Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber
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giovedì 23 luglio 2015

ALLA RADIO – Gianrico Carofiglio


C’erano le dediche, fra le quali una rimarrà per me indimenticabile:

«Questo pezzo è dedicato alla piccola Ledi Daiana, che è nata ieri, e ai suoi stupendi genitori Vito e Maddalena. Abbiamo al telefono papà Vito. Ma qual è il vero nome della bambina, Vito?» Pausa interdetta, quella di chi pensa che il suo interlocutore sia un po’ scemo e dunque faccia domande sceme, poi: «Ledi Daiana. Quello è il nome. Ledi Daiana Recchimurzo, datosi che io mi chiamo Recchimurzo Vito».

Gianrico Carofiglio, La regola dell’equilibrio, Einaudi, Torino 2014.


mercoledì 14 maggio 2014

RIMPIANTO – Mariapia Veladiano


Di non aver detto. Di aver urlato i fatti senza conoscere le ragioni. Di non aver creduto o di aver dissipato il credere d'altri. In noi. Il credere in noi. Di aver giurato, promesso, glissato. Governato una vita prudente, in cui ogni natività prometteva uno sconquasso e non è stato difficile trovare silenziosi Erodi in ogni tempo, nostri compagni di omissione. Di aver pensato male, incatenati a un sentire comune che sa per comune ignoranza.
Di non essere stati abbastanza vivi ogni giorno.
Di non aver confessato a nessuno mai il nostro desiderio. Di aver mentito raccontandoci di non aver visto il desiderio degli altri. Né il bisogno.
E non aver cantato mai nessun canto, per paura, superbia, pigrizia. In difesa noi, per gli altri offesa.
Sobbalzare a ogni affiorare di figura dall'indistinto dell'ombra. Senza saper davvero piangere. E immaginare di poter credere che questo sia forza, concreto tenere i confini del mondo. Tutto intero, colonne per noi stessi.
Ed esser grati al rimpianto, che di colpo ci riconsegna al giorno che viviamo, al riaffiorare non di tutte le possibilità, ma di questa presente, al bene da prendere e dare. A tutto ciò che potremo portare con noi, senza più paura di guardare quel che è stato.
Mariapia Veladiano, Ma come tu resisti, vita, Torino, Einaudi, 2013, p. 14.


giovedì 19 dicembre 2013

E’ SEMPLICE COME LE COLOMBE – Paulo Coelho


Un guerriero è semplice come le colombe, e prudente come i serpenti.
Quando si riunisce con gli altri per chiacchierare, non giudica il loro comportamento; egli sa che le tenebre si servono di una rete invisibile per diffondere il male. Questa rete capta qualsiasi informazione vagante nell'aria e la trasforma nell'intrigo e nell'invidia che albergano come parassiti nell'anima umana.
Così, tutto ciò che viene detto su qualcuno finisce sempre per giungere alle orecchie dei nemici di costui, col sovraccarico tenebroso di veleno e malignità. Perciò, quando il guerriero parla dei comportamenti di un proprio fratello, immagina che questi sia presente e stia ascoltando ciò che egli dice.

Paulo Coelho, Manuale del guerriero della luce, p. 101

domenica 3 novembre 2013

SEMPLICI CONSIGLI - Dalai Lama


Essere buoni, sinceri, avere pensieri positivi,
perdonare chi ci ha fatto un torto,
trattare tutti come amici, 
soccorrere coloro che soffrono,
non considerarsi mai superiori agli altri:
consigli troppo semplici in apparenza,
ma provate a metterli in pratica, e vedrete se non sarete più felici.

Dalai Lama

lunedì 24 dicembre 2012

LA SEMPLICITA' - Alda Merini



La semplicità è mettersi nudi davanti agli altri.
E noi abbiamo tanta difficoltà ad essere veri con gli altri.
Abbiamo timore di essere fraintesi, di apparire fragili,
di finire alla mercé di chi ci sta di fronte.
Non ci esponiamo mai.
Perché ci manca la forza di essere uomini,
quella che ci fa accettare i nostri limiti,
che ce li fa comprendere, dandogli senso e trasformandoli in energia, in forza appunto.
Io amo la semplicità che si accompagna con l’umiltà.
Mi piacciono i barboni.
Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla propria pelle,
sentire gli odori delle cose,
catturarne l’anima.
Quelli che hanno la carne a contatto con la carne del mondo.
Perché lì c’è verità, lì c’è dolcezza, lì c’è sensibilità, lì c’è ancora amore.
Alda Merini

venerdì 30 novembre 2012

LE LEGGI DI UTOPIA - Tommaso Moro (1478-1535)



