Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber
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domenica 15 aprile 2018

ANTICA BENEDIZIONE



Ho liberato i miei genitori dalla sensazione di avere fallito con me.
Ho liberato i miei figli dal mio bisogno di essere orgogliosa di loro, affinché possano scrivere e percorrere le loro vie secondo i loro cuori, che sussurrano tutto il tempo alle loro orecchie.
Ho liberato il mio uomo dall'obbligo di completarlo e di completarmi. Non mi manca niente, e ogni giorno imparo qualcosa, insieme a tutti gli esseri, sia da quelli che mi piacciono e sia quelli che non mi piacciono.
Ringrazio i miei nonni e gli antenati che si sono uniti affinché io oggi respiri la Vita. Li libero dai fallimenti del loro passato e dai desideri che non hanno portato a compimento. Sono consapevole che hanno fatto del loro meglio per risolvere i problemi nel momento in cui li stavano vivendo. Li onoro, li amo e li riconosco innocenti.
Io mi spoglio davanti ai vostri occhi, affinché sappiate che nulla nascondo e che desidero essere fedele solo a me stessa e alla mia esistenza. Camminando con la saggezza del cuore, sono consapevole che il mio unico dovere è perseguire il mio progetto di vita, libera da legami familiari invisibili e visibili che possano turbare la mia pace e felicità. Queste sono le mie uniche responsabilità.
Rinuncio al ruolo di Salvatrice, di essere colei che unisce o soddisfa le aspettative degli altri. Benedico la mia essenza e il mio modo di esprimerla attraverso, e soltanto attraverso, l’amore, anche se qualcuno potrebbe non capirmi.
Capisco me stessa, perché solo io ho vissuto e sperimentato la mia storia; perché mi conosco, so chi sono, quello che sento, quello che faccio e perché lo faccio. Mi rispetto e mi approvo.
Onoro il divino che è in me e che è in te. E che ci rende liberi.

Antica Benedizione dedicata alla dea IxChel e tradotta e adattata dalla lingua Nahuatl parlata, a partire dal VII secolo, nella Regione Centrale del Messico.


domenica 8 aprile 2018

PREGHIERA SEMPLICE



O Signore, fa' di me uno strumento della tua Pace:
Dove è odio, fa' ch'io porti l'amore.
Dove è offesa, ch'io porti il perdono.
Dove è discordia, ch'io porti l'unione.
Dove è dubbio, ch'io porti la fede.
Dove è errore, ch'io porti la verità.
Dove è disperazione, ch'io porti la speranza.
Dove è tristezza, ch'io porti la gioia.


martedì 20 dicembre 2016

47. PASSO DI DANZA - Francesco Callegari


“Adesso sono lieve, adesso io volo,
adesso vedo al di sotto di me,
adesso è un dio a danzare
se io danzo"

F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra


Il nostro destino di viaggiatori conosce il peso del bagaglio che sempre ci accompagna. Brandelli di rimpianti o rimorsi per ciò che è stato, o non è stato. Panni stesi ad asciugare lungo il filo della vita e più ritirati. E il filo è diventato tanto pesante e lasco da sfiorare la terra e imbrattare pure l'orlo delle vesti di oggi. Come chi se l'appende all'orecchio o se la lega al dito trascinando code che intralciano e rallentano il cammino di chi le porta e di chi le incrocia. Il passato è corpo di sale, ne sa qualcosa la moglie di Lot, statua ormai bloccata dal peso di ciò che non ha potuto, o voluto, lasciare andare.

Dio è amore perché non ha memoria. È il dio che danza. E del movimento andato rimane solo scia che si perde nell'aria, e il gesto che verrà è già presenza. È fluire senza frenare, andare libero e giocoso, è incontrare con occhi sempre nuovi, spalancati di fame e meraviglia. 

Il presente è il passo di oggi, passo di danza, passo di fatica in passo di speranza.

