATA? - Benedetto Vertecchi


Non sono convinto che i dati della Rilevazione PISA 2012, appena diffusi dall’OCSE, siano da considerare un segnale di miglioramento circa la qualità dei risultati che si conseguono nel nostro sistema educativo. E ciò per varie ragioni, sia di carattere generale, in quanto riferibili ai traguardi d’insieme che la scuola persegue (o, almeno dichiara di voler perseguire) nei Paesi democratici, sia per una considerazione non semplicemente da bar dello sport delle posizioni occupate nelle graduatorie internazionali dai singoli Paesi.
Chi non si sia accontentato delle notizie d’agenzia, e abbia cercato di capire qualcosa di più consultando il rapporto ufficiale pubblicato dall’OCSE (Pisa 2012 Results: What Students Know and Can Do. Il testo è disponibile nel sito www.oecd.org), si è trovato, in apertura di libro, di fronte ad alcune affermazioni che non possono essere date per scontate. Nella premessa del segretario generale dell’Organizzazione, Angel Gurría, si legge, infatti, che i risultati educativi non devono essere valutati con riferimento a criteri definiti a livello nazionale, ma in una logica di economia globale, per la quale ciò che conta è ottenere prestazioni più elevate nel tempo più breve.
 I dati Pisa dovrebbero,quindi,essere tenuti in considerazione dai governi e dagli educatori per definire politiche capaci di conseguire il traguardo indicato. In altre parole, si dà per scontato che l’educazione sia da considerarsi subalterna all’economia e che l’analisi dei fenomeni educativi debba essere effettuata avendo come riferimento le ricadute che dall’attività delle scuole si possono avere nei tempi brevi. Può anche darsi che argomentando da un punto di vista strettamente economico le cose stiano nel modo indicato nel rapporto dell’OCSE, ma non si può dare per scontato che tale punto di vista sia da considerare necessario per definire i traguardi dell’educazione. Se i traguardi perseguiti comprendono aspetti che riguardano lo sviluppo di un pensiero autonomo, di capacità interpretative, di conoscenze non necessariamente collegabili ai processi produttivi (tali sono le lettere e le arti, ma anche le interazioni con la natura non rivolte a trarne un subitaneo quanto precario vantaggio), la pedagogia implicita nelle affermazioni del segretario dell’OCSE non può che suscitare allarme.

mercoledì 24 luglio 2013

STELLA - Antonello Venditti


Stella che cammini, nello spazio senza fine
fermati un istante solo un attimo,
ascolta i nostri cuori caduti in questo mondo
siamo in tanti ad aspettare
donaci la pace ai nostri simili
pane fresco da mangiare
proteggi i nostri sogni veri dalla vita quotidiana
e salvali dell'odio e dal dolore
noi che siamo sempre soli nel buio della notte
occhi azzurri per vedere.
Questo amore grande, grande, grande
questo cielo si rischiara in un istante
non andare via, non ci abbandonare
stella, stella mia resta sempre nel mio cuore.
Proteggi i nostri figli puri nella vita quotidiana
e salvali dall'odio e dal potere
come il primo giorno come nella fantasia
occhi azzurri per vedere.
Grande, grande, grande
questo cielo si rischiara in un istante
non andare via, lasciati cadere,
stella, stella mia resta sempre nel mio cuore.


Antonello Venditti, Stella (1984)

sabato 13 luglio 2013

NON CHIEDERE LA STRADA - Rabbi Nachman di Breslav (1772-1810)


Non chiedere mai la strada a qualcuno che la conosce,
non ti sarebbe più possibile perderti.

Rabbi Nachman di Breslav (1772-1810)

domenica 7 aprile 2013

DIVENTIAMO NOI STESSI IL CAMBIAMENTO - Patrizia M.