Gli Utopiani hanno ben poche leggi, perché pochissime bastano a uomini così organizzati. Essi pensano che sia somma ingiustizia il legare gli uomini con leggi o troppo numerose per essere lette, o troppo oscure per potersi capire da chiunque.
Oltre a ciò non ammettono assolutamente avvocati, che trattino cause con astuzia o discutano cavillosamente di legge: pensano infatti che sia utile per ciascuno il discutere da sé la propria causa davanti al giudice dicendo a quest’ultimo ciò che avrebbe dovuto dire al difensore. In tal modo ci saranno meno giri e rigiri e più facilmente si caverà di bocca la verità. Sentendo ciascuno difendere se stesso senza essere stato prima ammaestrato, il giudice pondera accuratamente ogni cosa e, contro i raggiri dei furbi, viene in soccorso delle nature più ingenue. Agli altri popoli, questo è molto difficile da eseguire in mezzo a un gran cumulo di leggi intricatissime.
Del resto in Utopia, ognuno è esperto di legge: sono infatti ben poche, come ho detto, e poi quanto più semplici sono le interpretazioni, tanto sono ritenute le più giuste.
E’ chiaro che, essendo tutte le leggi promulgate al solo scopo di ricordare a ciascuno il proprio dovere, un’interpretazione troppo difficile servirebbe di avviso a ben pochi, perché pochi sarebbero quelli che la capirebbero, mentre il senso più semplice e ovvio è alla portata di tutti. 
Tommaso Moro, L’Utopia, [1516], Bari-Roma 1993, p. 102-103

venerdì 16 novembre 2012

LA PUBBLICITA' E' ABOLITA - Silvano Agosti



“Esiste da voi la pubblicità?”
“Esisteva. Poi i nostri esperti di economia hanno scoperto che eliminando la pubblicità tutto veniva a costare metà prezzo e allora…”
“E allora?”
“Il nostro ministero per il Miglioramento della vita ha proposto di sostituire alla pubblicità l’informazione, e per qualsiasi nostra necessità veniamo informati da un piccolo programma nel computer che ci indica dove si può trovare questo o quel prodotto, il più vicino possibile alla nostra abitazione.”
Silvano Agosti, Lettere dalla Kirghisia, dalla Quarta lettera

martedì 16 ottobre 2012

PROVOCATORI DI DESIDERI - Una docente



Il post ”Il primo giorno che vorrei” di Alessandro D'Avenia ha catturato la mia attenzione perché tratta di un argomento su cui sto riflettendo da un po’ di tempo, non solo in ottica professionale: la motivazione.
In estrema sintesi, potremmo definire la motivazione come la “voglia di fare”, quella scintilla che sempre meno frequentemente la scuola è in grado di accendere nelle menti e nei cuori dei ragazzi che la frequentano.
Mi piace sostituire il termine “motivazione” con un altro che in qualche modo lo contiene, ma che non ne rappresenta necessariamente un sinonimo: mi riferisco alla parola “desiderio”. Non si tratta di una sostituzione campata in aria, ma dettata dal fascino che secondo me possiede la parola desiderio se considerata dal punto di vista etimologico.
“De – siderare” richiama infatti lo stare “sotto le stelle”, l’osservazione del cielo con un atteggiamento di attesa e di ricerca del percorso da intraprendere. Trovo molto significativo quel “de” privativo che precede “sidera” perché implica la difficoltà a seguire la rotta segnalata dalle stelle, rimandando quindi a una situazione di disorientamento e di perdita di riferimenti, ma anche e soprattutto alla spinta positiva di ricerca personale e paziente della propria stella, di un qualcosa che (ci) manca, ma che ha la forza straordinaria di guidare il nostro cammino.
Ciò che risulta davvero importante è la propensione interiore alla ricerca, all’individuazione di un proprio percorso che abbia un significato concreto per se stessi, al tentativo inesauribile di raggiungere ciò che non abbiamo. Come educatori (e non solo) penso che in generale siamo diventati incapaci di orientare il soggetto (noi stessi, ma anche chi ci circonda) verso la passione, verso il proprio desiderio, verso la propria misura della felicità, necessariamente particolare e mai universale.
Penso che le difficoltà che frequentemente si incontrano a scuola con i ragazzi, definiti spesso superficiali, svogliati, disinteressati a tutto e a tutti, risiedano proprio nell’incapacità della generazione adulta di provocare e sostenere nei giovani la ricerca personale della propria stella, del proprio orientamento nella vita: purtroppo questo avviene quasi sempre a causa dell’assenza nell’adulto stesso di un proprio desiderio. Come si può fungere da modello di qualcosa che non si incarna? Com’è possibile pretendere di accendere una scintilla laddove non si è mai vissuto il fuoco in prima persona? Come posso aspettarmi che i miei ragazzi si interessino attivamente allo studio se io per primo vivo l’aggiornamento e la formazione in servizio come un fastidioso e inutile impegno in più in agenda?
Finché non diventeremo “provocatori di desideri” incarnandone concretamente uno nostro, l’esperienza dell’educazione sia come insegnanti che come genitori sarà svuotata di senso in partenza e sarà quindi, conseguentemente e inevitabilmente, del tutto inefficace.
Un’insegnante alla ricerca della propria stella

