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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber
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giovedì 30 giugno 2016

LA BUONA SCUOLA E’ SENZA CIRCOLARI 4/4 – Giorgio Israel (1945-2015)


Molti altri rilievi possono essere fatti, in particolare per quel che riguarda l’esplicita tendenza a ridurre lo spazio delle discipline tradizionali (matematica, storia, scienze, ecc.) a favore di altre competenze digitali e linguistiche e attività pomeridiane extra-curricolari che dovrebbero essere anche la via privilegiata affinché un insegnante consegua i migliori giudizi.
Ci fermiamo qui perché ce n’è abbastanza per capire che non è ammissibile ristrutturare da cima a fondo la scuola italiana secondo principi discutibili e mai realmente discussi, secondo un’idea inesistente di valutazione e, per giunta, per via di circolari autoritarie.
A questo punto, una scelta ragionevole sarebbe quella di procedere esclusivamente a un decreto per l’assunzione dei precari (visto che l’Europa ce lo chiede perentoriamente) e accantonare tutto il resto, per una approfondita, seria e costruttiva riflessione, gestita dalla politica assieme ai competenti in materia, arrestando una buona volta il diluvio delle circolari che frustra e umilia il lavoro dei migliori insegnanti.
Giorgio Israel, Blog di Giorgio Israel, 20 giugno 2015


mercoledì 29 giugno 2016

LA BUONA SCUOLA E’ SENZA CIRCOLARI 3/4 – Giorgio Israel (1945-2015)


Ma è ancor più indicativo della situazione, guardare al merito di quel che il ministero fa piovere sulle scuole con le sue circolari. Limitiamoci a un solo esempio: la certificazione delle competenze per la scuola primaria e il primo ciclo. Lasciando perdere le elefantiache linee guida, diamo un’occhiata al modello di certificazione.
La prima cosa che colpisce è che gli unici livelli di competenza ammessi sono quattro: avanzato, intermedio, base, iniziale. Quest’ultimo significa: «L’alunno/a, se opportunamente guidato/a, svolge compiti semplici in situazioni note». In altri termini, l’insufficienza è abolita per decreto: non esiste chi non possa conseguire un livello “iniziale”.
Chi conosca un minimo la cucina del pedagogismo costruttivista sa che una simile bizzarra visione corrisponde all’idea di una scuola imperniata sull’idea del “successo formativo garantito”. Trattasi di una visione discutibile, e mai discussa e approvata formalmente in alcuna sede. È un autentico abuso che essa passi coercitivamente attraverso circolari.
Quando poi si passa all’osservazione del merito delle competenze c’è da trasecolare. Tra le competenze sociali e civiche spicca la capacità di «collaborare per la costruzione del bene comune» e l’«osservanza di un sano e corretto stile di vita». Ma chi, e con quale diritto può definire per decreto cosa sia «il bene comune» e un «sano e corretto stile di vita»?
Concediamo che il liberalismo espresso nel celebre aforisma di John Stuart Mill – «ciascuno è l’unico autentico guardiano della propria salute sia fisica sia mentale e spirituale» – sia invecchiato. Ma qui siamo fuori da ogni liberalismo, per entrare in un dirigismo che evoca forme di gestione totalitaria degli individui. Che dire poi, quando nelle competenze del primo ciclo si prescrive al soggetto «attenzione per le funzioni pubbliche alle quali partecipa», persino nelle «occasioni rituali nelle comunità che frequenta». In sostanza, il ministero s’impiccia che lo studente osservi rispettosamente il catechismo (cattolico), o altri sistemi rituali se di altra religione… Ogni commento dovrebbe essere superfluo.
Giorgio Israel, Blog di Giorgio Israel, 20 giugno 2015


martedì 28 giugno 2016

LA BUONA SCUOLA E’ SENZA CIRCOLARI 2/4 – Giorgio Israel (1945-2015)


