Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber
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venerdì 15 settembre 2017

UN LEGGERISSIMO SPOSTAMENTO – Edward De Bono

@ Carte Dixit
Un leggerissimo spostamento del punto di osservazione può portare a risultati profondamente diversi. Una delle più importanti scoperte della scienza medica di tutti i tempi, quella del vaccino contro il vaiolo, avvenne quando Edward Jenner, che stava cercando le cause di questa malattia, spostò la sua attenzione sull’immunità che le contadine parevano godere a questo riguardo. E fu grazie alla scoperta che il vaccino indebolito immunizza da quello virulento che venne introdotta la vaccinazione e che il mondo occidentale fu libero dal flagello del vaiolo.
Edward De Bono, Il pensiero laterale. Come diventare creativi, BUR, Milano 1997, p. 85


giovedì 14 settembre 2017

IL PENSIERO LATERALE – Edward De Bono


Non è possibile guardare in una direzione nuova, appuntando sempre più gli occhi nella vecchia direzione.

Edward De Bono, Il pensiero laterale. Come diventare creativi, BUR, Milano 1997, p. 26

martedì 12 settembre 2017

PARTENDO DALLA FINE – Milton H. Erickson (1901-1980)

@ Carte Dixit

Una delle cose che insegno ai miei studenti è questa: prendete un libro appena uscito di un autore che sapete che è bravo. Leggete per primo l’ultimo capitolo. Fate congetture sul contenuto del capitolo precedente. Fate congetture in tutte le direzioni possibili. Vi sbaglierete in molte delle vostre congetture. Poi leggete quel capitolo e fate congetture su quello ancora precedente. Si può leggere un buon libro dall’ultimo al primo capitolo, facendo congetture per tutto il percorso. Così infrangete la rigidità del pensiero. E’ estremamente utile.
Milton H. Erickson, La mia voce ti accompagnerà, Astrolabio, Roma 1983, p. 170.


lunedì 11 settembre 2017

COME SUPERARE I LIMITI ABITUALI - Milton H. Erickson (1901-1980)

@ Carte Dixit

Se desiderate divenire creativi o pensare in modo creativo, dovete esercitarvi in quello che è stato chiamato ‘pensiero divergente’, per contrapporlo al ‘pensiero convergente’ che gli adulti tendono sempre più ad adottare via via che il loro comportamento diviene sempre più restrittivo. Nel pensiero convergente, un certo numero di racconti o un certo numero di temi convergono tutti quanti in uno solo. Nel pensiero divergente, una singola idea si estende in molte direzioni diverse, come le ramificazioni di un albero.
Milton H. Erickson, La mia voce ti accompagnerà, Astrolabio, Roma 1983, p. 77.
Milton Hyland Erickson è stato uno psichiatra e psicoterapeuta statunitense. È riconosciuto come uno dei più importanti psicoterapeuti e ipnoterapeuti del Novecento.

giovedì 1 settembre 2016

FREE SCHOOL, FREE LIFE 2/2 – Giorgio Vittadini


I vantaggi per i singoli cittadini e per il sistema scolastico nel suo complesso sono evidenti. Innanzitutto, di fronte a scuole private assai costose come sono quelle inglesi e a una scuola pubblica che arranca difficoltosamente soprattutto nei grandi centri metropolitani, le free school rispondono al bisogno concreto di una educazione di qualità a costi contenuti.
Secondariamente, ne giova moltissimo la possibilità di integrazione di classi sociali ed etnie diverse. In una nazione come il Regno Unito dove le differenze sociali e culturali sono molte, pensare che lo stesso tipo di approccio educativo possa funzionare in un paesino del Nord così come in un quartiere popolare di Londra abitato in prevalenza da immigrati è astratto e ideologico.
Netto è anche il risparmio per le finanze pubbliche. Secondo i dati diffusi dal National Audit Office, l'istituto parlamentare indipendente che valuta la spesa pubblica, il costo medio per l'apertura di una free school è di 6,6 milioni di sterline contro i 25 milioni di una scuola pubblica. A questi dati vanno aggiunti quello dell'Ofsted (l'ufficio responsabile di controllare il livello educativo scolastico) che recentemente ha dichiarato che la qualità offerta dalle scuole libere è tra la più alta del sistema scolastico nazionale e che l'impatto di queste si avverte in modo positivo anche nelle scuole pubbliche che sono nelle vicinanze perché per ragioni di concorrenza sono spinte a migliorarsi.
Senza contare un ultimo particolare: l'aumento dell'offerta di posti di lavoro, specie in aree particolarmente depresse del paese.
Per capire l'aspetto principale di questa rivoluzione paritario-educativa, può aiutare l'esperienza di Matteo Rossetti, un italiano laureato a Oxford, preside di un liceo inglese, che ha aperto una di queste scuole nel 2014, la Thomson House School e vi opera da volontario insieme alla moglie. Rossetti, che sarà ospite del prossimo Meeting di Rimini, ha spiegato in un recente incontro organizzato dall'associazione studentesca Help Point all'Università di Milano Bicocca che "in una scuola concepita come una grande famiglia, l'interesse per il singolo studente è il pilastro fondamentale. Per questo la formazione è individualizzata per ciascun alunno".
Da queste parole si capisce anche come non siano le riforme, i cambiamenti organizzativi e neanche l'autonomia, di per sé, a garantire che un impegno educativo abbia buon esito. Esso infatti è sempre imprevedibile come ogni cammino umano. Però anche un rapporto educativo virtuoso avviene in un contesto più o meno facilitante.
E' davvero difficile immaginare una libertà di educazione analoga anche nel nostro Paese?