Buon Natale, buona Danza.
Francesco Callegari


Natale 2016

giovedì 7 aprile 2016

PERDONO 2/2 – Christophe André


L’importanza del perdono viene celebrata da tutte le grandi tradizioni filosofiche e religiose, ma è stato forse il buddhismo ad avere elaborato le immagini più potenti e istruttive, come in questa affermazione del Buddha: “Aggrapparsi all’odio e al risentimento è come afferrare un tizzone ardente per bruciare qualcuno: nel frattempo ci si brucia da se stessi”.
Bisogna riuscire a vedere il perdono non come una rinuncia (alla punizione o alla vendetta), ma come un sollievo e una liberazione (dal risentimento). Tuttavia non offre alcun beneficio, né personale né sociale, se non è frutto di una scelta libera e consapevole.
Christophe André, E non dimenticarti di essere felice, Mondadori, Milano 2015, p. 251-252.


mercoledì 6 aprile 2016

PERDONO 1/2 – Christophe André


Spesso l’incapacità di perdonare ci priva di numerosi momenti felici. Non parlo dei casi in cui il perdono è oggettivamente difficile, quando per esempio siamo aggrediti in modo violento o un nostro congiunto subisce un torto irreparabile. Parlo dei micro perdoni quotidiani: una frase malaccorta, un rifiuto, un errore, ecc.
Perdonare non significa cancellare ciò che ci è stato fatto, ma solo decidere di non restare prigionieri del risentimento, di non prolungare il nostro dolore, di non crearci con le nostre mani motivi di sofferenza. Aggrapparsi all’offesa vuol dire aggrapparsi alla sofferenza.
Si può benissimo perdonare qualcuno senza riconciliarci con lui, limitandoci a dire a noi stessi: “Basta, è passata, non intendo vendicarmi o punirlo”.
Christophe André, E non dimenticarti di essere felice, Mondadori, Milano 2015, p. 251.


venerdì 12 febbraio 2016

LA CONDOTTA DEL SAGGIO – Gabriella Caramore

Sconfiggere l’ira, perdonare: questa è la condotta del saggio. Non è accumulando ira che si sconfigge l’ira. Non è con altro male che si cancella il male. Non con la rivolta si vince l’umana fragilità. Ma con l’accoglienza paziente di ciò che accade.

Gabriella Caramore, Pazienza, Il Mulino, Bologna 2014, p. 43.

giovedì 11 febbraio 2016

QUESTO MONDO E’ DEI PAZIENTI - dal Mahabharata

Questo mondo è dei pazienti; quello di là è dei pazienti. In questo mondo ottengono il rispetto universale; in quello di là hanno accesso al cammino propizio.
Gli uomini che tengono sempre sotto controllo la propria ira mediante la pazienza hanno accesso ai mondi supremi: per questo la pazienza è stimata come la suprema virtù.

Arjuna e l'uomo della montagna (dal Mahabharata), a cura di Alberto Pelissero, Il Leone verde, Torino 1997, p. 113

mercoledì 10 febbraio 2016

IL PERDONO E’ PROPRIO DELL’ESSERE SUPERIORE - dal Mahabharata

Un uomo deve esercitare il perdono e la pazienza in ogni caso avverso, giacché la pazienza è l’esistenza stessa degli esseri, ciò che è proclamato essere la loro nascita.
Un uomo insultato, percosso, spinto all’ira da uno più forte, se riesce a perdonarlo, e a sconfiggere l’ira per sempre, è un saggio, un individuo superiore.

Arjuna e l'uomo della montagna (dal Mahabharata), a cura di Alberto Pelissero, Il Leone verde, Torino 1997, p. 112

lunedì 9 novembre 2015

NON PARLO MALE DI NESSUNO - Dale Carnegie (1888-1955)


Benjamin Franklin, così irruente da giovane, divenne tanto diplomatico da vecchio e così abile nel trattare la gente, che venne mandato in Francia come ambasciatore. Il segreto del suo successo? Svelò: “Non parlo male di nessuno e dico di tutti tutto il bene possibile”.
Tutti gli sciocchi sono capaci di condannare, criticare, recriminare; e la maggior parte lo fa. Ma ci vuole carattere e autocontrollo per capire e perdonare.