Sento ancora vivo l'eco del tuo messaggio pasquale: un bellissimo augurio!
Le profezie e i pronostici ci hanno distratto e la nostra attenzione è stata rivolta sempre con tanta apprensione alle calamità naturali: alla troppa abbondanza di pioggia, alle frequenti frane e alluvioni, alle inaspettate scosse di terremoto.
Se siamo sensibili ai fenomeni della Natura, non di certo trascuriamo quegli eventi sociali, economici, politici che determinano e scrivono la "nostra storia", la storia dell'Umanità.
E'stato singolare il gesto di Papa Benedetto XVI, cioè dimostrare a tutti che non si può essere legati al fascino del potere. Lui umilmente ha rinunciato alla sua carica e ha lasciato che un altro suo fratello, con maggiori forze fisiche, fosse il Pastore in cammino con la Chiesa del mondo. Entrambe sono due persone straordinarie che hanno percepito il malessere della gente generato dalla grande crisi economica che sta sconvolgendo diverse nazioni.
Al momento, non si fanno avanti veri capi politici capaci di gestire la grave situazione del Paese. Sono troppo impegnati a litigare, a pensare solo alle campagne elettorali, alle nuove elezioni, ma non sanno scegliere fra di loro il vero uomo politico (ammesso che ci sia) che sappia governare senza seconde finalità o intrighi di potere.
Ora mi chiedo, però, interpretando le parole di Gandhi, come possiamo diventare noi stessi il cambiamento che desideriamo vedere.
Forse ci vuole un altro segno forte dal Cielo.
Patrizia M.

lunedì 25 marzo 2013

SERVONO PENSIERI GRANDI - Mila Spicola



Io voglio salvaguardarlo il futuro, voglio salvaguardare la mia vita, voglio ricondurla dentro un progetto più grande che è il valore del mio lavoro, voglio uscire con i miei ragazzi dalle pareti delle classi, e non solo fisicamente, e riprendere lo spazio che a loro spetta; ripulirlo, ricostruirlo, dare senso e prospettiva ai nostri sforzi: il loro di crescere e studiare, il mio di educarli, di condurli. Non basta la mia buona volontà, serve lo spazio che ci hanno tolto. Reale e ideale. Servono pensieri grandi, infiniti. Serve una visione del mondo che nessuno si dà la briga di custodire o predisporre, invece è qua a portata di mano.
Mila Spicola, La scuola s’è rotta, p. 148

lunedì 15 ottobre 2012

IMPARARE IN KIRGHISIA - Silvano Agosti



“Ma se giocano tutto il giorno quando studiano?” obbietto al mio accompagnatore.
Mi sorride. “Loro non studiano, imparano.”
“Cioè?”
Per tutta risposta fa cenno a un ragazzino di fermarsi. “A cosa serve la milza?” Chiede. “A produrre le piastrine che puliscono il sangue”.
“E il fegato?” Con voce leggermente affannata ma ferma, guardandomi negli occhi, il ragazzino prosegue. “È una centralina energetica, un serbatoio di glicogeno detto anche glucosio, inoltre produce la bile che serve per la digestione, e un sacco di altre cose…” Poi, sorridendo, torna a giocare.
“Qui da noi in Kirghisia, i bambini crescono con la consapevolezza che il corpo umano, anche solo come macchina biologica, è un capolavoro della natura. Lo conoscono e ne ammirano la perfezione.
Scoprendo che il corpo umano è un capolavoro, la persona si relaziona a se stessa con lo stesso rispetto e cautela che si ha per un opera d’arte e di conseguenza tratterà anche i suoi simili, chiunque essi siano, come dei capolavori”.
“Posso fermarne uno io di questi “giocatori”?”. Chiedo avvicinandomi a una ragazzina che si sta sistemando una scarpa. Do you speak english?” (Parli inglese?) Le chiedo.
I speak five languages” (Parlo cinque lingue ) dice graziosamente e sfugge a un gruppo di altre bambine che evidentemente la stanno inseguendo.
“Ma come è possibile?” Chiedo al mio amico Kirghiso.
“Ha frequentato la Casa delle lingue, dove proiettano in dieci diverse lingue i film che piacciono ai ragazzi di ogni età.”
Mi accompagna ai margini del parco, spiegandomi che il meccanismo dell’imparare è permanente e più rapido di quello collegato allo studio, che, essendo quasi sempre obbligatorio, non penetra a fondo nella memoria conoscitiva e svanisce rapidamente con il trascorrere del tempo.
Lo studio impone l’apprendimento e quindi non nasce da un interesse o da un desiderio, ma da un obbligo.
Le nozioni che si apprendono con lo studio sono simili a fiori recisi che vengono immessi nel vaso della memoria e, pur rinnovandosi, le parole prima o poi appassiscono.
Ciò che si impara invece, nasce dal desiderio di sapere ed è simile a un seme messo nella terra che poco a poco cresce, fruttifica, vive e si rinnova.