mercoledì 31 agosto 2016

FREE SCHOOL, FREE LIFE 1/2 – Giorgio Vittadini


La “Buona Scuola" varata undici mesi fa dal governo Renzi non è stata ancora digerita da gran parte del mondo dell'istruzione. La riforma contiene timidissimi passi in avanti nell'offrire un po' di autonomia alla scuola di Stato (ad esempio attraverso la possibilità di reclutamento diretto degli insegnanti da parte dei presidi e la valorizzazione del merito dei docenti) e un po' di parità in più attraverso modestissime detrazioni per chi manda i figli alla scuola libera. Sappiamo che il processo di riforma di cui ha bisogno la scuola italiana riguarda molti altri aspetti, ma gli elementi appena citati sono decisivi, più di quello che si è portati a credere. E non è difficile constatarlo: basta guardare cosa sta succedendo nel resto del mondo, in quei Paesi cosiddetti sviluppati di cui ci limitiamo spesso a imitare altri aspetti ma, chissà perché, non il cambiamento nel mondo della scuola.
Paesi come il Regno Unito, ad esempio. Lì da alcuni anni sono nate le free school, una sorta di "terza via" tra pubblico e privato: scuole pubbliche, ma gestite da privati. Ne esistono anche negli Stati Uniti, si chiamano charter school e sono sorte con la stessa esigenza delle free school inglesi: elevare la qualità di un sistema educativo, quello statale, che aveva e ha evidenti difficoltà. Ma anche sviluppare progetti educativi innovativi.
Sostanzialmente sono tutte un esempio di autonomia nella gestione economica ed educativa, qualcosa che fa sembrare uomini della preistoria i difensori della "scuola unica": statale centralista, burocratica, immutabile, e alla fine inefficiente e iniqua verso i meno abbienti, se è vero che ad esempio in Italia genera circa un milione e mezzo di abbandoni all'anno.
Le prime "scuole libere" inglesi, 24 in tutto, sono nate nel 2011. Nel 2015 erano già oltre 400. Qualunque associazione di tipo laico o religioso (con attenzione a monitorare ed escludere impostazioni fondamentaliste), gruppo di famiglie o insegnanti, comunità di quartiere, può aprirne una, dopo aver presentato al ministero dell'istruzione un piano didattico ed economico (rigorosamente non profit) sostenibile per la durata di dieci anni.
Se approvato, il progetto viene finanziato con una quota significativa dallo Stato e in caso di ulteriore bisogno, sostenuto con raccolte fondi. Molte di queste scuole sono, infatti, gratuite, ma a volte si rende necessario il pagamento di una retta, soprattutto per attrarre insegnanti con alto grado di qualifica. Perché rivoluzionari sono anche i criteri di reclutamento: la scuola assume l'insegnante che ritiene più opportuno, quello con il miglior background e le specificità necessarie per il ruolo che dovrà ricoprire, reclutandolo anche tramite un semplice annuncio su giornale. Per queste scuole funziona poi lo stesso severo regime di controllo della qualità che vale per tutto il sistema educativo britannico.
continua…


