Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber
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venerdì 15 settembre 2017

UN LEGGERISSIMO SPOSTAMENTO – Edward De Bono

@ Carte Dixit
Un leggerissimo spostamento del punto di osservazione può portare a risultati profondamente diversi. Una delle più importanti scoperte della scienza medica di tutti i tempi, quella del vaccino contro il vaiolo, avvenne quando Edward Jenner, che stava cercando le cause di questa malattia, spostò la sua attenzione sull’immunità che le contadine parevano godere a questo riguardo. E fu grazie alla scoperta che il vaccino indebolito immunizza da quello virulento che venne introdotta la vaccinazione e che il mondo occidentale fu libero dal flagello del vaiolo.
Edward De Bono, Il pensiero laterale. Come diventare creativi, BUR, Milano 1997, p. 85


giovedì 14 settembre 2017

IL PENSIERO LATERALE – Edward De Bono


Non è possibile guardare in una direzione nuova, appuntando sempre più gli occhi nella vecchia direzione.

Edward De Bono, Il pensiero laterale. Come diventare creativi, BUR, Milano 1997, p. 26

martedì 12 settembre 2017

PARTENDO DALLA FINE – Milton H. Erickson (1901-1980)

@ Carte Dixit

Una delle cose che insegno ai miei studenti è questa: prendete un libro appena uscito di un autore che sapete che è bravo. Leggete per primo l’ultimo capitolo. Fate congetture sul contenuto del capitolo precedente. Fate congetture in tutte le direzioni possibili. Vi sbaglierete in molte delle vostre congetture. Poi leggete quel capitolo e fate congetture su quello ancora precedente. Si può leggere un buon libro dall’ultimo al primo capitolo, facendo congetture per tutto il percorso. Così infrangete la rigidità del pensiero. E’ estremamente utile.
Milton H. Erickson, La mia voce ti accompagnerà, Astrolabio, Roma 1983, p. 170.


lunedì 11 settembre 2017

COME SUPERARE I LIMITI ABITUALI - Milton H. Erickson (1901-1980)

@ Carte Dixit

Se desiderate divenire creativi o pensare in modo creativo, dovete esercitarvi in quello che è stato chiamato ‘pensiero divergente’, per contrapporlo al ‘pensiero convergente’ che gli adulti tendono sempre più ad adottare via via che il loro comportamento diviene sempre più restrittivo. Nel pensiero convergente, un certo numero di racconti o un certo numero di temi convergono tutti quanti in uno solo. Nel pensiero divergente, una singola idea si estende in molte direzioni diverse, come le ramificazioni di un albero.
Milton H. Erickson, La mia voce ti accompagnerà, Astrolabio, Roma 1983, p. 77.
Milton Hyland Erickson è stato uno psichiatra e psicoterapeuta statunitense. È riconosciuto come uno dei più importanti psicoterapeuti e ipnoterapeuti del Novecento.

domenica 28 giugno 2015

IL SORRISO DELLA DIVINITA’ – Antoine de Saint Exupery


Ma io scolpirò il futuro come lo scultore che ricava la sua opera dal marmo a colpi di scalpello e fa cadere ad una ad una le schegge che nascondevano il volto della divinità. E altri diranno: ”Quel marmo conteneva questa divinità. Egli l’ha trovata. Il suo atto era un mezzo”.
Ma io dico che egli non calcolava, ma plasmava la pietra. Il sorriso del volto non è formato da una mescolanza di sudore, di scintille di colpi di scalpello e di marmo.
Il sorriso non è della pietra, ma del creatore.
Libera l’uomo ed egli crescerà.
Antoine de Saint Exupery, Cittadella, Borla, Roma 1978


sabato 20 giugno 2015

CIO' CHE CONTA E’ IL SEME CHE GETTO ORA- Antoine de Saint Exupery


Il futuro lo si costruisce, non prevedendo ma creando. Dando un volto alle cose disparate che mi circondano avrò creato qualcosa che guiderà gli uomini.
Occorre quindi esprimere il presente, creando un tempio, un corpo, una proprietà che vivrà nel futuro e io non so come. Ma ciò che conta è il seme che getto.
Antoine de Saint Exupery, Cittadella, Borla, Roma 1978


