Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber
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martedì 10 maggio 2016

UN PREMIO PER OGNI RISPOSTA GIUSTA - Marshall B. Rosenberg (1934-2015)

Sono andato a scuola per ventuno anni e non mi ricordo che mi abbiano mai chiesto, neanche una volta, quali erano i miei bisogni.
La mia educazione non si concentrava sull’aiutarmi a essere più vivo, più in contatto con me stesso e con gli altri. Era orientata, invece, a premiarmi per avere dato risposte giuste, cosi come erano definite dalle ‘autorità’.
Marshall B. Rosenberg, Spiritualità pratica, Edizioni Esserci, Reggio Emilia 2007, p. 31-32


sabato 23 aprile 2016

45. RIFLESSIONI AL MARGINE DEL BONUS PREMIALE PER I DOCENTI - Francesco Callegari


AVVERTENZE D’USO

Se dovessimo descrivere la Scuola italiana, come del resto tutta la nostra società,  ci affideremmo per lo più a termini quantitativi e declineremmo la situazione attuale attraverso numeri e indici, rilevazioni e statistiche, voti e punteggi. Questa esasperata attenzione alla quantità sottintende la semplicistica, se non erronea convinzione, che la quantità rispecchi la qualità. D’altra parte, la difficoltà di tener conto di tutto ciò che non è riconducibile alla quantità, ha portato nel tempo all’idea che la realtà stessa abbia valore solo se può essere misurata.

IL TEMA DELLA QUALITA’

Giorno dopo giorno, mi convinco però sempre più che una scuola di qualità non è tanto quella descritta attraverso i numeri, quanto quella basata sui principi e costruita intorno alle relazioni. E’ nella relazione con la terra che il principio vitale contenuto nel seme germoglia, e la ghianda diventa quercia; è nella relazione con il “maestro” che avviene nell’allievo il miracolo della crescita e dell’apprendimento; è abitando in prima persona la relazione che noi adulti possiamo essere esempio di pace e di convivenza civile per le future generazioni. Possiamo avere in classe i computer più potenti, le lavagne interattive più sofisticate, le tecnologie più avanzate, ma bambini e ragazzi potranno trovare nutrimento per la loro crescita solo vivendo la giornata scolastica con insegnanti in grado di accoglierli e ascoltarli. Possiamo avere i docenti più preparati nella loro disciplina, ma, se non sanno costruire relazioni, questa organizzazione a legami deboli diventa un’orchestra di violini senza corde.
Per questo, vorrei che nella nostra scuola fossero cablati i cuori, prima che i computer.

IL MOMENTO DELLA QUANTITA’

Ora, con la distribuzione del bonus premiale, è richiesto di assegnare una determinata quantità (di denaro) a una certa qualità (di prestazione), forzando in tal modo un’operazione tra unità di misura differenti. Già nel 1945, il filosofo francese René Guénon ci metteva in guardia contro le illusioni della statistica:
Le statistiche consistono soltanto nel contare un numero più o meno grande di fatti, supposti tutti completamente simili tra loro, ché, diversamente, la loro somma non avrebbe significato alcuno; ed è evidente che a questo modo si ottiene soltanto un’immagine della realtà tanto più deformata quanto più i fatti in questione non sono effettivamente simili e paragonabili che in misura minima, cioè quanto più considerevoli sono l’importanza e la complessità degli elementi qualitativi che essi implicano”.
Siamo coscienti di questo pericolo, ma siamo d’altronde anche convinti di dover trovare il modo più consono per rispettare il senso della legge. Questa necessità, comporta almeno tre difficoltà di cui dobbiamo essere consapevoli.
Prima difficoltà: la reale conoscenza. Il direttore di una filiale di banca è senza dubbio in grado di valutare l’impegno, la produttività e la disponibilità degli impiegati con i quali lavora fianco a fianco ogni giorno. Nella nostra organizzazione, il lavoro è spesso distribuito su diverse sedi operative, dislocate su un territorio anche vasto e per la maggior parte lontane dalla presidenza. Non è facile, per un dirigente scolastico, conoscere a fondo il lavoro quotidiano di centinaia di docenti in Istituti come i nostri, che hanno ormai raggiunto le dimensioni e la complessità di una media azienda. E, il cielo non voglia, in Istituti dove ci rechiamo come reggenti solo un paio di giorni la settimana.  
Seconda difficoltà: la reale oggettività. Non è nel nostro mandato elargire discrezionalmente denaro al pari del privato datore di lavoro: ciò che amministriamo non fa infatti  parte del nostro patrimonio personale, bensì appartiene al contribuente italiano.
Terza difficoltà: il reale funzionamento. La salvaguardia delle relazioni è fondamentale all’interno di un’organizzazione complessa come la scuola dove i legami sono talmente deboli da rendere sempre precaria la tenuta del sistema. Nessuna azione del dirigente deve far sorgere il sospetto che si stia guardando il dito e non la luna. E’ necessario operare sempre con grande sensibilità e intelligenza al fine di mantenere tutti uniti nel cammino verso gli obiettivi comuni.

