Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber
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giovedì 17 ottobre 2013

IL BAGLIORE NELLO SGUARDO – Paulo Coelho


I guerrieri della luce hanno sempre un bagliore nello sguardo.
Essi vivono nel mondo, fanno parte della vita di altri uomini, e hanno iniziato il loro viaggio senza bisaccia e senza sandali. In molte occasioni sono codardi. Non sempre agiscono correttamente.
Soffrono per cose inutili, assumono atteggiamenti meschini, e a volte si ritengono incapaci di crescere. Sovente si credono indegni di qualsiasi benedizione o miracolo.
Non sempre sono sicuri di ciò che stanno facendo. Molte volte trascorrono la notte in bianco, pensando che la loro vita non ha alcun significato.
Per questo sono guerrieri della luce. Perché sbagliano. Perché si interrogano. Perché cercano una ragione: e certamente la troveranno.

Paulo Coelho, Manuale del guerriero della luce, p. 32

lunedì 30 settembre 2013

STORIA DI CHIARA E FRANCESCO - Chiara Frugoni


Due ragazzi benestanti, colti, imbevuti di letture - soprattutto lui - di nobili cavalieri e amori cortesi. Ma quando un giorno questi due giovani, destinati a ereditare gli onori del loro stato sociale, volsero lo sguardo sulle cose degli uomini, videro un mondo che tradiva il messaggio del Vangelo e lo rifiutarono. Decisero, in momenti diversi, di spogliarsi delle loro ricchezze e, nudi, di abbracciare una nuova vita per gli ultimi.
Quelle di Chiara e Francesco furono due esistenze che si intrecciarono strettamente pur percorrendo, ciascuno dei due santi, cammini differenti. Lo scopriamo direttamente dalle loro voci, dai loro scritti, a cui Chiara Frugoni dedica in questo libro uno spazio del tutto nuovo. Facendo parlare direttamente i protagonisti, la Frugoni fa del lettore un compagno di strada di Chiara e Francesco, permettendogli di accostarsi al loro generoso progetto e alle resistenze, ai tradimenti, ai compromessi con cui i due dovettero fare i conti per rendere reale la loro utopia.
Del resto è una storia, quella di Chiara e Francesco, che col passare dei secoli nulla ha perso della sua travolgente novità. Al contrario, è come se il tempo trascorso non smettesse di sottolinearne la radicale modernità: il rapporto con i poveri, e quindi col denaro e il potere; il ruolo non subalterno della donna; la funzione dei laici nell'istituzione religiosa; l'importanza del lavoro manuale in servizio del prossimo e come garanzia di libertà; la relazione con fedi diverse.
Poche altre figure storiche sono riuscite a forgiare un modello di comportamento capace di contrapporsi all'esistente con una radicalità pari alla loro mitezza.

Chiara Frugoni, Storia di Chiara e Francesco, Torino 2011

venerdì 7 giugno 2013

MI SENTIVO RESPONSABILE DELLA BELLEZZA DEL MONDO - Marguerite Yourcenar (1903-1987)


Il mio ideale era racchiuso in questa parola: il bello, di così ardua definizione a onta di tutte le evidenze dei sensi e della vista. Mi sentivo responsabile della bellezza del mondo. Volevo che le città fossero splendide, piene di luce, irrigate d’acque limpide, popolate da esseri umani il cui corpo non fosse deturpato né dal marchio della miseria o della schiavitù, né dal turgore di una ricchezza volgare; volevo che gli alunni recitassero con voce ben intonata lezioni non fatue; che le donne al focolare avessero nei loro gesti una sorta di dignità materna, una calma possente; che i ginnasi fossero frequentati da giovinetti non ignari dei giochi e delle arti; che i frutteti producessero belle frutta, i campi le messi più abbondanti.

Marguerite Yourcenar (1903-1987), Memorie di Adriano [1951], Milano 1981, p. 127

domenica 30 dicembre 2012

E' FATICOSO FREQUENTARE I BAMBINI - Janusz Korczak


Dite: è faticoso frequentare i bambini. Avete ragione. 
Poi aggiungete: perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli. 
Ora avete torto. Non è questo che più stanca. E’ piuttosto il fatto di essere obbligati a innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti. Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi. Per non ferirli.