martedì 14 febbraio 2012

DONNA MIA - Angelo Branduardi


Il tuo vestito lungo
che sfiora il prato,
e quella tua dolcezza
che si è vestita a festa
io l'ho riconosciuta,
Donna mia.
Dal sogno il passo
è stato breve,
se ti ho seguito non ricordo,
senza vederti ti ho sognato,
donna mia.
Le tue mani antiche
si aprono lievi
e porgi i tuoi frutti,
la tua terra è ricca;
non ti ho aspettato invano,
donna mia.
Se ti ho seguito non ricordo,
senza fatica ti ho creduto,
senza dolore mi hai voluto,
donna mia.
I tuoi occhi larghi
cancellano i segni,
mi guardi ed io non fuggo,
mi ascolti ed io mi chino,
non ti ho sorriso invano,
donna mia.
Mai niente è andato perduto,
se ho avuto freddo non ricordo,
senza vederti ti ho toccato,
donna mia.

martedì 29 novembre 2011

L’INVITO - Onah Mountain Dreamer

Non mi interessa sapere qual è il tuo mestiere. Voglio sapere per cosa si strugge il tuo cuore, e se hai il coraggio di sognare l’incontro con ciò che esso desidera.
Non mi interessa sapere quanti anni tu abbia. Mi interessa sapere se correrai il rischio di fare la figura del pazzo per amore, per il tuo sogno, per l’avventura di essere vivo.
Non mi interessa sapere quali pianeti quadrano con la tua luna, voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore, se le difficoltà della vita ti hanno portato ad aprirti oppure a chiuderti in te stesso nel timore di soffrire ancora!
Voglio sapere se sei capace di stare nel tuo dolore, tuo e mio, senza nulla fare per nasconderlo, o allontanarlo o cristallizzarlo.
Voglio sapere se sei capace di stare nella gioia, tua e mia, se puoi scatenarti nella danza e lasciare che l’estasi ti invada fino alla punta delle dita dei piedi o delle mani, senza esortarci ad essere prudenti, realisti, o consapevoli dei limiti umani.
Non mi interessa sapere se la storia che mi racconti è vera. Voglio sapere se sei capace di deludere un altro per restare fedele a te stesso, e non tradire mai la tua anima a costo che altri ti chiamino traditore.
Voglio sapere se puoi essere di parola e quindi degno di fiducia.
Voglio sapere se se capace di trovare la bellezza anche nei giorni in cui il sole non splende  e se puoi trarre fonte per la tua vita dalla presenza Divina.
Voglio sapere se puoi vivere con il fallimento, il tuo e il mio, e nonostante stare in piedi, sulle sponde di un lago gridando: “Sì” al bagliore d’argento della luna piena.
Non mi interessa sapere dove vivi, né quanto denaro possiedi. Voglio sapere se dopo una notte disperata di pianto, sei capace di alzarti, così come sei, sfinito e con l’anima coperta di lividi, per metterti a fare quello che c’è da fare per i bambini.
Non mi interessa sapere chi conosci, né come mai ti trovi qui. Voglio sapere se starai in piedi con me al centro del fuoco, senza tirati indietro.
Non mi interessa sapere cosa hai studiato, né con chi e neppure dove. Voglio sapere cosa ti sostiene da dentro quando tutto il resto viene a mancare.
Voglio sapere se puoi stare solo con te stesso, e se la tua compagnia ti piace veramente nei momenti di vuoto.
Onah Mountain Dreamer, Sognatore delle montagne, anziano uomo di medicina nativo americano

