La pazienza esige una
dilatazione del presente, un suo allungamento, una sosta nell'incessante
divenire. Occorre fare pausa, per essere pazienti. Fare tregua. La pazienza
reclama che il tempo ordinario sospenda il suo corso, smetta di fluire, entri
in un vigile sonno. È capace di questo la nostra epoca convulsa, distratta,
frettolosa, in cui ognuno di noi si sente spinto a fare presto, procedere
spedito, agire in simultanea su fronti diversi, dare inizio a un procedimento
senza attenderne l'esito? In cui troppa vastità di saperi rende difficoltoso il
conoscere, in cui troppa facilità di connessione rende arduo l'incontro, in cui
troppo mondo, affacciato sulle nostre vite, mette in affanno le relazioni?
Viene, certamente, il sospetto che il nostro tempo sia radicalmente inospitale
verso la pazienza.
Forse neppure ne
avvertiamo il bisogno.
E forse, davvero,
«pazienza» è parola inattuale, antica, in disarmo.
Gabriella
Caramore,
Pazienza, Il Mulino, Bologna 2014, 12-13