Janusz Korczak (1878-1942). Medico, scrittore, grande educatore polacco, morto nel campo di Treblinka nel 1942 con tutti i suoi bambini ebrei della Casa degli Orfani di Varsavia, da lui fondata e diretta per trent’anni.
I versi sono tratti da “Quando ridiventerò bambino”, Luni, Milano 1996.

domenica 7 ottobre 2012

TI AUGURO DI VIVERE - J. Debruynne



Ti auguro di vivere
senza lasciarti comprare dal denaro.

Ti auguro di vivere
senza marca,
senza etichetta,
senza distinzione,
senza altro nome che quello di uomo.

Ti auguro di vivere
senza rendere nessuno tua vittima.

Ti auguro di vivere senza sospettare o condannare
nemmeno a fior di labbra.

Ti auguro di vivere
in un mondo
dove ognuno abbia il diritto
di diventare tuo fratello
e farsi tuo prossimo.

Jean Debruynne

giovedì 4 ottobre 2012

FRATELLO SOLE, SORELLA LUNA - Franco Zeffirelli




Dolce è sentire come nel mio cuore
ora umilmente sta nascendo amore.
Dolce è capire che non son più solo
ma che son parte di una immensa vita
che generosa risplende intorno a me,
Dono di Lui, del suo immenso amore.

Ci ha dato il cielo e le chiare stelle,
fratello sole e sorella luna,
la madre terra con frutti, prati e fiori,
il fuoco e il vento l’aria e l’acqua pura,
fonte di vita per le sue creature.
Dono di Lui, del suo immenso amore.

Dal film “Fratello sole, sorella luna” di Franco Zeffirelli (1972)