L’ANELLO DI CONGIUNZIONE

Il ponte tra il versante della qualità e quello della quantità potrebbe essere individuato nel Piano di miglioramento, già condiviso in Collegio dei docenti. Il Piano potrebbe effettivamente rappresentare lo strumento di traduzione del linguaggio qualitativo, delineato nelle Linee di indirizzo del dirigente scolastico, nel linguaggio quantitativo, vale a dire negli obiettivi che la scuola si propone di conseguire attraverso le azioni concrete previste nel Piano triennale dell’offerta formativa.
Le Linee di indirizzo (sul versante della qualità), e il Piano triennale dell’offerta formativa (su quello della quantità), diventano così i confini di coerenza entro cui il scorre il fiume dei criteri, “stringenti, puntuali, rilevabili, misurabili, valutabili”, individuati dal Comitato. Sta a ciascuno di noi far sì che l’acqua di questo fiume scorra non per fare danni, ma per dissetare e irrigare. 

Francesco Callegari

martedì 10 settembre 2013

36. LE FAVOLE E I DRAGHI - Francesco Callegari


Le favole non dicono ai bambini che i draghi esistono. 
Perché questo i bambini lo sanno già. 
Le favole dicono ai bambini che i draghi possono essere sconfitti. 

Gilbert Keith Chesterton (1874-1936), Tremendous Trifles, 1909 

“Questo esercizio non mi riesce proprio”. “Oh no! Ancora in banco con quel compagno”. “E’ sempre più pesante lavorare con quel collega”. “Le cose con mio marito non vanno per niente bene”. “In questo Paese non c’è niente che funzioni!”.
Che i draghi esistano, nessuno lo ha mai messo in dubbio. Li incontriamo ogni giorno: nelle situazioni difficili, nei compiti faticosi, nelle relazioni problematiche, nelle persone antipatiche, nei colleghi indisponenti, nella malattia, nelle perdite …
Ma la prima bella notizia è che i draghi possono essere sconfitti. Certo, bisogna mettersi in gioco, bisogna combattere. Se impauriti gli voltiamo le spalle, possiamo star certi di venire inceneriti all’istante: il drago non aspetta altro. “Ah, se in classe avessi altri compagni o altri professori …”. “Sono proprio questi colleghi che mi impediscono di lavorare bene”. “Se facessi un altro lavoro, allora sì che potrei esprimermi al meglio”.
E’ l’atteggiamento di rinuncia a farci bruciare dal drago.
Il primo passo per vincerlo è allora quello di riconoscerlo, dargli l’importanza che si merita e fargli sapere che ci siamo. Dobbiamo fargli capire che conosciamo la sua forza e siamo pronti ad affrontarlo alla pari. Tutto questo implica un grande lavoro per noi: se rimaniamo fermi come siamo, non potremo che soccombere. Dobbiamo essere agili sulle gambe, sempre in guardia e in movimento, dobbiamo essere pronti a cambiare strategia, armi, tempi. In tutto questo, è chiaro che non dobbiamo aspettarci che sia il drago a cambiare: la situazione, il compito, il collega, il compagno, la malattia, la perdita sono quelli e molto probabilmente non cambieranno. In questo atteggiamento positivo, in questa tensione verso il cambiamento di noi stessi, e non dell’altro, sta la parte che ci compete, la nostra battaglia.
Affrontare il drago significa allora prima di tutto conoscere se stessi, avere la consapevolezza di chi siamo e cosa siamo in grado di fare, saggiare la nostra forza e le nostre potenzialità. E questa è già una grande sfida.
