Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber
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sabato 21 marzo 2015

BERENICE – Italo Calvino


Anziché dirti di Berenice, città ingiusta, che incorona con triglifi abachi metope gli ingranaggi dei suoi macchinari tritacarne (gli addetti al servizio di lucidatura quando alzano il mento sopra le balaustre e contemplano gli atri, le scalee, i pronai si sentono ancora più prigionieri e bassi di statura), dovrei parlarti della Berenice nascosta, la città dei giusti, armeggianti con materiali di fortuna nell'ombra di retrobotteghe e sottoscale, allacciando una rete di fili e tubi e carrucole e stantuffi e contrappesi che s'infiltra come una pianta rampicante tra le grandi ruote dentate (quando queste s'incepperanno, un ticchettio sommesso avvertirà che un nuovo esatto meccanismo governa la città); anziché rappresentarti le vasche profumate delle terme sdraiati sul cui bordo gli ingiusti di Berenice intessono con rotonda eloquenza i loro intrighi e osservano con occhio proprietario le rotonde carni delle odalische che si bagnano, dovrei dirti di come i giusti, sempre guardinghi per sottrarsi alle spiate dei sicofanti e alle retate dei giannizzeri, si riconoscano dal modo di parlare, specialmente dalla pronuncia delle virgole e delle parentesi; dai costumi che serbano austeri e innocenti eludendo gli stati d'animo complicati e ombrosi; dalla cucina sobria ma saporita, che rievoca un'antica età dell'oro: minestrone di riso e sedano, fave bollite, fiori di zucchino fritti.
Da questi dati è possibile dedurre un'immagine della Berenice futura, che ti avvicinerà alla conoscenza del vero più d'ogni notizia sulla città quale oggi si mostra. Sempre che tu tenga conto di ciò che sto per dirti: nel seme della città dei giusti sta nascosta a sua volta una semenza maligna; la certezza e l'orgoglio d'essere nel giusto - e d'esserlo più di tanti altri che si dicono giusti più del giusto - fermentano in rancori rivalità ripicchi, e il naturale desiderio di rivalsa sugli ingiusti si tinge della smania d'essere al loro posto a far lo stesso di loro. Un'altra città ingiusta, pur sempre diversa dalla prima, sta dunque scavando il suo spazio dentro il doppio involucro delle Berenici ingiusta e giusta.
Detto questo, se non voglio che il tuo sguardo colga un'immagine deformata, devo attrarre la tua attenzione su una qualità intrinseca di questa città ingiusta che germoglia in segreto nella segreta città giusta: ed è il possibile risveglio - come un concitato aprirsi di finestre - d'un latente amore per il giusto, non ancora sottoposto a regole, capace di ricomporre una città più giusta ancora di quanto non fosse prima di diventare recipiente dell'ingiustizia. Ma se si scruta ancora nell'interno di questo nuovo germe del giusto vi si scopre una macchiolina che si dilata come la crescente inclinazione a imporre ciò che è giusto attraverso ciò che è ingiusto, e forse è il germe d'un'immensa metropoli...
Dal mio discorso avrai tratto la conclusione che la vera Berenice è una successione nel tempo di città diverse, alternativamente giuste e ingiuste. Ma la cosa di cui volevo avvertirti è un'altra: che tutte le Berenici future sono già presenti in questo istante, avvolte l'una dentro l'altra, strette pigiate indistricabili.

Italo Calvino, Le città invisibili, p. 166-167 

domenica 25 gennaio 2015

NON FATEVI GIUSTIZIA DA VOI STESSI - Paolo di Tarso (5-10 d.C. - 64-67 d.C.)



Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all'ira divina. Sta scritto infatti: Spetta a me fare giustizia, io darò a ciascuno il suo, dice il Signore. Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene.

Paolo di Tarso, Lettera ai Romani 12, 17-21

martedì 20 gennaio 2015

COME SI FONDA UNA CIVILTA’ DELLA PACE? – Pierre Durrande


Una civiltà della pace si fonda su una duplice armonia: tra l’uomo e la terra, e tra l’uomo e se stesso, nell’unità tra maschile e femminile. Entrambi i tipi di armonia sono profondamente minacciati. I greci designavano quest’armonia a partire dalla radice ar’, che esprime l’accordo. Bellezza, virtù, piacere, buon funzionamento, armonia sono modi di declinare la giustizia, qui intesa nel senso di autenticità.

