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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber
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venerdì 24 gennaio 2014

L'ANELLO DEBOLE - Stanislaw Jerzy Lec (1909-1966)


L’anello più debole della catena è anche il più forte, perché può spezzarla.

Stanislaw Jerzy Lec, Pensieri spettinati

venerdì 4 febbraio 2011

I CAPI TEMUTI E QUELLI CHE VOGLIONO ESSERE AMATI - Francesco Alberoni

Vi sono dei capi che preferiscono essere temuti, e altri che invece preferiscono essere amati.
Tutti ovviamente desiderano eccellere, essere ammirati, ma i primi vogliono anche reverenza, rispetto, timore. E' l'atteggiamento del professore che incute paura, davanti a cui ti mancano le parole. O del dirigente che esige un atteggiamento dimesso e, se lo contrasti, ti minaccia e non esita a licenziarti. E' convinto che la gente ubbidisce solo se teme di venir punita. Sicuro che molti aspirano a prendere il suo posto, diffida di loro. Guardando alla storia troviamo molti dittatori o sovrani, severi, che non hanno mai fraternizzato né con i compagni, né con il popolo. Pensiamo a Filippo II, o Francisco Franco.
Il secondo tipo umano, invece, desidera che la stima e l'ammirazione siano accompagnate da un caldo sentimento di affetto. Vorrebbe esser ubbidito perché la gente crede nella sua lungimiranza, nella sua buona fede, nella sua generosità. Vorrebbe essere amato ed ammirato come un grande attore per la sua bravura. Sta volentieri con i suoi compagni, cerca il contatto col popolo. Ci sono imprenditori di questo tipo. Ma soprattutto grandi generali che stavano in mezzo ai loro soldati, oppure leader popolari come Evita Peron.
Non si tratta solo di due diversi stili di comando, ma di due diverse personalità.
Il primo è introverso, freddo, sospettoso, dotato di un ferreo autocontrollo. Non mostra le sue emozioni. Non ama la compagnia, non ammette persone estranee in famiglia, non si confida con nessuno, non chiede consigli. Pensa sempre di risolvere i problemi con la forza. Decide da solo e non avverte gli altri delle sue decisioni. Non sopporta di essere contrariato. Non si fida degli uomini, li teme. Odia gli avversari, annienta i nemici vinti. Non prova riconoscenza e non crede nella riconoscenza altrui. I capi di questo tipo hanno diversi vantaggi: non si fanno cogliere di sorpresa e, poiché distruggono gli avversari, non corrono il pericolo di essere traditi. Hanno anche due debolezze. Non informando, non chiedendo consigli, possono fare errori grossolani che nessuno corregge. Inoltre, non essendo amati, non appena le cose vanno male tutti li abbandonano.
Il secondo tipo umano, invece, è estroverso, emotivo e non si vergogna di mostrare le proprie emozioni. E' estremamente sicuro di sé, delle proprie capacità. Accoglie in casa collaboratori ed amici e, sul lavoro, opera in gruppo. Domanda a tutti il loro parere, discute i problemi. Poiché vuol essere amato, è cordiale, generoso, vuol sempre mettere d'accordo tutti. Cerca di ingraziarsi anche i nemici. Dà fiducia e ci resta malissimo quando l'altro non corrisponde alle sue aspettative o lo tradisce. Non è vendicativo e dimentica i torti subiti. E' entusiasta e trasmette entusiasmo. I capi di questo tipo, nei momenti di disgrazia, possono sempre contare sulla dedizione dei loro fedeli. Hanno però due debolezze. Poiché vogliono sentirsi amati, fanno fatica a prendere misure drastiche o impopolari, inoltre si illudono di conquistare i nemici con la gentilezza e la generosità. Così, rischiano di venir uccisi, come Cesare, proprio da coloro che hanno beneficato.