Non è quindi da stupirsi se, in assenza di idee sia pur vaghe di cosa intendere per valutazione, ci si sia appigliati all’idea di trasformare la figura del dirigente scolastico in un valutatore autonomo e autocratico, un punto singolare nel sistema scolastico, dotato di poteri incompatibili con un sistema democratico dove tutto è regolato da pesi e contrappesi.
Era inevitabile che una simile scelta suscitasse aspre reazioni. Ad esse è seguito un coacervo di proposte riduttive […].
Per rendere più accettabile il ruolo attribuito al preside si parla di trasformarlo in “leader educativo” il che implicherebbe meno burocrazia e più attenzione alla vita scolastica. Ma qui siamo fuori della realtà: mai la scuola è stata sommersa come ora da un’invadente, soffocante burocrazia imposta dal ministero attraverso un diluvio di circolari.
Tutti sanno che uno dei problemi principali di questo paese è la presenza nei ministeri di un’alta burocrazia che agisce in modo autonomo dalla politica. Forse in nessun ministero come quello dell’istruzione questa autonomia ha raggiunto simili livelli. Chi abbia frequentato anche per poco i corridoi di Viale Trastevere sa che la formula circolante è «i ministri passano, noi restiamo e siamo l’architrave del sistema». Del resto, lo si è visto in questi giorni: mentre la legge non è stata ancora approvata, il ministero ne ha già predisposto le procedure attuative.
Giorgio Israel, Blog di Giorgio Israel, 20 giugno 2015


lunedì 27 giugno 2016

LA BUONA SCUOLA E’ SENZA CIRCOLARI 1/4 – Giorgio Israel (1945-2015)


La chiave del progetto è di ristrutturare una scuola di matrice statalista sul concetto di autonomia. Questo comporta un cambiamento radicale che pare che molti non abbiano compreso: il giudizio sui rendimenti dell’istituzione non compete più in modo esclusivo al ministero – che dovrebbe attenersi a una funzione di servizio – ma all’istituzione medesima.
In sostanza, l’autonomia non è pensabile se non con una precisa strutturazione di un sistema di valutazione rigoroso e trasparente. Sembra che tutti siano d’accordo, anzi uno dei motivi dominanti del testo è il continuo ricorso al termine “valutazione”, come se fosse un’ovvietà, e invece non lo è affatto. Sono anni che in Italia se ne parla senza concludere nulla. Le vie possibili sono due.
La prima è affidarsi a metodi quantitativi di carattere statistico, mediante test: non soltanto siamo lontanissimi dall’avere strutture adeguate a un simile approccio ma, nei paesi che l’hanno implementato o a livello europeo e internazionale, è soggetto a crescenti critiche.
La seconda via è quella delle ispezioni, non gestite alla vecchia maniera ministeriale, altrimenti sarebbe vano parlare di autonomia. Nel Regno Unito esiste un’istituzione ispettiva esterna e autonoma (Ofsted) che tuttavia è stata duramente criticata per il suo carattere autoreferenziale e senza controlli. L’altra via è quella di una valutazione ispettiva interna al sistema scuola, che coinvolga tutte le componenti, assumendo il principio che sono i pari (con l’aggiunta di qualche istanza superiore) a poter giudicare e aprire così un confronto che sia origine di una crescita culturale; e non istanze esterne, se non da consultare come elementi per la formulazione di un giudizio, e ciò per il motivo che la scuola non è un’impresa basata sulla “customer satisfaction”. Per far questo, occorrerebbe una precisa strutturazione del sistema ispettivo e nulla è stato fatto di serio in questa direzione.
Nell’assoluta vaghezza che circonda il termina “valutazione” è inquietante sentir dire che “poi si valuterà” rinviando la definizione di questo intervento a tempi e modi fumosi.
Giorgio Israel, Blog di Giorgio Israel, 20 giugno 2015


giovedì 16 giugno 2016

RIPENSAMENTI RADICALI 2/3 – Marco Orsi


In Italia negli anni ’90 dello scorso secolo si è posta una grande enfasi sull’autonomia degli istituti scolastici. Si diceva che ciò avrebbe aperto il sistema ad una pluralità di proposte, di sperimentazioni, di novità; avrebbe inserito elementi di fluidità, di innovazione in un organismo che da molte parti veniva visto come fermo, immobile, ingessato.
Tuttavia il cambiamento è stato solo apparente, di facciata.  Si è guardato all’immagine, poco alla sostanza. L’iniziativa degli istituti si è ampliata a dismisura generando, proprio in questi anni, un’inflazione di progetti, di azioni, programmi, ma il nucleo centrale, il modo di essere fondamentale della scuola non è cambiato.  Il modello è rimasto quello. 
Basta entrare in un’aula per cogliere come la rappresentazione della vicenda scolastica, quotidianamente, spesso persegue il medesimo cliché:  un sapere trasmissivo che si avvale della tripletta spiegazione alla cattedra - compito individuale ai banchi – interrogazione:  una relazionalità competitiva e individualistica che ha la sua centratura sulla motivazione estrinseca data dai voti, ove prevale un approccio all’apprendimento logico – formale, non basato sull’esperienza e sulla ricerca, che non promuove attenzione alla dimensione vocazionale e di vita dei soggetti.
Marco Orsi, A scuola senza zaino, Erickson, Trento 2006