sabato 22 settembre 2012

IL PRIMO GIORNO CHE VORREI - Alessandro D’Avenia


Che cosa avrei voluto sentirmi dire il primo giorno di scuola dai miei professori o cosa vorrei che mi dicessero se tornassi studente? Il racconto delle vacanze? No. Quelle dei miei compagni? No. Saprei già tutto. Devi studiare? Sarà difficile? Bisognerà impegnarsi di più? No, no grazie. Lo so. Per questo sto qui, e poi dall’orecchio dei doveri non ci sento. Ditemi qualcosa di diverso, di nuovo, perché io non cominci ad annoiarmi da subito, ma mi venga almeno un po’ voglia di cominciarlo, quest’anno scolastico. Dall’orecchio della passione ci sento benissimo.
Dimostratemi che vale la pena stare qui per un anno intero ad ascoltarvi. Ditemi per favore che tutto questo c’entra con la vita di tutti i giorni, che mi aiuterà a capire meglio il mondo e me stesso, che insomma ne vale la pena di stare qua. Dimostratemi, soprattutto con le vostre vite, che lo sforzo che devo fare potrebbe riempire la mia vita come riempie la vostra. Avete dedicato studi, sforzi e sogni per insegnarmi la vostra materia, adesso dimostratemi che è tutto vero, che voi siete i mediatori di qualcosa di desiderabile e indispensabile, che voi possedete e volete regalarmi. Dimostratemi che perdete il sonno per insegnare quelle cose che – dite – valgono i miei sforzi. Voglio guardarli bene i vostri occhi e se non brillano mi annoierò, ve lo dico prima, e farò altro. Non potete mentirmi. Se non ci credete voi, perché dovrei farlo io?
E non mi parlate dei vostri stipendi, del sindacato, della Gelmini, delle vostre beghe familiari e sentimentali, dei vostri fallimenti e delle vostre ossessioni. No. Parlatemi di quanto amate la forza del sole che brucia da 5 miliardi di anni e trasforma il suo idrogeno in luce, vita, energia. Ditemi come accade questo miracolo che durerà almeno altri 5 miliardi di anni. Ditemi perché la luna mi dà sempre la stessa faccia e insegnatemi a interrogarla come il pastore errante di Leopardi. Ditemi come è possibile che la rosa abbia i petali disposti secondo una proporzione divina infallibile e perché il cuore è un muscolo che batte involontariamente e come fa l’occhio a trasformare la luce in immagini. Ci sono così tante cose in questo mondo che non so e che voi potreste spiegarmi, con gli occhi che vi brillano, perché solo lo stupore conosce.
E ditemi il mistero dell’uomo, ditemi come hanno fatto i Greci a costruire i loro templi che ti sembra di essere a colloquio con gli dei, e come hanno fatto i Romani a unire bellezza e utilità come nessun altro. E ditemi il segreto dell’uomo che crea bellezza e costringe tutti a migliorarsi al solo respirarla. Ditemi come ha fatto Leonardo, come ha fatto Dante, come ha fatto Magellano. Ditemi il segreto di Einstein, di Gaudì e di Mozart. Se lo sapete, ditemelo.
Ditemi come faccio a decidere che farci della mia vita, se non conosco quelle degli altri. Ditemi come fare a trovare la mia storia, se non ho un briciolo di passione per quelle che hanno lasciato il segno. Ditemi per cosa posso giocarmi la mia vita. Anzi no, non me lo dite, voglio deciderlo io, voi fatemi vedere il ventaglio di possibilità. Aiutatemi a scovare i miei talenti, le mie passioni e i miei sogni. E ricordatevi che ci riuscirete solo se li avete anche voi i vostri sogni, progetti, passioni. Altrimenti come farò a credervi? E ricordatemi che la mia vita è una vita irripetibile, fatta per la grandezza, e aiutatemi a non accontentarmi di consumare piccoli piaceri reali e virtuali, che sul momento mi soddisfano, ma sotto sotto sotto mi annoiano.
Sfidatemi, mettete alla prova le mie qualità migliori, segnatevele su un registro, oltre a quei voti che poi rimangono sempre gli stessi. Aiutatemi a non illudermi, a non vivere di sogni campati in aria, ma allo stesso tempo insegnatemi a sognare e ad acquisire la pazienza per realizzarli quei sogni, facendoli diventare progetti.
Insegnatemi a ragionare, perché non prenda le mie idee dai luoghi comuni, dal pensiero dominante, dal pensiero non pensato. Aiutatemi a essere libero. Ricordatemi l’unità del sapere e non mi raccontate solo l’unità d’Italia, ma siate uniti voi dello stesso consiglio di classe: non parlate male l’uno dell’altro, vi prego. E ricordatemelo quanto è bello questo Paese, parlatemene, fatemi venire voglia di scoprire tutto quello che nasconde prima ancora di desiderare una vacanza a Miami. Insegnatemi i luoghi prima dei non luoghi. E per favore, un ultimo favore, tenete ben chiuso il cinismo nel girone dei traditori. Non nascondetemi le battaglie, ma rendetemi forte per poterle affrontare e non avvelenate le mie speranze, prima ancora che io le abbia concepite. Per questo, un giorno, vi ricorderò.

Alessandro D'Avenia, “Avvenire”, 10 settembre 2012

lunedì 27 agosto 2012

5. LA PROMESSA DI GREG - Greg Mortenson



Costruirò una scuola
“Puoi immaginarti da noi una classe elementare da sola, senza maestro, seduta tranquilla a lavorare?” mi raccontò Mortenson. “Avevo come la sensazione che mi stessero strappando via il cuore. C’era una grande fierezza nel loro desiderio di apprendere nonostante tutti gli ostacoli. Sentivo di dover fare qualcosa”.
In piedi, di fianco ad Haji Ali, sopra la cengia che si affacciava sulla vallata, con una veduta assolutamente cristallina di quelle montagne per sfidare le quali aveva girato mezzo mondo, Mortenson realizzò di colpo che scalare il K2 per collocare sulla sua sommità una collanina aveva poco senso. C’era un gesto di gran lunga più significativo che poteva compiere per rendere onore alla memoria di sua sorella. Posò le mani sulle spalle di Haji Ali, come il vecchio uomo aveva fatto decine di volte con lui da quando avevano condiviso la loro prima tazza di tè. “Voglio costruire una scuola” disse, senza tuttavia rendersi conto che con quelle parole il percorso della sua vita aveva appena imboccato un’altra direzione, una rotta di gran lunga più tortuosa e ardua rispetto alle strade sbagliate prese da quando aveva rinunciato al K2.
“Costruirò una scuola” disse Mortenson. “Lo prometto”.
Greg Mortenson, David Oliver Relin, Tre tazze di tè, Milano 2008, p. 53-54