giovedì 4 dicembre 2014

SCUOLA E PERIFERIE – Luca Doninelli


Finora le periferie avevano retto molto meglio da noi che in altri paesi. Se la situazione è precipitata, è necessario ricordare che per tanto tempo le nostre periferie hanno permesso alla maggior parte dei loro abitanti di condurre una vita dignitosa e tranquilla.
La mia prima osservazione è che la crisi ha minacciato la stabilità delle famiglie. I motivi di tensione, ovviamente già presenti, hanno incontrato resistenze sempre più deboli. I fattori di tenuta dell'istituto familiare hanno avuto minor presa sulle persone (pensiamo solo all'importanza delle parrocchie, anche solo 20 anni fa, in molte situazioni a rischio), e tante famiglie si sfasciano quando i figli sono ancora piccoli.
In aree sempre più popolate (non dimentichiamo che al mondo siamo in 7 miliardi, in un assetto urbano pensato quando non eravamo in 2 miliardi) i fattori educativi e temo il valore stesso della persona si sono indeboliti: spesso la scuola, per troppo tempo vituperata, ha costituito e continua a costituire l'avamposto solitario e insufficiente in difesa di una serie di valori umani e civili che non i poveracci, ma gli intellettuali e i giornalisti, gli editorialisti e i maitres-à-penser hanno attaccato e messo in ridicolo per decenni. Ora la scuola non ha quasi più il sostegno delle famiglie, della cui devastazione rimane spesso solo l'isterica difesa dei figli (non come persone, ma come membri del clan) senza più nessun richiamo a quella «comunità educante», fondata sulla collaborazione tra scuola e famiglia, che era il cemento della trasmissione del sapere e dei valori da una generazione all'altra.
Se un giovane non conosce la differenza tra un conducente di autobus e, poniamo, un distributore di bibite, e prende a calci l'uno e l'altro allo stesso modo se non fanno quello che lui vuole, la ragione è ahimè semplice: nessuno gliel'ha mai spiegata. Ed è proprio così. Ho conosciuto tanti ragazzi migliori di me cadere nella deriva della violenza non per cattiveria ma per solitudine e ignoranza. Sono molti i sociologi che sanno cosa piace a un giovane oggi, ma spesso un giovane non sa quello che gli piace, e conduce una vita senza vero piacere, povera di bellezza.
C'è infine un altro tema di cui tener conto: la tendenza ad avere la casa di proprietà ha caratterizzato per decenni il costume degli italiani. Questo, oltre a permettere una base finanziaria, ha determinato i comportamenti sociali anche di moltissimi extracomunitari, i quali hanno fatto proprio, dove possibile, questo costume. Chiunque può comprendere che il possesso della casa porta ad atteggiamenti diversi nei confronti del quartiere dove si vive, e che il sentirsi sul collo il fiato della precarietà, dell'instabilità e dell'abbandono genera nuove tensioni, nuova sofferenza.
lo non credo però che qualche provvedimento avveduto da parte di politici o pubblici amministratori possa cambiare le cose. Abbiamo visto ciò che questa gente sa fare, e ho anzi il sospetto che nessuno di questi abbia la possibilità di fare altrimenti: un amministratore onesto e preoccupato del bene comune è ormai una persona sospetta. Dobbiamo contare molto di più su noi stessi. Il mio, il tuo atteggiamento possono cambiare la vita del pianerottolo, del palazzo, del quartiere. Ciascuno di noi dovrebbe dire: si ricomincia da me. L'io è il solo fattore di cambiamento nella difficoltà di oggi. Spesso basta un prete, una piccola associazione, o qualche privato che si dà da fare. La prima volta ti bucheranno le gomme, la seconda idem, alla terza cominceranno ad ascoltarti.
Di fronte a tanto sfacelo, è in questo che credo.
Luca Doninelli, insegnante e scrittore, Panorama 3 dicembre 2014

sabato 18 ottobre 2014

A RISVEGLIARE IL MONDO - Massimo Gramellini


... non sarebbe stata la logica dei sapienti, ma l'energia degli innamorati: gli unici ancora capaci di coniugare i verbi al futuro.