sabato 17 settembre 2011

LETTERA AL FIGLIO - Rudyard Kipling


Se riesci a mantenere la calma quando tutti gli altri intorno a te la stanno perdendo e danno la colpa a te;
Se sai di aver fiducia in te stesso quando tutti dubitano di te, tenendo però nel giusto conto i loro dubbi;
Se sai aspettare senza stancarti di aspettare, o essendo calunniato non rispondere alle calunnie, o essendo odiato non dare spazio all’odio, senza tuttavia sembrare troppo buono, e parlare troppo da saggio;
Se sai sognare senza fare dei sogni i tuoi padroni;
Se sai pensare senza fare dei pensieri il tuo fine;
Se sai incontrarti con il successo e la sconfitta e trattare questi due impostori proprio allo stesso modo;
Se riesci a sopportare di sentire la verità che tu hai detto, distorta da imbroglioni che ne fanno una trappola per ingenui; o guardare le cose, per le quali hai dato la vita, distrutte, e umiliarti a ricostruirle con i tuoi strumenti ormai logori;
Se sai fare un’unica pila delle tue vittorie e rischiarla in un solo colpo a testa o croce, e perdere, e ricominciare di nuovo dall’inizio senza mai lasciarti sfuggire una parola su quello che hai perso;
Se sai costringere il tuo cuore, i tuoi nervi, i tuoi polsi a sorreggerti anche dopo molto tempo che non te li senti più e così a resistere quando in te non c’è più nulla tranne la volontà che dice loro: "Resistete!"
Se sai parlare con i disonesti senza perdere la tua onestà o passeggiare con i re senza perdere il tuo comportamento normale;
Se non possono ferirti né i nemici né gli amici affettuosi;
Se per te contano tutti gli uomini, ma nessuno troppo;
Se riesci a riempire l’inesorabile minuto dando valore a ogni istante che passa,
tua è la Terra e tutto ciò che vi è in essa, e quel che più conta tu sarai un Uomo, figlio mio!

martedì 10 maggio 2011

LA SAGGEZZA DI SOCRATE - Anonimo


Un giorno, un uomo andò a trovare Socrate e gli disse: "Socrate, devo raccontarti una cosa su un tuo giovane allievo. Vedi, il fatto è che lui..."
Ma il grande filosofo interruppe il pettegolo: "Non continuare, prima vorrei farti tre semplici domande su quello che hai da dirmi."
"Tre domande? Quali domande, Socrate?"
"La prima domanda si chiama verità. Puoi giurare che quello che vuoi raccontarmi è l'assoluta verità?"
"No, ma ne parlavano al mercato, e pensavo che tu..."
"Quindi tu personalmente non sai se ciò che vuoi dirmi è vero. La seconda domanda si chiama bontà. Quello che vorresti dirmi è buono?"
"Veramente no, perché sembra che quel tipo.. "
"Quindi vorresti dirmi qualcosa di cattivo, anche se non sei sicuro che sia vero?"
"Io credevo che..."
"Resta la terza domanda, l'utilità. Mi sarà utile sapere ciò che vorresti dirmi?"
"Non saprei..."
"Allora perché vorresti riferirmi una cosa che ha almeno il 50% di probabilità di essere falsa, cattiva e inutile?"
Sentendo questo, il pettegolo si vergognò di se stesso e se ne andò con la coda tra le gambe.

lunedì 14 giugno 2010

SOLO SE IN BUONA FEDE - Lev N. Tolstoj

Aveva spesso sperimentato che a volte, durante una discussione, comprendiamo ciò che sta a cuore al nostro avversario e di colpo la stessa cosa convince anche noi; allora ci troviamo subito d'accordo con lui e tutte le nostre argomentazioni vengono meno in quanto risultano vane. Altre volte, invece, ci capita il contrario: esprimiamo finalmente quello che ci sta a cuore e lo sosteniamo cercando delle argomentazioni e, se capita che lo esprimiamo per bene, con sincerità, di colpo anche l'avversario ci dà ragione e mette fine alla disputa.
Lev N. Tolstoj, Anna Karenina
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