Dale Carnegie, Come trattare gli altri e farseli amici, 1936, ed. it. Bompiani, Milano 2001, p. 37.

sabato 13 dicembre 2014

IL PERDONO – Massimo Gramellini


Non esiste una gomma per cancellare i ricordi.
Però esiste qualcosa che può ripulirli da tutto il dolore che contengono.

Massimo Gramellini, L’ultima riga delle favole, p. 115.

sabato 30 agosto 2014

INTELLIGENZA EMOTIVA 2. ESSERE PRONTI A PERDONARE, MA NON A DIMENTICARE - Travis Bradberry


L e persone emotivamente intelligenti sono pronte a perdonare, ma non per questo dimenticano tutto. Il perdono consente di accantonare quello che è successo in modo da poter andare avanti, ma il ricordo aiuta a non ritrovarsi ancora inutilmente impantanati a causa degli errori altrui.
Travis Bradberry, autore di Intelligenza emotiva 2.0 , ci parla delle nove trappole che le persone emotivamente  intelligenti evitano accuratamente.

Tratto da Forbes

domenica 3 novembre 2013

SEMPLICI CONSIGLI - Dalai Lama


Essere buoni, sinceri, avere pensieri positivi,
perdonare chi ci ha fatto un torto,
trattare tutti come amici, 
soccorrere coloro che soffrono,
non considerarsi mai superiori agli altri:
consigli troppo semplici in apparenza,
ma provate a metterli in pratica, e vedrete se non sarete più felici.

Dalai Lama

mercoledì 7 agosto 2013

LE PATATE NEL SACCO (2/2) - Derek Lin


“Molto bene, possiamo togliere tutte le patate. Ci sono altre persone che ti hanno offeso o irritato nell’ultima settimana?”
Il discepolo rifletté per un momento e ammise che ce n’erano. Improvvisamente rimase sgomento, quando si rese conto che il sacco vuoto si sarebbe riempito di nuovo.
“Maestro” chiese, “se continuiamo così, non ci saranno sempre patate nel sacco, settimana dopo settimana?”
“Sì, finché ci saranno persone che diranno o faranno cose contro di te in qualche modo, tu avrai sempre patate.”
“Ma Maestro, noi non potremo mai controllare quello che gli altri fanno. Cosa c’è di buono nel Tao allora?”
“Questo non è ancora il Tao. Quello di cui abbiamo parlato finora è l’approccio convenzionale al perdono. E’ quello che tante filosofie e religioni predicano – dobbiamo costantemente sforzarci di perdonare, perché questa è una virtù importante. Questo non è il Tao, perché non c’è sforzo nel Tao.”
“Allora cosa è il Tao, Maestro?”
“Prova ad immaginarlo. Se le patate sono le emozioni negative, allora cosa è il sacco?”
“Il sacco è… quello che mi permette di trattenere la negatività. E’ qualcosa dentro di noi che ci fa persistere sui sentimenti offesi… Ah, è il mio tronfio senso di auto-stima.”
“E cosa succede se te ne liberi?”
“Allora… le cose che la gente fa o dice contro di me non sembrano più un gran problema.”
“In tal caso, non avrai nessun nome da scrivere sulle patate. Questo significa niente più peso da portare e niente più puzza. Il Tao del perdono è la decisione cosciente non solo di togliere le patate… ma di abbandonare l’intero sacco.”