Ma non saremo soli: fin dall’inizio del nostro cammino avremo intorno a noi persone che ci indicheranno la strada, che ci sosterranno con le parole e l’aiuto, che ci daranno forza con le armi dell’amicizia e dell’affetto. Accogliamo la loro presenza e siamo grati a questi fidati scudieri, siano essi i nostri insegnanti, i nostri colleghi, i nostri compagni, i nostri amici…
E’ il primo regalo che l’incontro con il drago ci fa.
La seconda bella notizia è che ogni drago custodisce un tesoro. Il drago è messo apposta lì a guardia per difenderlo, ma anche per consegnarlo al cavaliere che lo merita.
E sarà un tesoro diverso per ciascuno di noi. Sarà il tesoro che ci serve in quel preciso momento della nostra vita.
Auguro a tutti noi di trovarlo.
Francesco Callegari

12 settembre 2013  

venerdì 16 dicembre 2011

IL CLUB DEL 99 - Bruno Ferrero


C'era una volta un re molto triste che aveva un servo molto felice che circolava sempre con un grande sorriso sul volto. «Paggio», gli chiese un giorno il re, «qual è il segreto della tua allegria?».
«Non ho nessun segreto. Signore, non ho motivo di essere triste. Sono felice di servirvi. Con mia moglie e i miei figli vivo nella casa che ci è stata assegnata dalla corte. Ho cibo e vestiti e qualche moneta di mancia ogni tanto».
Il re chiamò il più saggio dei suoi consiglieri: «Voglio il segreto della felicità del paggio!».
«Non puoi capire il segreto della sua felicità. Ma se vuoi, puoi sottrargliela».
«Come?».
«Facendo entrare il tuo paggio nel giro del novantanove».
«Che cosa significa?».
«Fa' quello che ti dico...».
Seguendo le indicazioni del consigliere, il re preparò una borsa che conteneva novantanove monete d'oro e la fece dare al paggio con un messaggio che diceva: «Questo tesoro è tuo. Goditelo e non dire a nessuno come lo hai trovato».
Il paggio non aveva mai visto tanto denaro e pieno di eccitazione cominciò a contarle: dieci, venti, trenta, quaranta, cinquanta, sessanta...novantanove! 
Deluso, indugiò con lo sguardo sopra il tavolo, alla ricerca della moneta mancante. «Sono stato derubato!» gridò. «Sono stato derubato! Maledetti!». Cercò di nuovo sopra il tavolo, per terra, nella borsa, tra i vestiti, nelle tasche, sotto i mobili... Ma non trovò quello che cercava. Sopra il tavolo, quasi a prendersi gioco di lui, un mucchietto di monete splendenti gli ricordava che aveva novantanove monete d'oro. Soltanto novantanove. «Novantanove monete. Sono tanti soldi», pensò. «Ma mi manca una moneta. Novantanove non è un numero completo» pensava. «Cento è un numero completo, novantanove no».
La faccia del paggio non era più la stessa. Aveva la fonte corrugata e i lineamenti irrigiditi. Stringeva gli occhi e la bocca gli si contraeva in una orribile smorfia, mostrando i denti. Calcolò quanto tempo avrebbe dovuto lavorare per guadagnare la centesima moneta, avrebbe fatto lavorare sua moglie e i suoi figli. Dieci dodici anni, ma ce l'avrebbe fatta!
Il paggio era entrato nel giro del novantanove...
Non passò molto tempo che il re lo licenziò. Non era piacevole avere un paggio sempre di cattivo umore.