mercoledì 16 settembre 2015

LA SCUOLA CHE VA RISPETTATA – Stefano Allievi


Primo giorno di scuola in quasi tutte le regioni d’Italia. Non in Trentino Alto Adige, che ha cominciato il 7 settembre. E nemmeno in Veneto, che per imperscrutabili motivi comincerà per ultimo, insieme alla Puglia, il 16. Al di là della data differenziata (se non altro simbolico segno che l’autonomia scolastica c’è), i problemi con cui quest’anno scolastico si apre sono comuni. Sarà infatti in vigore la riforma della scuola voluta dal Governo, contro cui sono già annunciate le prime mobilitazioni e proteste: impugnata anche dalla Regione Veneto con il sostegno del Movimento 5 Stelle, mentre il movimento anti-gender raccoglie le firme per abolirla insieme ai Cobas (per dire quante cose diverse ci si possono trovare dentro, e quante strane alleanze si creano).
In tutto questo, non riesce facile fare un discorso lineare sulla scuola. Ci proviamo, marcando alcuni punti fermi. La “Buona scuola” può piacere o meno. Si può disquisire con buone ragioni su ciò che manca, o su come è attuato quello che c’è. Non c’è dubbio tuttavia che tocchi punti centrali e sentiti: valutazione degli insegnanti, ruolo dei dirigenti scolastici, autonomia. Si può fare di più? Si può, e si deve. Ma solo partendo dal presupposto che la riforma non è abbastanza, non che è già troppo e va rifiutata. In questo senso gli insegnanti farebbero un grosso errore a boicottarla, anche se crediamo non sia questo il sentire comune tra i docenti. E’ legittimo protestare contro una riforma, e proporre soluzioni alternative. Ma una volta in vigore è legge dello stato, e la scuola deve dare l’esempio nel rispettarla, pur continuando a proporre soluzioni alternative e miglioramenti. Non è solo questione di rispetto della legalità: è l’abc della funzione civile della scuola e della sua ragion d’essere educativa. Abdicando ad essa, come alcuni preannunciano (iniziative esemplari proprio il primo giorno: che ha un significato simbolico, per studenti e famiglie, che non può essere preso in giro; o un domani il boicottaggio dei test Invalsi o degli scrutini), significa fare un danno di lungo periodo alla stessa funzione insegnante e alla sua credibilità, che ne risentirebbe ulteriormente.
Questo anche per non far aumentare la distanza, già oggi rilevante, tra il modo di vedere la scuola degli insegnanti e quello di studenti e famiglie. Su questo tema il “Corriere della sera” ha pubblicato un sondaggio da cui emerge che entrambi hanno importanti interessi in comune: vogliono migliorare la didattica, aumentare le ore di scuola, valorizzare lo sport e l’arte, dedicare quindi più risorse alla scuola. Ma famiglie e studenti vogliono anche più meritocrazia e valutazione esterna (non l’autovalutazione che preferiscono gli insegnanti), vedono il principale problema nella qualità stessa dell’insegnamento, vorrebbero avere criteri oggettivi per comparare le scuole e sceglierle, sono in larga maggioranza favorevoli ai test Invalsi, pur avendo in comune con gli insegnanti il desiderio di migliorarne l’efficacia.
Tutto questo ci dice che la riforma, con tutti i suoi limiti, ha preso una direzione che, dagli utenti della scuola, è considerata giusta: semmai non ancora sufficiente. Non sono contro: vogliono andare oltre. Insieme, insegnanti e famiglie, possono quindi chiedere di più: in termini di edilizia scolastica, risorse a disposizione (anche per la formazione e, sì, i salari degli insegnanti), orari più lunghi, più materie tra cui scegliere, miglioramento della didattica.
In questo gli insegnanti sono supportati dalle famiglie: che nella funzione della scuola ci credono, nella capacità di perseguirla un po’ meno – spesso, e qui sta la divergenza, per motivi diversi da quelli che gli insegnanti considerano cruciali. E’ un punto da cui partire per riflettere insieme. Se le organizzazioni degli insegnanti lo usassero invece come motivo per cui dividersi ulteriormente (non dal governo, ma dalla pubblica opinione) commetterebbero un errore che andrebbe a loro danno. Se lo si capisce, guardando al futuro, si apre una grande opportunità per la scuola come valore aggiunto sociale e civile del paese. Se non lo si capirà, continuando a guardare a quello che ormai è il passato, il corpo insegnante rischia di perdere una partita assai più importante: quella del significato della sua funzione e del suo peso sociale.