Storia riportata da Derek Lin in Il Tao del perdono – Seconda parte

martedì 6 agosto 2013

LE PATATE NEL SACCO (1/2) - Derek Lin


Un giorno, un saggio diede al suo discepolo un sacco vuoto e un cesto di patate. “Pensa a tutte le persone che hanno fatto o detto qualcosa contro di te recentemente, specialmente quelle che non riesci a perdonare. Per ciascuna, scrivi il nome su una patata e mettila nel sacco”.
Il discepolo pensò ad alcune persone e rapidamente il suo sacco si riempì di patate.
“Porta con te il sacco, dovunque vai, per una settimana” disse il saggio. “Poi ne parleremo.”
Inizialmente il discepolo non pensò alla cosa. Portare il sacco non era particolarmente gravoso. Ma dopo un po’, divenne sempre più un gravoso fardello. Sembrava che fosse sempre più faticoso portarlo, anche se il suo peso rimaneva invariato.
Dopo qualche giorno, il sacco cominciò a puzzare. Le patate marce emettevano un odore acre. Non era solo faticoso portarlo, era diventato anche sgradevole.
Finalmente, la settimana terminò. Il saggio domandò al discepolo. “Nessuna riflessione sulla cosa?”
“Sì, maestro” rispose il discepolo. “Quando siamo incapaci di perdonare gli altri, portiamo sempre con noi emozioni negative, proprio come queste patate. Questa negatività diventa un fardello per noi e, dopo un po’, peggiora.”
“Sì, questo è esattamente quello che accade quando si coltiva il rancore. Allora, come possiamo alleviare questo fardello?”
“Dobbiamo sforzarci di perdonare.”
“Perdonare qualcuno equivale a togliere una patata dal sacco. Quante persone per cui provavi rancore sei capace di perdonare?”
“Ci ho pensato molto, Maestro” disse il discepolo. “Mi è costato molta fatica, ma ho deciso di perdonarli tutti.”

Storia riportata da Derek Lin in Il Tao del perdono – Prima parte

domenica 17 marzo 2013

LA DONNA E LA CIPOLLA - Fedor Dostoevkij (1821-1881)



C'era una volta una donna cattiva cattiva che morì, senza lasciarsi dietro nemmeno un'azione virtuosa. I diavoli l'afferrarono e la gettarono in un lago di fuoco.
Ma il suo angelo custode era là e pensava: di quale suo azione virtuosa mi posso ricordare per dirla a Dio? Se ne ricordò una e disse a Dio: - Ha sradicato una cipolla nell'orto e l'ha data a una mendicante. E Dio gli rispose: - Prendi dunque quella stessa cipolla, tendila a lei nel lago, che vi si aggrappi e la tenga stretta, e se tu la tirerai fuori del lago, vada in paradiso; se invece la cipolla si strapperà, la donna rimanga dov'è ora.
L'angelo corse della donna, le tese la cipolla: - Su, donna, le disse, attaccati e tieni. E si mise a tirarla cautamente, e l'aveva già quasi tirata fuori, ma gli altri peccatori che erano nel lago, quando videro che la traevano fuori, cominciarono ad aggrapparsi tutti a lei, per essere anch'essi tirati fuori. Ma la donna era cattiva cattiva e si mise a sparar calci contro di loro, dicendo: "E' me che si tira e non voi, la cipolla è mia e non vostra.
Appena ebbe detto questo, la cipolla si strappò. E la donna cadde nel lago e brucia ancora. E l'angelo si mise a piangere e si allontanò.
Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov VII, 3

domenica 3 marzo 2013

LA VECCHIA ZIA ADA - Gianni Rodari (1920-1980)



