Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli
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domenica 28 settembre 2014
lunedì 10 febbraio 2014
MAGAZZINO 18 - Simone Cristicchi
Al Porto Vecchio di
Trieste c’è un “luogo della memoria” particolarmente toccante. Racconta di una
pagina dolorosissima della storia d’Italia, di una vicenda complessa e mai
abbastanza conosciuta del nostro Novecento. Ed è ancor più straziante perché affida
questa “memoria” non a un imponente monumento o a una documentazione
impressionante, ma a tante piccole, umili testimonianze che appartengono alla
quotidianità.
Una sedia,
accatastata assieme a molte altre, porta un nome, una sigla, un numero e la scritta
“Servizio Esodo”. Simile la catalogazione per un armadio, e poi materassi,
letti, stoviglie, fotografie, poveri giocattoli, altri oggetti, altri numeri,
altri nomi… Oggetti comuni che accompagnano lo scorrere di tante vite: uno
scorrere improvvisamente interrotto dalla Storia, dall’esodo.
Con il trattato di
pace del 1947 l’Italia perdette vasti territori dell’Istria e della fascia
costiera, e quasi 350 mila persone scelsero – davanti a una situazione
intricata e irta di lacerazioni – di lasciare le loro terre natali destinate ad
essere jugoslave e proseguire la loro esistenza in Italia. Non è facile
riuscire davvero a immaginare quale fosse il loro stato d’animo, con quale
sofferenza intere famiglie impacchettarono tutte le loro poche cose e si lasciarono
alle spalle le loro città, le case, le radici. Davanti a loro difficoltà,
povertà, insicurezza, e spesso sospetto.
sabato 16 marzo 2013
EUTROPIA - Italo Calvino
Entrato nel territorio che ha Eutropia per
capitale, il viaggiatore vede non
una città ma molte, di eguale grandezza e non dissimili tra loro, sparse per un
vasto e ondulato altopiano. Eutropia è non una ma tutte queste
città insieme; una sola è abitata,
le altre vuote, e questo si fa a turno. Vi dirò ora come. Il giorno
in cui gli abitanti di Eutropia si sentono assalire dalla stanchezza, e nessuno
sopporta più il suo mestiere, i suoi parenti, la sua casa e la sua vita, i
debiti, la gente da salutare o che saluta, allora tutta la cittadinanza decide
di spostarsi nella città vicina che è lì ad aspettarli, vuota e come nuova,
dove ognuno prenderà un altro mestiere, un'altra moglie, vedrà un altro
paesaggio aprendo la finestra, passerà le sere in altri passatempi amicizie
maldicenze. Così la loro vita si rinnova di trasloco in trasloco, tra città che
per l’esposizione o la pendenza o i corsi d’acqua o i venti si presentano
ognuna con qualche differenza dalle altre. Essendo la loro società ordinata
senza grandi differenze di ricchezza o di autorità, i passaggi da una funzione
all’altra avvengono quasi senza scosse; la varietà è assicurata dalle
molteplici incombenze, tali che nello spazio d’una vita raramente uno ritorna a
un mestiere che già era stato il suo.
Così la città ripete la sua vita uguale
spostandosi in su e in giù sulla sua scacchiera vuota. Gli abitanti tornano a
recitare le stesse scene con attori cambiati; ridicono le stesse battute con
accenti variamente combinati; spalancano bocche alternate in uguali sbadigli.
Sola tra tutte le città dell’impero, Eutropia permane identica a se stessa.
Mercurio, dio dei volubili, al quale la città è sacra, fece questo ambiguo
miracolo.
Italo
Calvino,
Le città invisibili, p. 70-71
mercoledì 2 maggio 2012
GUAI A VOI RICCHI - Giovanni Scifoni
Lo spettacolo racconta l'infanzia di un bambino
cresciuto in una famiglia di catto-comunisti nell’Italia degli anni '60 e '70.
Ricorrendo a oggetti quotidiani, a giochi e abiti ormai vintage, la narrazione
va dai cambiamenti del Concilio Vaticano II all'impegno sociale dentro e fuori
la Chiesa.
Con ironia l’attore incarna vari personaggi, da un
giovane catechista del nord Italia, a un ragazzo fiorentino, a un proletario
romano che racconta del padre comunista e di storie di preti che soggiornavano
nella loro casa. E pian piano si fa strada un interrogativo assillante:
perdonare significa permettere che il male resti impunito? Chi perdona è un
vile? Cristo è venuto per liberarmi dal mio peccato. Dal mio. E da quello degli
altri?
Guai
a voi ricchi, Monologo teatrale di Giovanni Scifoni . Vincitore de “I
teatri del sacro” 2011-12.
giovedì 13 ottobre 2011
IL TEATRO A SUMMERHILL - Alexander S. Neill
Summerhill è specializzata in quel ramo dell'arte drammatica che è la recitazione spontanea. Io assegno prove di recitazione come questa: "Indossa un cappotto immaginario, toglilo e appendilo all'attaccapanni"; "Raccogli un mazzo di fiori e trovaci in mezzo una spina"; "Apri un telegramma che ti annuncia che tuo padre è morto"; "Stai facendo un pasto frettoloso al ristorante della stazione e sei sulle spine perché hai paura che il treno parta senza di te".
La recitazione spontanea è il lato creativo del teatro scolastico, ne è l'aspetto vitale. A Summerhill, per la creatività degli allievi è stato più utile il teatro di ogni altra cosa. I ragazzi si rendono conto, anche se non chiaramente, che la tradizione di mettere in scena solo commedie 'fatte in casa' incoraggia la creatività più che l'imitazione e la riproduzione.
Alexander S. Neill, I ragazzi felici di Summerhill, p. 91-96
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