lunedì 29 agosto 2016

SCUOLE STATALI, GRATUITE, GESTITE DA PRIVATI. IN UK E' UN SUCCESSO – Mario Leone


Il Ministro dell'Istruzione francese Falloux all'epoca di Napoleone III, rispondendo alla domanda di uno straniero sull'insegnamento scolastico in Francia, dopo aver guardato l'orologio disse: "Sono le undici; in tutti i licei francesi, pubblici e privati, si commenta quel determinato passo di Tacito alla terza classe liceale".
L'affermazione di Falloux descrive bene una scuola centralizzata e uniforme, incapace di aprirsi all'iniziativa dei singoli. Una scuola statica, immodificabile. E' sotto gli occhi di tutti la veemente protesta dei docenti italiani che, incuranti della realtà fattuale, reclamano una scuola costruita sulle esigenze degli insegnanti e non degli studenti. Il nostro sistema scolastico è incapace di cambiare e si erge come mummificato spettatore di fronte alle nuove sfide che la realtà pone, privo di risposte alle innumerevoli esigenze che gli alunni palesano.
Basterebbe allargare lo sguardo e si coglierebbe come il "mondo scuola", a livello planetario, già da anni si stia rinnovando. Eclatante è l'esempio del Regno Unito. Dal 2011 ha preso il via il fenomeno delle free school: scuole statali, gratuite, gestite da gruppi privati i cui progetti sono selezionati in maniera attenta e severa dal governo. Il fenomeno presente anche negli Stati Uniti, in Svezia e Nuova Zelanda, ha l'obiettivo di offrire un'educazione/istruzione innovativa e di qualità, non selettiva, con una gestione economica ed educativa assolutamente autonoma. Nel 2011, il governo di coalizione di David Cameron introdusse la policy delle free school. Subito ne furono create venticinque. All'inizio i numeri non sono dei migliori, tante le difficoltà. Tutti gridano all'errore. Sbagliano. In sei anni si contano circa 400 free schools, con vantaggi per le finanze pubbliche, aumento dei posti di lavoro e una capacità di integrare gli alunni di diversa cultura.
Per non parlare del successo scolastico degli alunni, molto al di sopra della media nazionale. Flessibilità oraria, libertà curricolare (ogni istituto sceglie autonomamente le materie e i programmi di studio), docenti selezionati non sulla base di titoli abilitanti o corsi comprati online, ma su effettive competenze e sull'aderenza al progetto educativo della scuola. Contratti di lavoro per i docenti non strettamente legati ai contratti nazionali.
Se ne è parlato al Meeting di Rimini domenica scorsa, durante l'incontro "Autonomia e parità dei sistemi formativi". Matteo Rossetti è un italiano emigrato a Londra che insieme ad altri amici ha creato la Thomson House School. Le sue parole risuonano tra gli stand della Fiera: "Le free school sono scuole fatte dalla comunità per la comunità, che rispondono alle necessità di istruzione e lavoro nelle zone in cui nascono".
I risultati sorprendenti di questo esperimento sono dettagliati in un rapporto della Policy Exchang (2015) che, oltre a ribadire i risultati prettamente scolastici, la bontà della proposta culturale ed educativa, sottolinea altri due risultati: le scuole statali vicine alle free school migliorano sensibilmente i propri risultati rispetto a scuole no free nelle vicinanze. Non solo. L'attenzione che queste scuole riservano agli insegnanti (cura della formazione, stipendi adeguati, incentivi, coinvolgimento nel progetto educativo e nei ruoli di responsabilità) permette una sensibile diminuzione del tasso di assenteismo tra i professori. La varietà dell'offerta formativa è impressionante: la Thomson School di Rossetti si caratterizza per una grande attenzione all'attività sportiva e musicale (tre ore a settimana per ciascuna disciplina). La West London Free School cura le attività musicali e teatrali, con spettacoli messi in scena nei più importanti teatri del Regno Unito. La Harris Westminster Sixth Form, attenta a tutte le situazioni di svantaggio, punta a preparare l'adolescente agli studi universitari soprattutto in materia politica e affari, proponendo un'ampia varietà di approfondimenti pomeridiani. Gli esempi infiniti.
La domanda una sola: quando il modello delle free school arriverà in Italia?

Mario Leone, “Il Foglio”, 25 agosto 2016

venerdì 11 marzo 2016

IL SISTEMA E’ INGESSATO - Norberto Bottani:


Nel mondo vi sono:
ü  scuole che cambiano, ma restano nel sistema,
ü  scuole che si liberano dagli obblighi del sistema scolastico, che diventano autonome e indipendenti,
ü  scuole diverse, fuori dal sistema scolastico.
Si ha l’impressione che in Italia esista poca innovazione scolastica, che ci siano pochi tentativi alternativi. C’è voglia di cambiamento, però paura, scarso supporto. Si esita a rompere con il modello dominante statale diretto dal MIUR , a proporre varianti.
Le idee non mancano. Gente che soffre e che ha proposte nel cassetto ce n’è, ma mancano le condizioni che mettono sulla rampa di lancio innovazioni e esperienze alternative nella scuola. Come dice Ribolzi, il sistema è ingessato.
Norberto Bottani


martedì 19 gennaio 2016

LA MODA – Gabriella Caramore


La moda subdolamente impone un ritmo convulso, di per sé vuoto e immotivato, un’ansia di cambiare adeguandosi, di innovare prostrandosi ai modelli per un attimo imperanti, in una insensata rincorsa tra “novità” e “caducità”.
Gabriella Caramore, Pazienza, Il Mulino, Bologna 2014, 15