La vecchia zia Ada, quando fu molto vecchia, andò ad abitare al ricovero dei vecchi, in una stanzina con tre letti, dove già stavano due vecchine, vecchie quanto lei. La vecchia zia Ada si scelse subito una poltroncina accanto alla finestra e sbriciolò un biscotto secco sul davanzale.
- Brava, così verranno le formiche, - dissero le altre due vecchine, stizzite.
Invece dal giardino del ricovero venne un uccellino, beccò di gusto il biscotto e volò via.
- Ecco, - borbottarono le vecchine, - che cosa ci avete guadagnato? Ha beccato ed è volato via. Proprio come i nostri figli che se ne sono andati per il mondo, chissà dove, e di noi che li abbiamo allevati non si ricordano più.
La vecchia zia Ada non disse nulla, ma tutte le mattine sbriciolava un biscotto sul davanzale e l'uccellino veniva a beccarlo, sempre alla stessa ora, puntuale come un pensionante, e se non era pronto bisognava vedere come si innervosiva.
Dopo qualche tempo l'uccellino portò anche i suoi piccoli, perché aveva fatto il nido e gliene erano nati quattro, e anche loro beccarono di gusto il biscotto della vecchia zia Ada, e venivano tutte le mattine, e se non lo trovavano facevano un gran chiasso.
- Ci sono i vostri uccellini, - dicevano allora le vecchine alla vecchia zia Ada, con un po' d'invidia. E lei correva, per modo di dire, a passettini passettini, fino al suo cassettone, scovava un biscotto secco tra il cartoccio del caffè e quello delle caramelle all'anice e intanto diceva:
- Pazienza, pazienza, sono qui che arrivo.
- Eh, - mormoravano le altre vecchine, - se bastasse mettere un biscotto sul davanzale per far tornare i nostri figli. E i vostri, zia Ada, dove sono i vostri?
La vecchia zia Ada non lo sapeva più: forse in Austria, forse in Australia; ma non si lasciava confondere, spezzava il biscotto agli uccellini e diceva loro: - Mangiate, su, mangiate, altrimenti non avrete abbastanza forza per volare.
E quando avevano finito di beccare il biscotto: - Su, andate, andate. Cosa aspettate ancora? Le ali sono fatte per volare.
Le vecchine crollavano il capo e pensavano che la vecchia zia Ada fosse un po' matta, perché vecchia e povera com'era aveva ancora qualcosa da regalare e non pretendeva nemmeno che le dicessero grazie.
Poi la vecchia zia Ada morì, e i suoi figli lo seppero solo dopo un bel po' di tempo, e non valeva più la pena di mettersi in viaggio per il funerale. Ma gli uccellini tornarono per tutto l'inverno sul davanzale della finestra e protestavano perché la vecchia zia Ada non aveva preparato il biscotto.
Gianni Rodari, Favole al telefono, p. 61-62

lunedì 17 dicembre 2012

GLI AUGURI - Bruno Ferrero



Il piccolo Carlo era un bambino timido e tranquillo. Un giorno arrivò a casa e disse a sua madre che avrebbe voluto preparare una cartolina di San Valentino per tutti i suoi compagni di classe.
La madre istintivamente esclamò: «Ma no! Non è il caso!».
Ogni giorno osservava i bambini quando tornavano a casa a piedi da scuola. Il suo Carlo arrancava sempre per ultimo. Gli altri ridevano e formavano un'allegra e rumorosa combriccola. Ma Carlo non faceva mai parte del gruppo. La madre decise di aiutare il figlio e acquistò cartoncini e pennarelli. Per tre settimane, sera dopo sera, Carlo illustrò meticolosamente trentacinque cartoline di San Valentino.
Giunse il giorno di San Valentino e Carlo era fuori di sé per l'emozione. Le accatastò con cura, le mise nello zainetto e corse fuori. La madre decise di cucinargli il suo dolce preferito e farglielo trovare con una tazza di cioccolata calda per quando sarebbe tornato a casa da scuola. Sapeva che sarebbe rimasto deluso e forse in questo modo gli avrebbe alleviato il dolore. Avrebbe dato una cartolina a tutti, ma lui non ne avrebbe ricevuta nemmeno una.
Quel pomeriggio preparò la torta e la cioccolata. Quando udì il solito vociare dei bambini, guardò fuori della finestra. Stavano arrivando, ridendo e chiacchierando come al solito. E come sempre l'ultimo era Carlo. Da solo.
Entrò in casa quasi di corsa e buttò lo zainetto su una sedia. Non aveva niente in mano e la madre si aspettava che scoppiasse in lacrime. «La mamma ti ha preparato la torta e la cioccolata», disse, con un nodo in gola. Ma lui quasi non sentì le sue parole. Passò oltre, il volto acceso, dicendo forte: «Neanche uno. Neanche uno!».
La madre lo guardò incerta.
E il bambino aggiunse: «Non ne ho dimenticato neanche uno, neanche uno».