domenica 24 giugno 2012

SCOPRI IL DISEGNO - Martin Luther King


Se non puoi essere un pino sul monte,
sii una saggina nella valle,
ma sii la migliore piccola saggina
sulla sponda del ruscello.
Se non puoi essere un albero,
sii un cespuglio.
Se non puoi essere una via maestra
sii un sentiero.
Se non puoi essere il sole,
sii una stella.
Sii sempre il meglio
di ciò che sei.
Cerca di scoprire il disegno
che sei chiamato ad essere,
poi mettiti a realizzarlo nella vita.
Martin Luther King

venerdì 15 giugno 2012

CHE COSA RESTA DI UN ANNO DI SCUOLA? - Alessandro D'Avenia


Che cosa resta di un anno scolastico? Ci vuole coraggio per certe domande.
Riassumere in poche battute quello che accade nel vorticoso spazio di 200 giorni è impossibile. Basta un anno scolastico perché ogni studente e ogni docente abbia materia sufficiente per uno o due romanzi.
Scrivere è usare una rete da pesca: ha la sua paradossale forza nei buchi, che lasciano passare l'ovvio della vita, e nei nodi, che trattengono ciò che si nasconde e sfugge sempre. Provo a tirare su le reti: dopo un anno che cosa resta?
Gli eventi ci impastano e dentro di noi siamo alla ricerca del centro che non siamo disposti a negoziare con niente e nessuno, il lievito che, nel mutare continuo delle circostanze, ci permette di dare ampio consenso alla vita senza esserne vittime. E così a 35 anni, figuriamoci tra i 14 e i 18. Ogni anno è una vita in miniatura a quell'età, e quei 200 giorni un'esistenza in carne viva come è la pelle dell'adolescenza, durante la quale il mutamento è la regola e il rifiutare il mondo il suo corollario. Che cosa posso mai accettare, se non riesco ad accettare chi sono neanche per un giorno?

martedì 29 maggio 2012

I GIOVANI E LA SPERANZA - Ernesto Olivero



«Chi punta solo sui giovani senza mettere in discussione il sistema che noi adulti ci siamo dati, sbaglia. I giovani sono il frutto di questo mondo di adulti che non è stato capace di dire che la droga è sbagliata, che rubare è sbagliato, che passare sul cadavere di un altro per fare carriera è sbagliato…
Quindi abbiamo una generazione dei giovani che, negli anni a venire, rischia di essere peggiore degli adulti di oggi. A meno che questi facciano autocritica e chiedano scusa. Allora i giovani avranno ancora la voglia di rimettersi in gioco.
Io dico loro: “Entrate nel partito che volete, ma portate la vostra etica e i vostri sogni… Non abbandonate i sogni”. Ma oggi i giovani non sognano più, e sono gli adulti che li hanno rovinati. Dunque è questa riconciliazione che dobbiamo operare”.
Ernesto Olivero, Intervista al Festival biblico 2012