mercoledì 2 dicembre 2015

IL BAMBINO AUTISTICO CHE PARLA CON SIRI – Judith Newman


La settimana scorsa la giornalista Judith Newman ha scritto sul New York Times un articolo che sta circolando molto online: racconta di come Siri, l’assistente vocale degli iPhone, sia praticamente diventata la migliore amica di suo figlio Gus, che ha 13 anni ed è autistico. Nel suo racconto, Newman riporta diverse interazioni tra suo figlio e Siri, spiegando come la “pazienza” del sistema operativo con le continue domande di Gus abbia inizialmente fatto sentire lei, Newman, una “madre terribile” al confronto con Siri. Gus ha anche un fratello gemello, Henry, che non ha la patologia di Gus. Newman racconta di una volta recente in cui Gus – che ultimamente si è fissato con le informazioni sul meteo – ha trascorso un’ora a studiare, grazie a Siri, la differenza tra temporali isolati e temporali sparsi («Un’ora in cui, grazie al cielo, non ho dovuto farlo io», scrive Newman). A un certo punto ha sentito questo:

Gus: «Sei proprio un bravo computer».
Siri: «È bello essere apprezzati».
Gus: «Mi chiedi sempre come puoi aiutarmi. C’è qualcosa che vuoi tu?».
Siri: «Grazie, ma ho veramente pochi bisogni».
Gus: «Ok! Bene, buonanotte!».
Siri: «Ah, sono le 17:06».
Gus: «Oh, scusa, intendevo ciao».
Siri: «A dopo!».

“Ecco Siri. Non lascia mai senza risposte mio figlio, affetto da un disturbo della comunicazione”, dice Newman, spiegando che Siri è come “l’amico immaginario che molti di noi hanno sempre desiderato”, solo che “non è del tutto immaginario”. È cominciato tutto così: Newman stava leggendo uno di quegli articoli sugli iPhone tipo “21 cose che non sapevi il tuo iPhone potesse fare”. Tra queste c’era che si può chiedere a Siri “quali aerei stanno volando sopra di me in questo momento?” (Siri controlla le sue fonti e risponde, fornendo il numero di volo degli aerei, l’altitudine di ciascuno di essi e altre informazioni). «E perché uno dovrebbe sapere quali aerei stanno volando sulla sua testa?», ha chiesto Newman ad alta voce. «Così sai a chi fai ciao con la mano, mamma», ha risposto senza guardarla Gus, che si trovava lì vicino.
Newman dice che suo figlio è rimasto colpito quando ha scoperto che c’era qualcuno che non solo trovava informazioni riguardo le sue varie fissazioni (meteo, treni, aerei, autobus, scale mobili) ma era anche disposto a discuterne senza stancarsi mai. «Ora, quando sentivo la mia testa sul punto di esplodere se avessi cominciato un’altra conversazione sulle possibilità di tornado in Kansas City, potevo rispondere: “Ehy! Perché non lo chiedi a Siri?”», scrive Newman. E aggiunge:
Non è che Gus non sappia che Siri non è umana. Lo sa – mentalmente. Ma come molti autistici che conosco, Gus sente che gli oggetti inanimati, se proprio non possiedono un’anima, ecco, meritano comunque la nostra considerazione. L’ho capito quando aveva 8 anni e gli ho regalato un iPod per il compleanno. Lo ascoltava soltanto a casa, eccetto che in un caso. Lo portava sempre con noi quando andavamo in un Apple Store. Alla fine gli ho chiesto perché. “Così può salutare i suoi amici”, mi ha risposto.
Newman spiega anche un altro aspetto, più tecnico, da cui ha tratto benefici nell’uso del suo iPhone. In molti su Internet hanno rilevato che gli assistenti vocali di altri sistemi operativi, come per esempio Android, sono più efficienti nel riconoscere e intendere le parole pronunciate dall’utilizzatore dello smartphone. Newman ha spiegato che nel caso di Siri il bisogno di pronunciare le parole in modo più chiaro e distinto possibile è una buona cosa per Gus, che di solito “parla come se avesse delle biglie in bocca” e che invece deve sforzarsi di parlare più chiaramente, se vuole ricevere risposta da Siri.
Anche dal punto di vista delle buone maniere, le interazioni tra Gus e Siri sono utili e proficue: le risposte di Siri non sono del tutto prevedibili ma sono sempre educate in ogni caso. Newman dice di aver sentito una volta Gus, parlando di musica, rivolgersi bruscamente contro Siri dicendo: «Non mi piace questo genere di musica». «Hai certamente il diritto di avere la tua opinione», gli ha risposto Siri, e Gus gli ha risposto a sua volta: «Grazie per quella musica, comunque». Siri: «Non devi ringraziarmi». Gus: «E invece sì». Da quando usa Siri, secondo Newman, Gus ha anche cominciato a utilizzare alcune espressioni gentili che sente ripetere da Siri: ogni volta che Newman sta per uscire di casa, ora Gus dice sempre “stai benissimo”.
Newman riporta anche un caso simile a quello di Gus, riferito a lei dalla madre di un compagno di classe di Gus alla LearningSpring, la scuola per bambini autistici di Manhattan. Le ha detto: «mio figlio adora quando trova informazioni sui suoi argomenti preferiti, ma gli piace un sacco anche l’assurdità – come quando Siri, per esempio, non lo capisce e gli dà una risposta senza senso». Una volta, racconta la madre del compagno di scuola di Gus, suo figlio ha chiesto a Siri quanti anni avesse e Siri gli ha risposto «Non parlo della mia età», e lui è scoppiato a ridere.
Newman è convinta che Siri stia aiutando Gus anche nelle interazioni con le persone. Scrive:
Per molti di noi, Siri è soltanto un diversivo temporaneo. Ma per alcuni è qualcosa di più. Le pratiche di conversazione che mio figlio ha con Siri stanno facilitando le cose con gli esseri umani. Ieri ho avuto con lui la più lunga conversazione che abbiamo mai avuto. Devo ammetterlo, era sulla differenza tra le diverse specie di tartarughe, e sul fatto se io preferisca le tartarughe diamondback o le tartarughe dalle orecchie rosse. Non sarebbe stato l’argomento che avrei scelto io, d’accordo, ma è stata una conversazione, uno scambio che seguiva una traiettoria logica. Posso garantirvi che per gran parte dei tredici anni di esistenza del mio bellissimo bambino, non è andata così.