Bruno Ferrero, in Il segreto dei pesci rossi

lunedì 19 novembre 2012

LA FUGA DEL CAMMELLO - Arturo Paoli



Andavamo in carovana, guidati da nomadi, buoni conoscitori del deserto, con una truppa di cammelli che portavano gli elementi necessari per innalzare una tenda sotto cui passare la notte, le vettovaglie e l'acqua.
Tutte le mattine - immancabilmente - un cammello a turno fuggiva lontano e si sottraeva al suo lavoro quotidiano. Ci avevano avvisato di non corrergli dietro cercando di acchiapparlo, di non gridare, di lasciarlo partire tra l'indifferenza generale; di considerarlo, insomma, come un turista che si separa dal gruppo organizzato perché vuol vivere una giornata libera da programmi.
Passato il mezzogiorno si scorgeva un punto all'orizzonte che si avvicinava sempre di più: il fuggitivo tornava. Quando, dopo alcune ore dall'apparizione, il fuggitivo era abbastanza vicino al gruppo, un arabo si avvicinava a lui dolcemente, senza grida, senza recriminazioni, senza alzare le mani, e cominciava a camminargli accanto cantando sommessamente. E questo accompagnamento durava fino all'arrivo di tappa.
Il giorno dopo il transfuga di ieri era quello che offriva per primo il suo dorso, e un altro fuggiva.
Arturo Paoli, La pazienza del nulla, Milano 2012, p. 59-60.
Arturo Paoli (Lucca, 30 novembre 1912) è un missionario italiano, appartenente alla congregazione dei Piccoli Fratelli di Gesù. È Giusto tra le Nazioni per il suo impegno a favore degli ebrei perseguitati durante la seconda guerra mondiale.

domenica 22 gennaio 2012

IL ROMPICAPO - Paulo Coelho


Da molto tempo ho appreso che posso curare le mie ferite solo quando ho il coraggio di affrontarle. E ho imparato anche a perdonarmi e a correggere i miei errori. Eppure, da quando sono partito per questo viaggio, mi sembra di essere davanti a un gigantesco rompicapo, le cui tessere cominciano a mostrarsi soltanto ora: frammenti d’amore, di odio, di sacrificio, di perdono, di gioia, d’infelicità. Ecco il motivo per cui sono qui con te. Mi sento assai meglio, come se davvero fossi partito in cerca della mia anima, del mio regno, anziché restare a casa a lamentarmi del fatto di non riuscire ad assimilare tutto ciò che ho conosciuto e sperimentato.
Sono ancora lontano dalla meta, perché non riesco a comprendere ogni particolare. Ma quando sarò in grado di capire, la verità mi renderà libero.

Paulo Coelho, Aleph, p. 50

martedì 3 gennaio 2012

GLI OCCHIALI DI DIO - Renzo Zocca


Nella redazione del cielo si è liberato un posto di giornalista, come inviato speciale sulla terra. Io sono pronto per il grande esame. So benissimo che lo stile del Padre Eterno è molto diverso da quello degli uomini sulla terra. Ogni fatto va narrato solo al positivo.
Arriva il momento tanto atteso. Sono nell’ufficio di Dio. E al suo cospetto supero a pieni voti la prova teorica. Mi compiaccio e, in un momento di paura, sfruttando la sua assenza frugo furtivamente con lo sguardo le sue cose. Scorgo, sulla scrivania, i suoi occhiali. La tentazione è forte. L’euforia del momento mi fa esitare, in un attimo, ecco inforcati gli occhiali. Rimango letteralmente estasiato. Con gli occhiali vedo tutto chiaro e trasparente. Di ogni cosa mi appare la realtà più profonda. Nessun segreto si nasconde ai miei occhi. Guardo all’ingiù e fermo lo sguardo su un possidente terriero che sfrutta gli extracomunitari per lavori massacranti senza un’assicurazione, né compenso. In questo momento, ne sta proprio assoldando uno. Non sopporto oltre. E senza esitazione alcuna raccolgo lo sgabello sotto la scrivania e glielo scaravento in testa.
Ma ecco che ritorna Dio. Testimone invisibile e silenzioso di tutto mi chiede spiegazione di tal gesto. Ma è chiaro:”Quel disonesto va punito!” Esclamo con voce forte e assetata di giustizia. “Ah, no. Non ti rendi conto che ti sei messo i miei occhiali, ma non il mio cuore?”. “Ha diritto di giudicare, solo chi ha il potere di salvare”. Mi sorride e come un buon padre mi raccomanda: “E ora va, e scrivi con il cuore”

Renzo Zocca, Arena giovani, 10 maggio 1995
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