La scuola che va rispettata, in “Corriere della sera – Corriere del Veneto”, 13 settembre 2015, p.1

lunedì 27 aprile 2015

PUNTO DI VISTA N. 1 – Alessandra Pirozzi



C’ERA UNA VOLTA LA SCUOLA PUBBLICA

Cari mamme e papà, cari bambini e ragazzi, 
Mi chiamo Scuola Pubblica e voglio raccontarvi la mia fine. 
Mi trovo in uno Stato, quello italiano, che non mi ama, anzi mi disprezza al punto tale che ha convinto tutti a fare lo stesso. Peccato che all’estero sono stata di esempio a tutti !
Dicono che i miei Docenti fanno troppe vacanze ma ... non dicono che fanno più giorni di didattica di tutti gli altri paesi europei  ( più di 200) e...  non dicono che le “vacanze” (si chiamano ferie in realtà) le fanno tutti … solo non tutte insieme in estate come da noi!
Non dicono che gli stipendi dei miei docenti sono i più bassi di tutti gli altri docenti d’Europa.
Dicono che le scuole in Europa sono aperte anche d’estate e che fanno campi estivi ...
Non dicono che sono chiuse molto spesso in inverno per le famose “vacanze” e
non dicono che i campi estivi sono tenuti da altre persone… non dai docenti che sono in ferie ( P.S. i campi scuola li facciamo anche noi !! )
Ora sarò io a raccontarvi qualcosa :
un signore di nome Renzi e i suoi amici hanno deciso di cambiare tutto!
Hanno deciso che ci sarà una sola persona, il Preside/Padrone a decidere tutto.
Tutto cosa? Direte voi…  Beh per esempio chi saranno i Professori e i Maestri.
E come lo farà? ... Dice Renzi  leggendo i curricola e scegliendo i più bravi. 
Bene direte voi… Male dico io…
E sapete perché? Se anche veramente scegliesse quelli che lui ritiene più bravi di tutti (e non la sorella, l’amico, il parente etc… ) succederà una cosa molto brutta. 
Ci saranno le scuole di SERIE “A” e quelle di SERIE “B” .
E voi farete la corsa ad entrare in quelle di serie A.... e se resterete fuori…. ?
Pazienza …
Ma a me non piace così, ora tutti stiamo insieme … ci aiutiamo per diventare migliori . 
Non esiste il più ricco che perciò è più bravo, e il più povero che perciò non lo è.
ORA CONDIVIDIAMO , non c’è COMPETIZIONE.
Gli sponsor privati entreranno nella scuola e nei P.O.F. (ossia nelle scelte della scuola , le scelte educative) decideranno loro - cosa imparare  - Chi dovrà e potrà imparare nelle scuole di serie A .
E gli altri … ?  E chi se ne importa?... E i bambini diversamente abili già ora inghiottiti nelle Foibe degli invalsi?... e i Bes? (come se un bambino o un ragazzo fossero una SIGLA!!!!)
A ME SCUOLA PUBBLICA SI! A ME IMPORTA!
Sono come una MAMMA! Non ho figli di serie A e di serie B io!
LI AIUTO , ACCOLGO , CRESCO ED EDUCO TUTTI ! Perché li amo come una mamma. Sono IL MIO FUTURO…iL FUTURO DEL MIO PAESE, LIBERO E DEMOCRATICO … ancora per poco … AIUTAMI TU ORA A RESISTERE ED ESISTERE ANCORA !
LOTTA CON ME E PER ME!!!!!
DICIAMO NO AL DISEGNO DI LEGGE “LA BUONA SCUOLA”
DICIAMO UN SECCO NO ALLA SCUOLA DELLA DISUGUAGLIANZA !
Maestra Alessandra Pirozzi.. a nome di tutti i Maestri della nostra Scuola Pubblica!!