mercoledì 11 gennaio 2012

DI BUON PASSO - Andrea Bocconi


Partire ora. Partire da solo. Partire a piedi.
Voglio conoscere questa terra dove vivo. E la conoscenza di una terra si fa con i piedi, che in questo caso hanno almeno la stessa importanza della testa.
Anche io sarei andato alle sorgenti della mia civiltà, a vedere dove nasce l’Arno, dove sgorga il Tevere. E poiché per queste terre ha molto camminato il più simpatico dei santi, Francesco, avrei cercato le sue tracce nei cammini che portano agli eremi.
A piedi. Sì, a piedi. Da casa a casa, passando per tanti posti che mi attraggono e per altri che ancora non so. Sono abbastanza anziano per apprezzarlo e abbastanza in forze per poterlo fare.
Seguendo le istruzioni di un libro per pellegrini, ho messo tutto in terra davanti allo zaino e mi ripropongo di fare una selezione feroce. “Lasciare a casa tutto il superfluo” è l’imperativo, perché “nello zaino tutto pesa”, scrive l’autrice con lapalissiana saggezza.
Del resto va bene anche come prescrizione esistenziale, bisogna praticare la semplicità, la rinunzia e la leggerezza.
E’ un anno che penso a questo viaggio, l’ho difeso contro tutti, soprattutto contro me stesso; un lungo periodo vuoto nell’agenda mentre il mondo lavora. E ora vado, me lo devo.
Comincio a passare dai campi, dove scopro quanto i cani detestino ogni tipo di estraneo che anche vagamente si avvicini al loro territorio. Provo tutte le tecniche, dall’indifferenza allo sguardo di sfida ai pensieri di pace, ma il risultato è lo stesso: nullo. Continuano ad abbaiare anche quando sono già passato, ottuse sentinelle.
[All’ex-convento di Sargiano]. “Posso mettere la tenda nel vostro terreno?”. “No, il nostro presidente non vuole” dice con accento lombardo.
E’ gentile, si capisce che gli dispiace.
“Grazie lo stesso, la metterò più in là”.
E’ importante che impari a prendere un no come risposta senza alcuna avversione. Chi chiede riconosce il suo bisogno, e non gli è riconosciuto alcun diritto per questo.
Lascio un centesimo in una ferita di un albero a cui ho legato la tenda. Sono grato.

Andrea Bocconi, Di buon passo, p. 11-29 passim

sabato 31 dicembre 2011

PERDONARE - Charlie Chaplin


Ho perdonato errori quasi imperdonabili, ho provato a sostituire persone insostituibili e dimenticato persone indimenticabili.
Ho agito per impulso, sono stato deluso dalle persone che non pensavo lo potessero fare, ma anch'io ho deluso.
Ho tenuto qualcuno tra le mie braccia per proteggerlo; mi sono fatto amici per l'eternità.
Ho riso quando non era necessario, ho amato e sono stato riamato, ma sono stato anche respinto.
Sono stato amato e non ho saputo ricambiare.
Ho gridato e saltato per tante gioie, tante.
Ho vissuto d'amore e fatto promesse di eternità, ma mi sono bruciato il cuore tante volte!
Ho pianto ascoltando la musica o guardando le foto.
Ho telefonato solo per ascoltare una voce. Io sono di nuovo innamorato di un sorriso.
Ho di nuovo creduto di morire di nostalgia e… ho avuto paura di perdere qualcuno molto speciale (che ho finito per perdere)… ma sono sopravvissuto! E vivo ancora! E la vita, non mi stanca…
E anche tu non dovrai stancartene. Vivi!
È veramente buono battersi con persuasione, abbracciare la vita e vivere con passione, perdere con classe e vincere osando, perché il mondo appartiene a chi osa!
La Vita è troppo bella per essere insignificante!
Charlie Chaplin