Pierre Durrande, L’arte di educare alla vita, p. 52 

domenica 14 dicembre 2014

MARIA, DONNA DI PARTE – Tonino Bello


No, non fu neutrale. Basta leggere il Magnificat per rendersi conto che Maria si è schierata. Ha preso posizione cioè dalla parte dei poveri, naturalmente. Degli umiliati e offesi di tutti i tempi. Dei discriminati dalla cattiveria umana e degli esclusi dalla forza del destino. Di tutti coloro, insomma, che non contano nulla davanti agli occhi della storia.
Non mi va di avallare certe interpretazioni che favoriscono una lettura puramente politica del Magnificat, quasi fosse, nella lotta continua tra oppressi e oppressori, una specie di marsigliese ante litteram del fronte cristiano di liberazione. Significherebbe ridurre di gran lunga gli orizzonti dei sentimenti di Maria, che ha cantato liberazioni più profonde e durature di quelle provocate dalle semplici rivolte sociali. I suoi accenti profetici, pur includendole, vanno oltre le rivendicazioni di una giustizia terrena, e scuotono l'assetto di ben più radicali iniquità.
Sta di fatto, però, che, sul piano storico, Maria ha fatto una precisa scelta di campo. Si è messa dalla parte dei vinti. Ha deciso di giocare con la squadra che perde. Ha scelto di agitare come bandiera gli stracci dei miserabili e non di impugnare i lucidi gagliardetti dei dominatori.
Si è arruolata, per così dire, nell'esercito dei poveri. Ma senza roteare le armi contro i ricchi. Bensì, invitandoli alla diserzione. E intonando, di fronte ai bivacchi notturni del suo accampamento, perché le udissero dall'alto, canzoni cariche di nostalgia. Ha esaltato, così, la misericordia di Dio. E ci ha rivelato che è partigiano anche Lui, visto che prende le difese degli umili e disperde i superbi nei pensieri del loro cuore; stende il suo braccio a favore dei deboli e fa rotolare i violenti dai loro piedistalli con le ossa in frantumi; ricolma di beni gli affamati e si diverte a rimandare i possidenti con un pugno di mosche in mano e con un palmo di naso in fronte.
Qualcuno forse troverà discriminatorio questo discorso, e si chiederà come possa conciliarsi la collocazione di Maria dalla parte dei poveri con l'universalità del suo amore e con la sua riconosciuta tenerezza per i peccatori, di cui i superbi, i prepotenti e i senza cuore sono la razza più inquietante.
La risposta non è semplice. Ma diventa chiara se si riflette che Maria non è come certe madri che, per amor di quieto vivere, danno ragione a tutti e, pur di non creare problemi, finiscono con l'assecondare i soprusi dei figli più discoli. No. Lei prende posizione. Senza ambiguità e senza mezze misure. La parte, però, su cui sceglie di attestarsi non è il fortilizio delle rivendicazioni di classe, e neppure la trincea degli interessi di un gruppo. Ma è il terreno, l'unico, dove lei spera che un giorno, ricomposti i conflitti, tutti i suoi figli, ex oppressi ed ex oppressori, ridiventati fratelli, possano trovare finalmente la loro liberazione.
Tonino Bello, Maria, Donna dei nostri giorni, Edizioni San Paolo


martedì 15 luglio 2014

LE RACCOMANDAZIONI – Maria Luisa Spaziani (1924-2014)


Quando insegnavo all’università avevo messo una legge personale sulle raccomandazioni. Al mio ritorno da Roma trovavo sempre il tavolo pieno di lettere, tutte raccomandazioni, allora avevo fatto affiggere in bacheca un avviso che diceva: per gli esami della professoressa Spaziani è proibito presentarsi senza raccomandazione.
Non capivano, dicevano: «Guardi che c’è un errore».
«Nessun errore» ribattevo io, «non presentatevi qui senza raccomandazione, così siete tutti uguali».
Allora un ragazzo si fa avanti e dice: «Signora, sono figlio di contadini, non conosciamo nessuno».
«Si faccia raccomandare da sua madre, suo padre… mi basta».
Di poche cose in vita mia sono stata orgogliosa come di questa trovata!
Rita Levi-Montalcini: Aggiungere vita ai giorni, a cura di Raffaella Ranise e Giuseppina Tripodi, Longanesi, Milano 2013, p. 126-127.


sabato 12 luglio 2014

AMA IL PROSSIMO TUO – Margherita Hack (1922-2013)


Insomma: ama il prossimo tuo come te stesso, cerca di essere giusto e corretto verso gli altri, non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te, accontentati di ciò che hai e sii solidale con gli altri: tutte idee su cui si possono impostare la propria vita e i propri rapporti con gli altri e con il mondo senza alcun bisogno di credere in Dio. Io sono completamente atea, ma vivo secondo coscienza e ritengo che l’uomo debba rispettare e amare il prossimo e ogni forma vivente.
Rita Levi-Montalcini: Aggiungere vita ai giorni, a cura di Raffaella Ranise e Giuseppina Tripodi, Longanesi, Milano 2013, p. 114.


mercoledì 9 luglio 2014

VALORI – Margherita Hack (1922-2013)


Quando penso ai valori, penso anzitutto alla libertà e alla giustizia. Bisogna rispettare la libertà degli altri e cercare di comportarsi con lealtà verso chi ci sta accanto. Poi viene l’affetto per il prossimo. Noi uomini, infatti, non siamo nati per stare soli, e l’amore per le persone che ci stanno intorno deve essere un punto centrale della nostra vita.
Rita Levi-Montalcini: Aggiungere vita ai giorni, a cura di Raffaella Ranise e Giuseppina Tripodi, Longanesi, Milano 2013, p. 114.


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