Bruno Ferrero, in Ma noi abbiamo le ali

E se ci rendessimo conto, così di colpo, che le nostre novantanove monete sono il cento per cento del tesoro. E che non ci manca nulla, nessuno ci ha portato via nulla, il numero cento non è più rotondo del novantanove. È soltanto un tranello, una carota che ci hanno messo davanti al naso per renderci stupidi, per farci tirare il carretto, stanchi, di malumore, infelici e rassegnati. Un tranello per non farci mai smettere di spingere.

sabato 15 ottobre 2011

I PREMI E LO SPORT A SUMMERHILL - Alexander S. Neill


Talvolta sono nate accese discussioni sull'incoerenza che dimostriamo assegnando i premi nelle gare sportive. L'incoerenza starebbe nel fatto che rifiutiamo risolutamente di dare voti o riconoscimenti nelle materie scolastiche, con la motivazione che una cosa va fatta per se stessa e non in vista di un premio. Questo è indubbiamente vero: spesso ci siamo domandati perché sia giusto dare un premio in una gara di tennis e ingiusto darlo in geografia. Suppongo che la risposta sia che una partita di tennis è naturalmente competitiva e ha per scopo il superare l'avversario. Questo non vale nello studio della geografia. Se imparo la geografia, non mi importa che gli altri ne sappiano più o meno di me. In ogni caso, è un fatto che i bambini vogliono i premi nelle gare sportive e non li vogliono nelle materie di scuola, perlomeno qui da noi.
A Summerhill si attribuisce allo sport il giusto valore, ma un bambino che non gioca mai nelle partite non viene guardato dall'alto in basso e considerato inferiore. "Vivi e lascia vivere" è un motto che trova la sua ideale attuazione solo quando i bambini sono liberi di essere se stessi.

Alexander S. Neill, I ragazzi felici di Summerhill, p. 99-101

venerdì 25 marzo 2011

REGOLAMENTO DISCIPLINA ALUNNI - Avv. Laura Paolucci

Seminario formativo "La funzione dirigenziale nell'attuale contesto normativo"
"Statuto delle studentesse e degli studenti, Il Codice disciplinare"    
Padova, 25 marzo 2011


Intervento dell'avvocato Laura Paolucci
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domenica 27 febbraio 2011