Francesco Alberoni da "Il Corriere della Sera" del 20 ottobre 2003

giovedì 30 aprile 2009

12. LEADERSHIP E RESPONSABILITA' - Francesco Callegari

La leadership diffusa
La complessità della nostra attuale Istituzione scolastica ha richiesto, già a partire dall’inizio dell’anno scolastico, una struttura organizzativa basata sull’autonomia funzionale dei singoli plessi e sulla distribuzione dei centri di responsabilità.
La letteratura relativa alla scienza delle organizzazioni rileva come tutte le organizzazioni moderne facciano ampiamente uso della delega delle responsabilità, con una catena gerarchica che tende a divenire sempre più appiattita. Con la diffusione dei centri di responsabilità all’interno delle organizzazioni complesse ci troviamo di fronte a un numero sempre maggiore di figure che, a vari livelli, hanno compiti di guida. Il vantaggio di una tale soluzione consiste nel fatto che la guida accompagna un gruppo di persone, più o meno ampio, verso il raggiungimento di obiettivi non conseguibili tramite i convenzionali metodi di comando e coordinamento gerarchico. E proprio la presenza di una leadership diffusa diventa condizione indispensabile per dare alle organizzazioni la capacità di affrontare i cambiamenti[1].
Per quanto ci riguarda, lo strumento della delega si è reso indispensabile per garantire nel quotidiano sia il coordinamento delle attività e del personale nei singoli plessi sia l’effettivo controllo di tutti quei compiti connessi al funzionamento del plesso stesso. E’ infatti umanamente impossibile che il dirigente, in prima persona, possa essere costantemente o tempestivamente presente in tutte le sedi scolastiche (distribuite tra Camposampiero, Rustega e Padova), per tutto il tempo scuola (dal mattino alla sera tardi) e per tutto l’anno solare (l’ufficio funziona anche durante le vacanze estive, quelle di Natale e di Pasqua). Oltretutto, in un momento storico per la scuola italiana in cui le incombenze d’ufficio e i compiti di carattere amministrativo e gestionale diventano sempre più rilevanti e pressanti. D’altro canto, non è possibile ipotizzare un plesso lasciato senza guida: proprio per questa ragione, una funzione vicaria di guida e di coordinamento è stata individuata nel responsabile di plesso, figura scelta dai docenti stessi tra i colleghi e investita dal dirigente di poteri delegati finalizzati al coordinamento del personale e al buon funzionamento della scuola. 
In una lettera inviatavi alcuni mesi fa, sottolineavo l’importanza rivestita da questa figura: “La figura chiave nella nuova organizzazione è rappresentata dal responsabile di plesso. Sarà il responsabile di plesso infatti ad affrontare tutte le problematiche del quotidiano, ad accogliere e valutare in prima istanza le richieste dei docenti (tranne naturalmente quelle riservate e personali) e a dare una prima risposta in base alle procedure concordate con il dirigente scolastico. Il responsabile di plesso e i collaboratori del dirigente saranno le figure che si assumeranno in prima persona il compito di dare una prima risposta dal punto di vista organizzativo”.
L’autorità
Ora vi invito a considerare tale figura anche sotto l’aspetto formale dell’autorità che gli deriva da una precisa delega del dirigente. Il trasferimento, temporaneo e circostanziato, di alcuni aspetti dell’autorità dirigenziale consente al responsabile di plesso di agire in nome e per conto del dirigente: nei casi di coordinamento dell’attività del plesso, di controllo del personale e di organizzazione del servizio scolastico il responsabile di plesso fa le veci del dirigente. Le richieste, gli inviti e i richiami rivolti ai docenti e al personale ausiliario sono da considerarsi come provenienti dal dirigente stesso e come tali devono essere accolti e assecondati. Anche se i toni e le modalità utilizzate dal responsabile di plesso saranno chiaramente più amichevoli e ufficiosi rispetto a quelli che il dirigente potrebbe utilizzare, gli effetti dovranno essere i medesimi.
La responsabilità diffusa
Vi invito pertanto a considerare il responsabile di plesso e il suo vice come figure essenziali al buon funzionamento del plesso, a facilitare e sostenere il loro lavoro, nella consapevolezza che tutte le loro decisioni sono prese in buona fede e a favore dell’Istituzione scolastica alla quale apparteniamo. Essi dovranno “sentire” che le loro scelte sono comunque appoggiate e sostenute da tutti, in primis dal dirigente, anche in caso di insuccesso.
Da parte mia, con questa lettera desidero ringraziare i responsabili di plesso e i loro vice per il lavoro che svolgono, per la loro preziosa opera di collaborazione e per quanto hanno fatto in questi mesi a favore della scuola e dei loro colleghi. Se le cose nei plessi sono andate bene, il merito è da ascriversi in gran parte alla loro costante opera di negoziazione, alla loro continua attenzione ai fatti del plesso, alla loro appassionata volontà di risolvere i problemi. Nei nostri incontri di staff, ho colto la loro tensione ad ascoltare attivamente e a rispondere cercando di capire non solo il contenuto, ma le emozioni che lo hanno generato. Perché le organizzazioni non sono fatte di persone, le organizzazioni sono le persone che le compongono e il sistema di relazioni che le lega tra loro. 
Appunto per questo, gli altri docenti e tutto il personale non possono pensare di essere esonerati dalla responsabilità legata al far parte di una organizzazione così complessa. Non vorrei offendere nessuno se cito l’esempio di una grande donna. Al giornalista che le chiedeva cosa non andasse nella Chiesa di oggi, sperando in uno scoop rilanciato dalle agenzie di tutto il mondo, madre Teresa di Calcutta rispondeva: "Cosa non va nella Chiesa? Lei ed io, fratello!".

Un augurio di buon lavoro dal vostro
Francesco Callegari
Dirigente Scolastico



[1] Si veda Agostino La Bella, Leadership, Apogeo, Milano 2005.
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