giovedì 15 dicembre 2011

I TRE SPACCAPIETRE - Bruno Ferrero


Durante il Medioevo, un pellegrino aveva fatto voto di raggiungere un lontano santuario, come si usava a quei tempi.
Dopo alcuni giorni di cammino, si trovò a passare per una stradina che si inerpicava per il fianco desolato di una collina brulla e bruciata dal sole. Sul sentiero spalancavano la bocca grigia tante cave di pietra. Qua e là degli uomini, seduti per terra, scalpellavano grossi frammenti di roccia per ricavare degli squadrati blocchi di pietra da costruzione.
Il pellegrino si avvicinò al primo degli uomini. Lo guardò con compassione. Polvere e sudore lo rendevano irriconoscibile, negli occhi feriti dalla polvere di pietra si leggeva una fatica terribile. Il suo braccio sembrava una cosa unica con il pesante martello che continuava a sollevare ed abbattere ritmicamente. "Che cosa fai?", chiese il pellegrino.
"Non lo vedi?" rispose l'uomo, sgarbato, senza neanche sollevare il capo. "Mi sto ammazzando di fatica".
Il pellegrino non disse nulla e riprese il cammino. S'imbatté presto in un secondo spaccapietre. Era altrettanto stanco, ferito, impolverato. "Che cosa fai?", chiese anche a lui, il pellegrino.
"Non lo vedi? Lavoro da mattino a sera per mantenere mia moglie e i miei bambini", rispose l'uomo.
In silenzio, il pellegrino riprese a camminare. Giunse quasi in cima alla collina. Là c'era un terzo spaccapietre. Era mortalmente affaticato, come gli altri. Aveva anche lui una crosta di polvere e sudore sul volto, ma gli occhi feriti dalle schegge di pietra avevano una strana serenità. "Che cosa fai?", chiese il pellegrino.
"Non lo vedi?", rispose l'uomo, sorridendo con fierezza. "Sto costruendo una cattedrale".
E con il braccio indicò la valle dove si stava innalzando una grande costruzione, ricca di colonne, di archi e di ardite guglie di pietra grigia, puntate verso il cielo.
Bruno Ferrero

giovedì 1 dicembre 2011

DELL'AMORE E DELLA PERDITA - Steve Jobs

La seconda storia: dell’amore e della perdita
La mia seconda storia è a proposito dell’amore e della perdita. Io sono stato fortunato: ho scoperto molto presto che cosa amo fare nella mia vita. Steve Wozniak e io abbiamo fondato Apple nel garage della casa dei miei genitori quando avevo appena 20 anni. Abbiamo lavorato duramente e in dieci anni Apple è diventata – da quell’aziendina con due ragazzi in un garage che era all’inizio – una compagnia da 2 miliardi di dollari con oltre 4 mila dipendenti.
Nel 1985 – io avevo appena compiuto 30 anni e da pochi mesi avevamo realizzato la nostra migliore creazione, il Macintosh – sono stato licenziato.
Come si fa a venir licenziati dall’azienda che hai creato? Beh, quando Apple era cresciuta, avevamo assunto qualcuno che ritenevo avesse molto talento e capacità per guidare l’azienda insieme a me, e per il primo anno le cose erano andate molto bene. Ma poi le nostre visioni del futuro hanno cominciato a divergere e alla fine abbiamo avuto uno scontro. Quando questo successe, il consiglio di amministrazione si schierò dalla sua parte. Quindi, a 30 anni io ero fuori. E in maniera plateale. Quello che era stato il principale scopo della mia vita adulta era saltato e io ero completamente devastato.
Per alcuni mesi non ho saputo davvero cosa fare. Mi sentivo come se avessi tradito la generazione di imprenditori prima di me; come se avessi lasciato cadere la fiaccola che mi era stata passata. Era stato un fallimento pubblico e io presi anche in considerazione l’ipotesi di scappare via dalla Silicon Valley.
Ma qualcosa lentamente cominciò a crescere in me: ancora amavo quello che avevo fatto. L’evolvere degli eventi con Apple non aveva cambiato di un bit questa cosa. Ero stato respinto, ma ero sempre innamorato. E per questo decisi di ricominciare da capo.
Non me ne accorsi allora, ma il fatto di essere stato licenziato da Apple era stata la miglior cosa che mi potesse succedere. La pesantezza del successo era stata rimpiazzata dalla leggerezza di essere di nuovo un debuttante, senza più certezze su niente. Mi liberò dagli impedimenti, consentendomi di entrare in uno dei periodi più creativi della mia vita.
Durante i cinque anni successivi fondai un’azienda chiamata NeXT e poi un’altra chiamata Pixar, e mi innamorai di una donna meravigliosa che sarebbe diventata mia moglie. Pixar si è rivelata in grado di creare il primo film in animazione digitale, ‘Toy Story’, e adesso è lo studio di animazione di maggior successo al mondo. In un significativo susseguirsi degli eventi, Apple ha comprato NeXT, io sono tornato ad Apple e la tecnologia sviluppata da NeXT è nel cuore dell’attuale rinascimento di Apple. Mia moglie Laurene e io abbiamo una splendida famiglia. Sono sicuro che niente di tutto questo sarebbe successo se non fossi stato licenziato da Apple. È stata una medicina molto amara, ma ritengo che fosse necessaria per il paziente.
Qualche volta la vita ti colpisce come un mattone in testa. Non bisogna perdere la fede, però. Sono convinto che l’unica cosa che mi ha trattenuto dal mollare tutto sia stato l’amore per quello che ho fatto. Bisogna trovare quel che amiamo. E questo vale sia per il nostro lavoro che per i nostri affetti. Il nostro lavoro riempirà una buona parte della nostra vita, e l’unico modo per essere realmente soddisfatti è di fare quello che riteniamo essere un buon lavoro. E l’unico modo per fare un buon lavoro è amare quello che facciamo. Chi ancora non l’ha trovato, deve continuare a cercare. Non accontentarsi. Con tutto il cuore, sono sicuro che capirete quando lo troverete. E, come in tutte le grandi storie d’amore, diventerà sempre migliore mano a mano che gli anni passano. Perciò, bisogna continuare a cercare sino a che non lo si è trovato. Senza accontentarsi.