Silvano Agosti, Lettere dalla Kirghisia, dalla Seconda lettera

mercoledì 10 ottobre 2012

ARRIVO IN KIRGHISIA - Silvano Agosti



Cari amici,
non sono venuto in Kirghisia per mia volontà o per trascorrere le ferie, ma per caso.
Improvvisamente ho assistito al miracolo di una società nascente, a misura d’uomo, dove ognuno sembra poter gestire il proprio destino e la serenità permanente non è utopia, ma un bene reale e comune.
Qui sembra essere accaduto tutto ciò che negli altri Paesi del mondo, da secoli, non riesce ad accadere.
Arrivando in Kirghisia ho avuto la sensazione di “tornare” in un luogo nel quale in realtà non ero mai stato. Forse perché da sempre sognavo che esistesse.
Il mio strano “ritorno” in questo meraviglioso Paese, è accaduto dunque casualmente.
Per ragioni tecniche, l’aereo sul quale viaggiavo ha dovuto fare scalo due giorni nella capitale.
Qui in Kirghisia, in ogni settore pubblico e privato non si lavora più di tre ore al giorno, a pieno stipendio, con la riserva di un’eventuale ora di straordinario. Le rimanenti 20 o 21 ore della giornata vengono dedicate al sonno, al cibo, alla creatività, all’amore, alla vita, a se stessi, ai propri figli e ai propri simili.
La produttività si è così triplicata, dato che una persona felice sembra essere in grado di produrre, in un giorno, più di quanto un essere sottomesso e frustrato riesce a produrre in una settimana.
In questo contesto, il concetto di “ferie” appare goffo e perfino insensato, qui dove tutto sembra organizzato per festeggiare ogni giorno la vita.
L’attuale concetto occidentale di ferie, invece, risulta feroce, quanto la concezione stessa del lavoro, non soltanto perché interferisce in modo profondo con il senso della libertà, ma perché ne trasforma e deforma il significato. Nel periodo di ferie, milioni di persone sono obbligate a divertirsi, così come nel resto dell’anno sono obbligate a lavorare senza tregua, a sognare di trovare un lavoro o a guarire dai guasti e dalle malattie, causate da un’attività lavorativa coatta e quotidiana.
Questo meccanismo delle otto ore di lavoro ogni giorno, produce da sempre tensioni sociali, nevrosi, depressioni, malattie e soprattutto la sensazione precisa di perdere per sempre l’occasione della vita.
La proposta risanatrice di questi invisibili orrori, si è risolta nello Stato della Kirghisia, dove sono state realizzate una serie di riforme che in pochi anni hanno modificato le abitudini e i comportamenti dei suoi cittadini.
Silvano Agosti, Lettere dalla Kirghisia, dalla Prima lettera

martedì 9 ottobre 2012

L'ISOLA NON TROVATA - Francesco Guccini



Ma bella più di tutte l' isola non trovata, quella che il Re di Spagna s' ebbe da suo cugino, il Re di Portogallo, con firma suggellata e "bulla" del pontefice in Gotico-Latino...