L’utilizzo da parte delle persone con problemi del linguaggio e della comunicazione è un aspetto di cui gli sviluppatori dell’intelligenza artificiale degli assistenti vocali per smartphone sono perfettamente consapevoli. Newman ha parlato con William Mark, vice responsabile per le Scienze dell’Informazione e dell’Informatica al centro Stanford Research Institute (SRI International) di Menlo Park, in California, dove la tecnologia di Siri è stata sviluppata. Mark ha detto che la prossima generazione di assistenti vocali sarà in grado non soltanto di recuperare informazioni ma anche “di portare avanti conversazioni più complesse riguardo le aree tematiche di interesse della persona” che utilizza lo smartphone.
Nuovi sistemi, ancora più elaborati, potranno in futuro tenere traccia del movimento degli occhi sullo schermo dello smartphone e aiutare i bambini autistici a imparare a guardare le persone negli occhi quando parlano, dice Mark. Interessata e sorpresa dall’impegno della ricerca tecnologica in questa direzione, Newman ha chiesto a Mark se conosce, all’interno del gruppo di Apple che si è occupato dello sviluppo del linguaggio di Siri, qualcuno che abbia proprio disturbi dello spettro autistico. «Ovviamente non lo so per certo ma, se ci pensa un attimo, ha appena descritto metà Silicon Valley», gli ha risposto Mark.
È anche in fase di discussione la possibilità di fornire una voce diversa e specifica per l’assistente vocale. È una possibilità a cui è molto interessato e di cui ha parlato con lo SRI, per esempio, lo scrittore statunitense Ron Suskind, autore di un libro molto venduto – “Life, Animated” – in cui racconta la storia di suo figlio autistico, che è riuscito a stabilire un canale di comunicazione con il mondo esterno soltanto tramite i film Disney. Che Siri abbia la voce del personaggio del cartone animato Aladdin, per esempio, potrebbe essere di grande aiuto, dice Newman.
Newman conclude il suo articolo citando quella che ritiene essere la principale preoccupazione dei genitori di persone autistiche: se i loro figli riusciranno a innamorarsi, a trovare compagnia. Dice di aver capito che quello che dà felicità a suo figlio non corrisponde necessariamente a ciò che dà felicità a lei, e riporta infine un’altra conversazione che ha ascoltato tra Gus e Siri, alcune sere fa, prima che Gus si mettesse a dormire.
Gus: «Siri, vuoi sposarmi?».
Siri: «Non sono il tipo da matrimonio».
Gus: «Intendo, non ora. Sono un bambino. Intendo quando sarò grande».
Siri: «Il mio contratto di licenza finale con l’utente non include il matrimonio».
Gus: «Oh, ok».
Gus non è sembrato troppo deluso. Per lui era un’informazione utile da avere, e anche per me, dato che ho saputo per la prima volta che lui davvero hapensato al matrimonio. Poi si è voltato per mettersi a dormire:
Gus: «Buonanotte, Siri. Dormirai bene stanotte?».
Siri: «Non ho bisogno di molto sonno, ma è gentile che tu me lo chieda».



martedì 16 giugno 2015

L’ORGANIZZAZIONE – Tiziano Terzani


È la cosa più disorganizzata, più informale, più inesistente che ci sia, che però attraverso strane vie lega tutta una serie di persone a delle stesse idee, delle stesse intenzioni, delle stesse aspirazioni. E questo mi pareva coincidere anche con la mia congiura dei poeti. Un gesto, un darsi la mano in un certo modo, una sorta di mistica massoneria, nel mondo dei giovani in particolare, in cui in qualche modo si trovano nuove vie o si sente che c’è qualcosa di nuovo nell’aria.