martedì 29 novembre 2011

L’INVITO - Onah Mountain Dreamer

Non mi interessa sapere qual è il tuo mestiere. Voglio sapere per cosa si strugge il tuo cuore, e se hai il coraggio di sognare l’incontro con ciò che esso desidera.
Non mi interessa sapere quanti anni tu abbia. Mi interessa sapere se correrai il rischio di fare la figura del pazzo per amore, per il tuo sogno, per l’avventura di essere vivo.
Non mi interessa sapere quali pianeti quadrano con la tua luna, voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore, se le difficoltà della vita ti hanno portato ad aprirti oppure a chiuderti in te stesso nel timore di soffrire ancora!
Voglio sapere se sei capace di stare nel tuo dolore, tuo e mio, senza nulla fare per nasconderlo, o allontanarlo o cristallizzarlo.
Voglio sapere se sei capace di stare nella gioia, tua e mia, se puoi scatenarti nella danza e lasciare che l’estasi ti invada fino alla punta delle dita dei piedi o delle mani, senza esortarci ad essere prudenti, realisti, o consapevoli dei limiti umani.
Non mi interessa sapere se la storia che mi racconti è vera. Voglio sapere se sei capace di deludere un altro per restare fedele a te stesso, e non tradire mai la tua anima a costo che altri ti chiamino traditore.
Voglio sapere se puoi essere di parola e quindi degno di fiducia.
Voglio sapere se se capace di trovare la bellezza anche nei giorni in cui il sole non splende  e se puoi trarre fonte per la tua vita dalla presenza Divina.
Voglio sapere se puoi vivere con il fallimento, il tuo e il mio, e nonostante stare in piedi, sulle sponde di un lago gridando: “Sì” al bagliore d’argento della luna piena.
Non mi interessa sapere dove vivi, né quanto denaro possiedi. Voglio sapere se dopo una notte disperata di pianto, sei capace di alzarti, così come sei, sfinito e con l’anima coperta di lividi, per metterti a fare quello che c’è da fare per i bambini.
Non mi interessa sapere chi conosci, né come mai ti trovi qui. Voglio sapere se starai in piedi con me al centro del fuoco, senza tirati indietro.
Non mi interessa sapere cosa hai studiato, né con chi e neppure dove. Voglio sapere cosa ti sostiene da dentro quando tutto il resto viene a mancare.
Voglio sapere se puoi stare solo con te stesso, e se la tua compagnia ti piace veramente nei momenti di vuoto.
Onah Mountain Dreamer, Sognatore delle montagne, anziano uomo di medicina nativo americano
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