Il Re di Spagna fece vela cercando l'isola incantata,
però quell' isola non c'era e mai nessuno l'ha trovata:
svanì di prua dalla galea come un' idea,
come una splendida utopia, è andata via e non tornerà mai più...

Le antiche carte dei corsari portano un segno misterioso
e ne parlan piano i marinai con un timor superstizioso:
nessuno sa se c'è davvero od è un pensiero,
se, a volte, il vento ne ha il profumo è come il fumo che non prendi mai!

Appare a volte avvolta di foschia magica, e bella, ma se il pilota avanza su mari misteriosi è già volata via tingendosi d'azzurro color di lontananza.

Francesco Guccini, L’isola non trovata, 1970

lunedì 8 ottobre 2012

LA PIU' BELLA - Guido Gozzano



Ma bella più di tutte l'Isola Non-Trovata:
quella che il Re di Spagna s'ebbe da suo cugino
il Re del Portogallo con firma suggellata
e bulla del Pontefice in gotico latino.

L'infante fece vela pel regno favoloso,
vide le Fortunate: Iunonia, Gorgo, Hera
e il Mare di Sargasso e il Mare Tenebroso,
quell'isola cercando... Ma l'isola non c'era.

Invano le galee panciute a vele tonde,
le caravelle invano armarono la prora;
con pace del Pontefice l'isola si nasconde,
e Portogallo e Spagna le cercano tuttora.

L'Isola esiste. Appare talora di lontano
tra Teneriffe e Palma, soffusa di mistero:
"L'Isola Non-Trovata!" Il buon Canariano
dal Picco alto di Teyde l'addita al forestiero.

La segnano le carte antiche dei corsari.
…Hifola da - trovarfi? ... Hifola pellegrina? ...
È l'isola fatata che scivola sui mari;
talora i naviganti la vedono vicina...

Radono con le prore quella beata riva:
tra fiori mai veduti svettano palme somme,
odora la divina foresta spessa e viva,
lacrima il cardamomo, trasudano le gomme...

S'annuncia col profumo, come una cortigiana,
l'Isola Non-Trovata... Ma, se il piloto avanza,
rapida si dilegua come parvenza vana,
si tinge dell'azzurro color di lontananza...

Guido Gozzano, 1913

lunedì 13 agosto 2012

TRE TAZZE DI TE' - Greg Mortenson



Greg Mortenson, americano appassionato di alpinismo, decide di scalare il K2 per onorare la memoria della sorella Christa, disabile, morta a soli 24 anni. Per ricordarla, Mortenson vuole tentare l’impresa di lasciare un suo braccialetto sulla cima della montagna.
Invece, si smarrisce su un ghiacciaio del Pakistan ed è costretto a tornare indietro. Viene accolto nello sperduto villaggio di Korphe, dove rimane per sette settimane, affidandosi alle cure degli abitanti.
Di nuovo in forze, lo scalatore riparte, ma promette di tornare: per sdebitarsi costruirà una scuola nel villaggio. Una promessa che lo obbligherà a mettere in gioco la sua intera vita, il lavoro, gli amici, persino la casa. Tra mille difficoltà, Mortenson è però riuscito a realizzare il suo progetto e a costruire cinquantacinque scuole, tra Pakistan e Afghanistan.
La storia vera, emozionante e avventurosa di un sogno che dimostra al mondo come la guerra alla violenza vada combattuta con il coraggio e l'impegno personale. 

CENTRAL ASIA INSTITUTE

giovedì 2 agosto 2012

IL CORAGGIO DI PENSARE COSE NUOVE - Sigmund Freud



"Non si può fare a meno di persone che abbiano il coraggio di pensare cose nuove prima di essere in grado di dimostrarle".