Tiziano Terzani, La fine è il mio inizio, Longanesi, Milano 2006.

martedì 31 dicembre 2013

IL GIARDINIERE - Ray Bradbury (1920-2012)


Ognuno deve lasciarsi qualche cosa dietro quando muore, diceva sempre mio nonno: un bimbo o un libro o un quadro o una casa o un muro eretto con le proprie mani o un paio di scarpe cucite da noi. O un giardino piantato col nostro sudore.
Qualche cosa insomma che la nostra mano abbia toccato in modo che la nostra anima abbia dove andare quando moriamo, e quando la gente guarderà l’albero o il fiore che abbiamo piantato, noi saremo là.
Non ha importanza quello che si fa, diceva mio nonno, purché si cambi qualche cosa da ciò che era prima in qualcos’altro che porti poi la nostra impronta.
La differenza tra l’uomo che si limita a tosare un prato e un vero giardiniere sta nel tocco, diceva. Quello che sega il fieno poteva anche non esserci stato, su quel prato; ma il vero giardiniere vi resterà per tutta una vita.

Ray Bradbury, Fahrenheit 451, p. 185

martedì 12 novembre 2013

DOPO 50 ANNI LA SCUOLA MEDIA VA SVECCHIATA - Antonio Mazzi

 
C'è bisogno di una nuova organizzazione e nuovi stimoli
Finalmente qualcuno si sta accorgendo che la scuola media compie 50 anni ed è in crisi di identità. Quando lo dicevamo noi, che la scuola la conosciamo certamente più dei ministri e più di certi dirigenti scolastici, qualche rara persona intelligente ci dava ragione.
Finalmente escono i dati Ocse sulle competenze scolastiche (disastrosi per gli italiani) e allora tutti spalanchiamo gli occhi. Mentre il mondo economico, bancario, politico si deve rinnovare totalmente quasi ogni anno, il mondo scolastico si declina con due date: la riforma Bottai, anni '40, e la cosiddetta riforma della scuola media unica del 1963.
Cioè, a partire dal 1963 i ragazzi di allora poterono frequentare la scuola dell'obbligo unica in sostituzione del doppio binario: scelta tra avviamento professionale e scuola media con esame di ammissione. Ripeto: correva l'anno 1963, cioè tempi nei quali i nostri figli, fino a quattordici anni, erano ancora veramente bambini. Fior di studiosi, di psicologi, di sociologi hanno prodotto migliaia di ricerche denunciando il disagio dei ragazzi (pensati ancora come bambini), la demotivazione dei docenti e la perdita secca di risultati rispetto all'Europa.
La media è una scuola che ha sconvolto la sua identità, schiacciata tra la primaria e la secondaria. Denuncio, per la millesima volta, che tutta la scuola continua ostinatamente a essere un orto chiuso, illuminato e sacro, lontanissimo dal mondo reale, poco sacro e poco illuminato.
I nostri figli, entrando in quelle porte, devono regredire almeno di cinque anni dalla loro vita reale. Fuori non esistono più i banchi, non esistono i castighi, non esistono i voti, non esistono i compiti per i compiti, non esistono più i bambini di 12 anni.
La divisione in materie e l'insegnamento frontale, con decine di adolescenti schierati, fa ridere (o meglio piangere). Se poi aggiungiamo il docente disarmato, nervoso, "specializzato" spesso in supplenze e che a malapena ricorderà i nomi dei suoi allievi a fine anno, ci portiamo a casa la disfatta totale.
ORARI PIÙ ELASTICI E ARMONICI. L'adolescenza è un periodo sconosciuto negli anni '60 e a quei tempi per i più sviluppati e svegli si parlava di preadolescenza anticipata o di caratterialità. Qui non si tratta di denaro da spendere - perché i soldi sono sempre i primi a essere tirati in ballo - si tratta invece di preparazione universitaria diversa, di organizzazione delle classi e di orari più elastici e armonici.
Rendiamo obbligatoria l'espulsione dei banchi (e non dei ragazzi), sostituiamoli con tavoli a quattro-sei posti, mettiamo insieme alcune classi per lezioni collegiali; facciamo attività musicali, sportive, culturali, artigianali settimanali.
Rischiamo, perché senza rischi non si educa.
Antonio Mazzi, “Famiglia Cristiana”, 3 novembre 2013