Massimo Gramellini, L'ultima riga delle favole, p. 47.

domenica 3 agosto 2014

LA MACCHIA GIALLA - Pablo Picasso (1881-1973)


Ci sono pittori che dipingono il sole come una macchia gialla, 
ma ce ne sono altri che, grazie alla loro arte e intelligenza, trasformano una macchia gialla nel sole.

Pablo Picasso

domenica 6 luglio 2014

MANY STEPS - Takayuki Akachi



I traveled around the world to create the film which concept is "collecting the steps from all over the world and playing a music with the steps".
All of us breathe in the same air and step on the same ground.

Takayuki Akachi

giovedì 3 luglio 2014

LA VITA DELLA BALLERINA – Carla Fracci


“La vita della ballerina è rigore e preparazione, concentrazione, allenamento, costanza e determinazione, in questo è simile a quella degli sportivi o dei musicisti. La danza non è solo corpo e mente: è creatività.
Personalmente ritengo che troppo spesso il sacrificio fisico dei ballerini venga sopravvalutato, perché in fondo è la conseguenza di una scelta di vita, né più né meno di tante altre.
In ogni professione si ha il dovere di migliorarsi. Anche con la fatica, il lavoro quotidiano è qualcosa di naturale, solo così ci si può esprimere al meglio, scoprire le proprie potenzialità. Bisogna sempre essere seri, concentrati e nello stesso tempo umili e critici verso se stessi”.
Rita Levi-Montalcini: Aggiungere vita ai giorni, a cura di Raffaella Ranise e Giuseppina Tripodi, Milano, Longanesi, 2013, p. 96-97 passim.


martedì 31 dicembre 2013

IL GIARDINIERE - Ray Bradbury (1920-2012)


Ognuno deve lasciarsi qualche cosa dietro quando muore, diceva sempre mio nonno: un bimbo o un libro o un quadro o una casa o un muro eretto con le proprie mani o un paio di scarpe cucite da noi. O un giardino piantato col nostro sudore.
Qualche cosa insomma che la nostra mano abbia toccato in modo che la nostra anima abbia dove andare quando moriamo, e quando la gente guarderà l’albero o il fiore che abbiamo piantato, noi saremo là.
Non ha importanza quello che si fa, diceva mio nonno, purché si cambi qualche cosa da ciò che era prima in qualcos’altro che porti poi la nostra impronta.
La differenza tra l’uomo che si limita a tosare un prato e un vero giardiniere sta nel tocco, diceva. Quello che sega il fieno poteva anche non esserci stato, su quel prato; ma il vero giardiniere vi resterà per tutta una vita.

Ray Bradbury, Fahrenheit 451, p. 185

lunedì 30 dicembre 2013

12. NOMI DELL’ALTRO MONDO – Anna Chiara Fontana


San Cristobal de las Casas - Chiapas
Ichi, Ix: questi nomi strani non sono i veri nomi dei bambini, infatti il primo giorno c’è stata una presentazione generale nella quale tutti hanno detto il proprio nome e anche come vogliono essere chiamati. 
Così Nogai ci dice che vuol essere chiamato “Chile empanizado” ossia peperoncino impanato e tutti ricordano il suo nome perché ci fa pure tanto ridere; il giorno successivo è comparso anche un formaggio impanato visto che Ezras, che non aveva scelto un soprannome, si è fatto contagiare dalla popolarità del suo compagno.
Giorni dopo alcuni di questi soprannomi sono caduti in disuso, ma è stato importante aver dato loro spazio.

Ho scoperto invece un nome bellissimo, Ixchel, che in maya è la dea della luna.