Sigmund Freud, 8 dicembre 1895

martedì 12 giugno 2012

IL RE D'INGHILTERRA - Fernando Pessoa



Posso immaginare tutto perché non sono niente. Se fossi qualcosa non potrei immaginare. L’aiutante contabile può sognare di essere un imperatore romano; il Re d’Inghilterra non lo può fare, perché il Re d’Inghilterra nei suoi sogni non può essere altro se non il re che già è.
Fernando Pessoa, Il libro dell’inquietudine, p.  44

mercoledì 14 marzo 2012

IL CARDINALE DI PALERMO - Giuseppe Tomasi di Lampedusa

Monopoli (2011)


Il Cardinale di Palermo era davvero un sant'uomo; e adesso che da molto tempo non c'è più rimangono vivi i ricordi della sua carità e della sua fede. Mentre viveva, però, le cose stavano diversamente: non era siciliano, non era neppure meridionale o romano e quindi l'attività sua di settentrionale si era molti anni prima sforzata a far lievitare la pasta inerte e pesante della spiritualità siciliana in generale e del clero in particolare.
Coadiuvato da due o tre segretari del proprio paese si era illuso, nei primi anni, che fosse possibile rimuovere abusi, poter sgombrare il terreno dalle più flagranti pietre d'inciampo. Presto si era dovuto accorgere che era come sparar fucilate nella bambagia: il piccolo foro prodotto sul momento veniva colmato dopo brevi istanti da migliaia di fibrille complici e tutto restava come prima, con in più il costo della polvere, il deterioramento del materiale e il ridicolo dello sforzo inutile.
Come per tutti coloro che, in quei tempi, volevano riformare checchessia nel carattere siciliano, si era presto formata su di lui la reputazione che fosse un fesso (il che nelle circostanze ambientali era esatto) e doveva accontentarsi di compiere passive opere di misericordia che del resto non facevano se non diminuire ancora la sua popolarità se esse esigevano dai beneficati la benché minima fatica come, per esempio, quella di recarsi al Palazzo Arcivescovile per ricevere gli aiuti.

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, p. 264-265

venerdì 9 dicembre 2011

LE ROTAIE DELLA CESIRA - Francesco Callegari


Tanti anni fa, in paese lontano c’era un villaggio i cui abitanti si muovevano solo a piedi o, al massimo, a cavallo. I loro spostamenti erano limitati entro poche miglia e nessuno si era mai allontanato troppo da casa.
Un giorno, un giovanotto più intraprendente degli altri decise di mettersi in viaggio per visitare luoghi lontani e sconosciuti. Al suo ritorno, per sere e sere, l’esploratore incantò gli amici con storie straordinarie e descrizioni di cose incredibili. Ma ciò che più impressionò i suoi compaesani fu la notizia di un mezzo che consentiva di muoversi in tanti, velocemente e senza fare nessuna fatica: il treno.
Tutti gli abitanti, presi da entusiasmo, cominciarono a desiderare questo nuovo e meraviglioso mezzo di trasporto. Tanto fecero e tanto brigarono, che il sindaco si vide costretto a produrre formale richiesta di un treno alla Compagnia Ferroviaria.
E così un bel giorno, sopra un grande carro trainato da una marea di cavalli, arrivò nella piazza del paese una nera e lucida locomotiva. Venne scaricata tra le urla festanti dei paesani e, addobbata di ghirlande multicolori, per un giorno intero le si fece festa.
Ma, come una rondine non fa primavera, così una locomotiva non fa un treno.
Ed ecco, nei giorni seguenti, una dopo l’altra, sempre sopra il grande carro, arrivarono una, due, cinque, dieci …, più di cinquanta carrozze! Ormai la piazza era completamente invasa.
Gli abitanti erano sì contenti, ma, sotto sotto, capivano che c’era qualcosa che non andava. I più furbi cominciarono a chiedersi sottovoce dove stava la fregatura.
La spiegazione venne, come al solito, dall’intrepido viaggiatore: per poter viaggiare in tanti, velocemente e senza fatica, il treno da solo non basta, serviva anche la ferrovia, i binari sui quali poter far correre il treno.
Ah, ecco. Adesso sì che avevano capito! Tutto si sarebbe risolto in un attimo: bastava posare i binari.
Ma, il padrone della segheria voleva i binari verso le montagne; i bambini e i vecchi del paese li volevano verso il mare; i giovanotti insistevano affinché la linea raggiungesse la balera (e si strizzavano l’occhio pensando alle belle ragazze). E tutti a urlare per far valere le proprie ragioni. Insomma, una confusione che neanche al mercato si vedeva!
Dopo giorni e giorni di questa tiritera, col rischio che il treno ci diventasse vecchio in casa, le mamme, che avevano meno interessi e più di sale in zucca, si riunirono attorno al tavolo della Cesira e tutte insieme cercarono di capire quale fosse la direzione giusta per una linea che potesse andare bene per la maggior parte, se non proprio per tutti.
Trovarono una soluzione semplice quanto geniale. La loro proposta fu accolta e portata al sindaco.
Grazie a loro, in quel paese, ora tutti possono andare in treno fino alla città più vicina e da lì possono raggiungere le montagne, il mare e, volendo, anche la balera.
Francesco Callegari  