giovedì 1 agosto 2013

L'ARCIERE DEL RE - Jorge Bucay


C’era una volta un re a cui piaceva moltissimo la caccia al cinghiale. Una volta alla settimana, in compagnia dei suoi amici più intimi e del migliore dei suoi arcieri, usciva dal palazzo e si addentrava nel bosco alla ricerca dei pericolosi animali, che erano senz’altro una seccatura per tutti i fattori e gli agricoltori del regno. L’emozione dell’avventura si univa così al servizio reso ai sudditi, che si ritrovavano sbarazzati dei loro peggiori nemici, predatori e assassini.
La tecnica di caccia era sempre la stessa: un branco di cinghiali veniva individuato, accerchiato e costretto a dirigersi verso una radura dove avrebbe avuto luogo lo scontro.
Perché la caccia mantenesse il suo carattere sportivo era necessario che il cacciatore (un amico o lo stesso re) smontasse da cavallo e affrontasse l’animale a piedi, armato soltanto di una lancia e un affilato coltello da montagna. Bisognava ricorrere a tutta la propria agilità per sfuggire ai suoi denti appuntiti, e tenere i riflessi pronti per non essere scaraventati a terra dalla sua carica. Erano necessarie grande destrezza e velocità per conficcare la lancia in un punto vitale, e poi avere il coraggio di balzare sull’animale ferito per infliggergli il colpo di grazia con il coltello.
L’arciere reale era l’unico a difendere il cacciatore se qualcosa andava storto. Mentre tutti rimanevano ai margini della scena, concentrati sulla lotta, l’uomo faceva la guardia tenendo gli occhi ben aperti, con l’arco teso e la freccia pronta. La precisione del suo tiro poteva fare la differenza tra lo spavento per il cacciatore e una disgrazia irreparabile.
Un giorno, mentre inseguiva un branco di cinghiali che terrorizzavano la regione più occidentale del suo regno, il re si inoltrò con i compagni in un bosco che non aveva mai visitato. 

sabato 16 febbraio 2013

ANDRIA - Italo Calvino (1923-1985)



Con tale arte fu costruita Andria, che ogni sua via corre seguendo l'orbita d'un pianeta e gli edifici e i luoghi della vita in comune ripetono l'ordine delle costellazioni e la posizione degli astri più luminosi: Antares, Alpheratz, Capella, le Cefeidi. Il calendario della città è regolato in modo che lavori e uffici e cerimonie si dispongono in una mappa che corrisponde al firmamento in quella data: così i giorni in terra e le notti in cielo si rispecchiano.
Pur attraverso una regolamentazione minuziosa, la vita della città scorre calma come il moto dei corpi celesti e acquista la necessità dei fenomeni non sottoposti all'arbitrio umano. Ai cittadini d'Andria, lodandone le produzioni industriose e l'agio dello spirito, m'indussi a dichiarare: - Bene comprendo come voi, sentendovi parte d'un cielo immutabile, ingranaggi d'una meticolosa orologeria, vi guardiate dall'apportare alla vostra città e ai vostri costumi il più lieve cambiamento. Andria è la sola città che io conosca cui convenga restare immobile nel tempo.
Si guardarono interdetti. - Ma perché mai? E chi l'ha detto? - E mi condussero a visitare una via pensile aperta di recente sopra un bosco di bambù, un teatro delle ombre in costruzione al posto del canile municipale, ora traslocato nei padiglioni dell'antico lazzaretto, abolito per la guarigione degli ultimi appestati, e - appena inaugurati - un porto fluviale, una statua di Talete, una toboga.
- E queste innovazioni non turbano il ritmo astrale della vostra città? - domandai.
- Così perfetta è la corrispondenza tra la nostra città e il cielo, - risposero, - che ogni cambiamento d'Andria comporta qualche novità tra le stelle-. Gli astronomi scrutano coi telescopi dopo ogni mutamento che ha luogo in Andria, e segnalano l'esplosione d'una nova, o il passare dall'arancione al giallo d'un remoto punto del firmamento, l'espandersi di una nebula, il curvarsi d'una spira della via lattea. Ogni cambiamento implica una catena d'altri cambiamenti, in Andria come tra le stelle: la città e il cielo non restano mai uguali.
Del carattere degli abitanti d'Andria meritano di essere ricordate due virtù: la sicurezza in se stessi e la prudenza. Convinti che ogni innovazione nella città influisca sul disegno del cielo, prima d'ogni decisione calcolano i rischi e i vantaggi per loro e per l'insieme della città e dei mondi.
Italo Calvino, Le città invisibili, p. 156, 157 