lunedì 16 dicembre 2013

10. LA GIORNATA IN UNA SCUOLA DELL’ALTRO MONDO – Anna Chiara Fontana


A scuola le giornate hanno preso il loro ritmo. Quando arriviamo ci salutiamo con un abbraccio tra colleghi e anche con alcuni genitori. La prima mezz'ora è sempre dedicata ad un momento comunitario.
Dopo i primi 25 minuti della giornata i bambini si dividono in tre commissioni che hanno scelto loro: orto, riciclaggio e reporters e lavoreranno in questi gruppi per tre mesi, poi ruoteranno. Anche quest'attività dura 25 minuti circa, dopodiché ognuno va nel suo salone.
Nel mio gruppo, tempo fa, abbiamo presentato ai bambini una scheda con gli obiettivi dell'anno e l'abbiamo letta passo passo, vedendo cosa già sapevano fare (occasione per far un ripasso), quello che non sapevano fare e se avevano voglia di impararlo.
La scorsa settimana abbiamo iniziato un'indagine che riguardava il nome del gruppo ossia le stelle, le lune e i diamanti. In una discussione ognuno ha detto ciò che sapeva sul tema e si è fatto una domanda su ognuno dei tre oggetti di discussione a cui ha cercato di rispondere a casa. Poi, domande e risposte sono state copiate in un foglio bianco, corredate da un disegno; queste ricerche sono state esposte al gruppo e infine sono state fotocopiate per tutti, di modo che ogni bambino possa leggerle e rispondere al test che faremo lunedì. Questa verifica, però, non ha valutazione, serve solo per far capire ai bambini quanto hanno imparato e anzi verrà corretta scambiandola tra compagni.
Parallelamente abbiamo iniziato un racconto sul tema e ogni giorno un bambino se lo porta a casa per continuarlo. Così funziona qui, si scrive su ciò che interessa al gruppo. Per correggere gli errori di ortografia si usano dei simboli che mettiamo sotto la parola e che indicano il tipo di errore, così il bambino è stimolato nell'autocorrezione.

In matematica è tutto molto concreto, tutta la scuola va matta per la matematica! Per quanto riguarda lo studio, i più grandi hanno scelto una disciplina che li interessava e per un mese l'approfondiremo. Abbiamo iniziato con la chimica: il lunedì approfondiamo la teoria e il giovedì la pratica col laboratorio di esperimenti che propongo io. 

venerdì 2 agosto 2013

IL CAVALLO NEL POZZO - Jorge Bucay


Si narra di un contadino che aveva un cavallo da tiro ormai vecchio e quasi cieco.
Per una deplorevole disattenzione, il cavallo cadde in un pozzo alla periferia del paese. Il contadino sentì i nitriti dell’animale e corse a vedere che succedeva.
Il suo fedele servitore gli fece pena e l’uomo cercò di farlo uscire da lì. Tirò le redini con tutte le sue forze, spinse il ronzino da dietro, cercò addirittura di fare leva con un lungo bastone per trascinarlo fuori dalla trappola in cui era caduto. Ma niente da fare, era impossibile.

giovedì 1 agosto 2013

L'ARCIERE DEL RE - Jorge Bucay


C’era una volta un re a cui piaceva moltissimo la caccia al cinghiale. Una volta alla settimana, in compagnia dei suoi amici più intimi e del migliore dei suoi arcieri, usciva dal palazzo e si addentrava nel bosco alla ricerca dei pericolosi animali, che erano senz’altro una seccatura per tutti i fattori e gli agricoltori del regno. L’emozione dell’avventura si univa così al servizio reso ai sudditi, che si ritrovavano sbarazzati dei loro peggiori nemici, predatori e assassini.
La tecnica di caccia era sempre la stessa: un branco di cinghiali veniva individuato, accerchiato e costretto a dirigersi verso una radura dove avrebbe avuto luogo lo scontro.
Perché la caccia mantenesse il suo carattere sportivo era necessario che il cacciatore (un amico o lo stesso re) smontasse da cavallo e affrontasse l’animale a piedi, armato soltanto di una lancia e un affilato coltello da montagna. Bisognava ricorrere a tutta la propria agilità per sfuggire ai suoi denti appuntiti, e tenere i riflessi pronti per non essere scaraventati a terra dalla sua carica. Erano necessarie grande destrezza e velocità per conficcare la lancia in un punto vitale, e poi avere il coraggio di balzare sull’animale ferito per infliggergli il colpo di grazia con il coltello.
L’arciere reale era l’unico a difendere il cacciatore se qualcosa andava storto. Mentre tutti rimanevano ai margini della scena, concentrati sulla lotta, l’uomo faceva la guardia tenendo gli occhi ben aperti, con l’arco teso e la freccia pronta. La precisione del suo tiro poteva fare la differenza tra lo spavento per il cacciatore e una disgrazia irreparabile.
Un giorno, mentre inseguiva un branco di cinghiali che terrorizzavano la regione più occidentale del suo regno, il re si inoltrò con i compagni in un bosco che non aveva mai visitato. 
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