martedì 6 dicembre 2011

LO SGUARDO RETROSPETTIVO – Arthur Schopenhauer

Come un operaio che coopera alla costruzione di un edificio non conosce il progetto nell’insieme o comunque non ce l’ha sempre presente, così si comporta l’uomo che fila uno per uno i giorni e le ore della sua vita nei confronti dell’insieme di quella stessa vita e del suo carattere.
Quanto più degno, ispirato a valori, coerente e personale è questo carattere, tanto più è necessario e utile che egli guardi di tanto in tanto la pianta generale, il progetto. Naturalmente è anche necessario che sia stato introdotto al principio del “conosci te stesso”, e dunque sappia ciò che veramente e prima di tutto vuole, ossia la condizione primaria della sua felicità, e quindi quello che viene al secondo e al terzo posto; come pure che riconosca quale sia in linea di principio la sua vocazione, il suo ruolo nel mondo e il suo rapporto con se stesso. Se tutto questo corrisponde a qualcosa di significativo e di rilevante, allora la vista dello schema della sua vita lo rafforzerà e lo rinfrescherà più di ogni altra cosa, gli darà entusiasmo e incoraggiamento ad agire e lo tratterrà dal prendere strade sbagliate.
Come il viandante, solo quando è arrivato su un’altura domina con lo sguardo la via percorsa, riconoscendone tutte le curve e le svolte, così noi solo alla fine di un periodo della nostra vita, o addirittura al suo termine, identifichiamo il vero nesso delle nostre azioni, delle nostre prestazioni e delle nostre opere, la loro esatta consequenzialità e concatenazione, persino il loro stesso valore. Perché fin tanto che vi siamo implicati, noi agiamo sempre secondo le qualità del nostro carattere, sotto l’influsso di varie motivazioni e secondo le nostre facoltà. Siamo dunque sempre condizionati dalla necessità, perché in ogni momento facciamo semplicemente ciò che ci sembra giusto e opportuno. Solo l’esito finale rivela che cosa abbiamo raggiunto, e lo sguardo retrospettivo all’intero schema ci mostra il come e il perché. Per questo, mentre compiamo le imprese più grandiose e creiamo opere immortali, non ne siamo consapevoli, ma sappiamo solo di fare qualcosa che corrisponde ai nostri scopi attuali, alle nostre intenzioni del momento, qualcosa dunque che – in quel momento – è giusto. Ma solo guardando l’insieme, nella sua completa articolazione, scopriremo in seguito il nostro carattere e le nostre capacità. Nel caso singolo, vediamo spesso che abbiamo preso l’unica via giusta, tra mille sbagliate, come per ispirazione, guidati dal nostro genio tutelare. Tutto questo vale nel campo teorico come in quello pratico, e, inversamente, per i cattivi risultati e per gli insuccessi.
Arthur Schopenhauer, Consigli sulla felicità
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...