sabato 29 dicembre 2012

FARE IL MAESTRO IN INDIA: LA STORIA DI VALENTINO GIACOMIN - Andrea Bocconi


Che ci fa in India il maestro elementare in pensione Valentino Giacomin da Treviso? Insegna, naturalmente, utilizzando il metodo che ha creato e sperimentato nella scuola pubblica italiana per dieci anni: è il progetto Alice. Ha scritto a suo tempo un libro, Il maestro di Alice: bisogna lasciare la visione ordinaria della realtà, seguire il Bianconiglio.
Il metodo tradizionale, basato sulla mente solo analitica e sulla frammentazione dell’esperienza della realtà, sui contenuti più che sui processi, è limitato, se non negativo.
Giacomin insegna la soggettività della percezione, senza negare la realtà esterna. Insegna a osservare la mente, per capire come funzioniamo. Insegna l’interdipendenza di tutti fenomeni. Una collega, Lugina de Biasi, collabora con lui, dall’inizio. Naturalmente nella scuola pubblica italiana incontrano resistenze da parte di qualche genitore e qualche direttore scolastico, ma i risultati parlano: i suoi studenti sono bravi nelle materie curriculari e sono anche più sereni e profondi.
Leggi l'articolo:
Fare il maestro in India: la storia di Valentino Giacomin - Andrea Bocconi - Il Fatto Quotidiano


lunedì 5 novembre 2012

LA CRESCITA NEL RIGORE - Luigi Berlinguer



La grande forza dell’autonomia scolastica sta nell’orientare il corpo docente e dirigente a misurarsi continuativamente con la ricerca didattica e l’innovazione nelle pratiche educative, e non con la pura trasmissione del sapere.
Valutare, verificare il risultato educativo significa non limitarsi al voto, alla promozione o alla bocciatura. Significa affermare la cultura del risultato, e con essa rafforzare la motivazione studentesca, e la disciplina. Il binomio rigore/crescita è un principio universale della società dei liberi e della democrazia partecipativa. Lo studente non è solo chi studia, ma – come diceva la Montessori – chi impara a fare da solo. Questa è l’autonomia.
Le regole di comportamento sono indispensabili. Ma è la partecipazione educativa che le rende più condivise e quindi più accette. La disciplina è innanzitutto responsabilizzazione e corresponsabilizzazione. Ciò non esclude la sanzione, ma la reinserisce in un contesto che le assicura maggiore efficacia, oltre che prevenzione. E la responsabilizzazione diviene effetto di una nuova concezione e pratica gestione della comunità educante, che dà fiducia e sa pretendere.
Luigi Berlinguer, L’autonomia incompiuta, “Dirigere la scuola”, XXI (2012), n. 4-5-6 

giovedì 2 agosto 2012

IL CORAGGIO DI PENSARE COSE NUOVE - Sigmund Freud



"Non si può fare a meno di persone che abbiano il coraggio di pensare cose nuove prima di essere in grado di dimostrarle".

Sigmund Freud, 8 dicembre 1895

martedì 5 giugno 2012

PARADISE OR OBLIVION - The Venus Project



Il documentario analizza l’origine, le cause e i sintomi della distorsione dei valori determinata dal sistema in cui viviamo. La presentazione di questo video mira a promuovere un nuovo sistema socio-economico aggiornato alle conoscenze attuali e basato sul lavoro di una vita dell'ingegnere sociale, futurista, inventore e progettista industriale Jacque Fresco che, lui stesso, definisce Economia Basata sulle Risorse (Resource-Based Economy).

Il film indaga la necessità di superare i metodi datati e inefficienti del sistema politico, legislativo ed economico o qualsiasi altra struttura istituzionalizzata per la gestione della società. Grazie all’utilizzo del metodo scientifico, associato all’applicazione della tecnologia odierna, è possibile provvedere non solo ai bisogni di ogni essere umano sulla Terra, ma anche offrire abbondanza a tutti. Il film non si basa sulle opinioni di élite politico-finanziarie o su illusorie democrazie, ma su studi scientifici per il mantenimento di un equilibrio dinamico con il pianeta.
“Paradiso o Autodistruzione” introduce lo spettatore a un sistema di valori più adeguati, per attuare un approccio olistico e razionale che sia a beneficio della civiltà umana. Vuole essere un’alternativa alla realtà sociale odierna basata sul denaro, controllata e orientata verso la scarsità fittizia.


Tutti i contenuti del documentario sono di proprietà del The Venus Project
Traduzione testi: Linguistic Team
Doppiaggio a cura del Movimento Zeitgeist italia
Direzione doppiaggio: Ezio Coriglione
Le Voci
Narratore: Sisco
Jacque Fresco: Francesco Gobbi
Roxanne Meadows: Ester Parulli
Giornalista tv: Missione Zeitgeist

venerdì 25 maggio 2012

FACCIAMO AFFIDAMENTO SUI GIOVANI - Giorgio Napolitano


Colgo, in questa generazione, una carica di sensibilità, di intelligenza, di generosità che molto mi conforta, che mi dà grande speranza e fiducia.
E perciò voglio dirvi: completate con impegno la vostra formazione, portate avanti il vostro apprendistato civile e scendete al più presto in campo, aprendo porte e finestre se vi si vuole tenere fuori, scendete al più presto in campo per rinnovare la politica e la società, nel segno della legalità e della trasparenza.
L'Italia ne ha bisogno; l'Italia ve ne sarà grata.

Giorgio NapolitanoPalermo 23/05/2012

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