Alessandra Pirozzi, nel WEB

martedì 11 marzo 2014

34. LA NOSTRA PIU’ PREZIOSA CONSEGNA – Francesco Callegari


LA NOSTRA PIU’ PREZIOSA CONSEGNA

LETTERA APERTA AL NUOVO MINISTRO DELL’ISTRUZIONE - 11 marzo 2014

Nelle nuove “Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo dell’istruzione”, a pagina 9 si legge:
“La scuola realizza appieno la propria funzione pubblica impegnandosi, in questa prospettiva, per il successo scolastico di tutti gli studenti, con una particolare attenzione al sostegno delle varie forme di diversità, di disabilità o di svantaggio”.
E ancora: “Le finalità della scuola devono essere definite a partire dalla persona che apprende”.
Una scuola che ricerca quotidianamente il senso della propria esistenza nella centralità dell’alunno, senza se e senza ma, legge queste parole con grande favore.  Soprattutto perché la nostra è una scuola che da sempre considera l’alunno con disabilità come la sua più preziosa consegna.
Il 5 agosto 2009 sono state emanate le “Linee guida sull’integrazione scolastica degli alunni con disabilità” e lì leggiamo che:
“La presenza di alunni disabili non è un incidente di percorso, un’emergenza da presidiare, ma un evento che richiede una riorganizzazione del sistema e che rappresenta un’occasione di crescita per tutti”.
E proprio questo, noi abbiamo cercato di fare in questi anni: organizzarci in modo da offrire ai ragazzi con disabilità il meglio della nostra competenza, delle nostre energie, della nostra didattica, della nostra capacità di accogliere e di creare benessere.
“L’abbiamo visto anche noi che con loro la scuola diventa più difficile. Qualche volta viene la tentazione di levarseli di torno. Ma se si pèrdono loro, la scuola non è più scuola. E’ un ospedale che cura i sani e respinge i malati, diventa uno strumento di differenziazione sempre più irrimediabile. E voi ve la sentite di fare questa parte nel mondo?”
Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, p. 20.
A complicare le cose, negli ultimi tempi, è venuta la carenza di personale specializzato nel sostegno. Gli alunni con le necessità più particolari, quelli che avrebbero più bisogno di docenti di grande competenza ed esperienza, vengono ora affidati a insegnanti precari, spesso senza alcuna preparazione specifica e attinti dalle graduatorie delle varie discipline: tecnologia, musica, educazione fisica…, sulla base del loro punteggio. Insegnanti con tanta buona volontà, ma nessuna specializzazione sul sostegno.
Quando, anziché l’alunno, a essere privilegiata è la “Graduatoria” o addirittura l’Intergraduatoria, che è la “Graduatoria delle graduatorie”, tutto può succedere. E così, di anno in anno, all’insegnante di musica subentra l’architetto, il docente di educazione fisica sostituisce l’insegnante di lingua straniera, e così via...  
Noi crediamo che, prima di ogni altra considerazione, il ragazzo con disabilità abbia il diritto di avere accanto a sé un esperto che sappia cogliere le sue difficoltà e le sappia gestire con competenza professionale. In caso contrario, corriamo il rischio che uno più uno non faccia due.
Gian Antonio Stella sul Corriere del 31 gennaio 2013, alla fine di un articolo dal titolo “Bocciare il merito, la scuola non cambia mai, parlando dei modi in cui vengono assunti i docenti, scriveva:
“…ti senti sperduto in un'intricatissima foresta in cui ancora una volta è stata smarrita la strada che porta a quel «merito, merito, merito» di cui tutti si riempiono la bocca. E in cui i diritti fondamentali da difendere sembrano comunque essere ancora quelli dei professori e solo dopo (molto dopo) quelli degli studenti.”

Sperando in un futuro dove nella scuola italiana il primo “avente diritto” sia realmente l’alunno, Le porgo i più sinceri auguri di buon lavoro.

Francesco Callegari
Dirigente scolastico

venerdì 13 dicembre 2013

LA RIFORMA DEI CICLI - Luigi Berlinguer



Luigi Berlinguer pone alcune riflessioni sulla “riforma dei cicli scolastici” per abbreviare il periodo di studio e far sì che i ragazzi escano dalla scuola a 18 anni.
L’intervista si sofferma sulla verticalità dei cicli “aperti” e sulla riduzione del ciclo scolastico di un anno. L’idea è di accorpare in un unico ciclo (7 anni) il percorso della primaria con quello della media, senza toccare il periodo di 5 anni delle scuole superiori, in quanto l’ultimo anno è fondamentale per maturare l’orientamento futuro (lavoro o università).

Berlinguer lancia la proposta di aprire sulla rivista “Education 2.0” un dibattito approfondito sui primi casi di sperimentazione e sui pareri degli esperti.

Education 2.0, 28 novembre 2013
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