21. I 10 SECONDI DI RUSSEL BARKLEY - Francesco Callegari

Russel Barkley è un neuropsichiatra americano di fama internazionale che si occupa dello studio del Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività, altrimenti conosciuto come ADHD. Nel corso di un convegno sul tema, tenutosi a Vicenza il 25 e il 26 febbraio, Barkley ha presentato tre relazioni molto dettagliate, dalle quali sono emersi spunti di riflessione estremamente interessanti. In particolare, Barkley si è soffermato su alcune recenti evidenze scientifiche, le quali mettono in luce una correlazione significativa tra ADHD e deficit nel funzionamento esecutivo e nell’autoregolazione emotiva. Sono stati forniti numerosi spunti operativi su come affrontare a scuola queste problematiche, ma ora vorrei soffermarmi su alcune considerazioni utili anche alla normale gestione delle relazioni quotidiane di noi adulti con i bambini/ragazzi, soprattutto per quanto riguarda il sistema premi-punizioni.
Sono rimasto molto colpito quando il prof. Barkley ci ha spiegato che il tempo che deve intercorrere tra una mancanza e il rimprovero, affinché questo sia realmente efficace dal punto di vista comportamentale, deve essere al massimo di … 10 secondi!
In effetti, i bambini della mia generazione imparavano in breve tempo e a loro spese che, ogniqualvolta combinavano qualcosa che non trovava la piena approvazione della madre, la fatale conseguenza sarebbe stata uno scapaccione diretto e immediato: il segnale “fisico” di disapprovazione rientrava all’interno del programma educativo genitoriale. Il carattere coerente e costante di una tale punizione era quello dell’immediatezza. Poi, in un secondo momento, se ne sarebbe parlato e, dopo la dettagliata accusa e la necessaria difesa, ci veniva comminata la giusta sanzione (a letto prima di Carosello!).
Al di là della modalità brusca legata al contesto storico, i due momenti distinti, del rimprovero e del “castigo”, erano per noi molto chiari: la punizione legata al rimprovero calava immediata come un fulmine a ciel sereno a sottolineare la disapprovazione per la scorrettezza della nostra azione, mentre il castigo era qualcosa che veniva in un secondo momento, a bocce ferme.
La domanda sorge allora spontanea: quali potranno essere, nelle nostre scuole, le punizioni veramente efficaci se le sanzioni che comminiamo raggiungono il ragazzo solamente dopo giorni e anche settimane o mesi dal momento in cui è avvenuto il fatto? Naturalmente non sto parlando di punizioni corporali, ci mancherebbe, ma ciò non toglie che dobbiamo interrogarci sulle modalità più efficaci per aiutare i ragazzi a riconoscere e modificare i comportamenti non accettabili. La nostra azione deve infatti rivestire prima di tutto caratteri educativi. Anche le stesse note sul libretto o sul registro non esprimono una punizione in sé, ma piuttosto la memoria di un fatto nell’attesa di una sanzione che verrà. E la sanzione verrà, dopo aver convocato il consiglio di classe, ben oltre i 10 secondi.
La sfida diventa allora quella di riuscire a contemperare efficacemente il fine educativo del rimprovero con il fine riparatorio ed esemplare della sanzione in seguito a un comportamento antisociale.
Ribadendo che l’immediatezza del giudizio è la chiave per ottenere la disciplina, Il prof. Barkley ci offre alcuni suggerimenti al riguardo: per esempio, i richiami diretti e privati, oppure il far eseguire un compito in un banco in fondo all’aula dove l’alunno racconta quello che ha fatto di sbagliato e si dà una valutazione, oppure scrive una serie di motivazioni in base alle quali non deve mettere in atto quel determinato comportamento. Nei casi più gravi, l’alunno viene sospeso seduta stante dalle attività della classe e condotto in un luogo di “raffreddamento”, da definire preventivamente.
Ma, ha aggiunto il prof. Barkley, tutto questo deve avvenire all’interno di un sistema di insegnamento basato su incentivi, dove il rapporto tra premi assegnati e punizioni inflitte sia almeno di 2:1. Barkley suggerisce di aumentare le lodi in caso di comportamenti corretti, mostrare apprezzamento nei momenti di buon lavoro della classe o nei confronti di chi si comporta bene; adottare un sistema di gettoni o di punti da incrementare in caso di performances positive o da decrementare in caso di negative; introdurre lavori di gruppo con le relative premiazioni; organizzare le attività della classe in modo da consentire un frequente accumulo di premi; usare una tabella di rilevazione quotidiana dove registrare i punteggi per esempio sulla partecipazione in classe, l’esecuzione dei compiti in classe, il rispetto delle regole della classe, l’accordo e la collaborazione con i compagni, l’esecuzione dei compiti a casa.
Sono indicazioni di cui far tesoro, sicuramente da adattare alle singole realtà anche rispetto all’età dei ragazzi e al tipo di responsabilità loro richiesta, ma preziose in quanto ci aiutano a tener conto e ad approfondire alcuni meccanismi di risposta che non sempre ci sono noti. Una riflessione al riguardo sarà indispensabile anche a livello di Consiglio di Istituto nel momento della elaborazione del nuovo Regolamento di Disciplina.
Francesco Callegari
Dirigente Scolastico
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