Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber
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lunedì 28 dicembre 2015

E' PASSATO FACENDO SOLO IL BENE – Enzo Bianchi


Al centro di tutto il nostro vivere c’è il Signore Gesù, quest’uomo che ci ha insegnato a vivere in questo mondo, quest’uomo che è passato facendo solo il bene, quest’uomo che era straordinario perché “umanissimo”, quest’uomo che raccontava Dio con la sua carne, la sua vita, la sua parola. Egli era ed è Dio, parola in verità ambigua, ma che per noi significa la verità, l’eternità, ciò che ci precede, ci accompagna, ci segue, qui e al di là della nostra morte. Sì, noi lo amiamo senza averlo visto e senza vederlo crediamo in lui che dà senso alle nostre vite, sempre inadeguate in ogni relazione vissuta: con gli uomini e le donne che incontriamo e con lui, nel quale c’è tutta l’umanità e tutta la divinità.

Fr. Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose

mercoledì 4 marzo 2015

IDOLATRIA – Enzo Bianchi


L’idolo – inteso come «simulacro», «feticcio» – non è la personificazione del dio, e in questo non inganna l’adoratore che è perfettamente consapevole di trovarsi di fronte non al dio in persona bensì a un’opera delle proprie mani, un «manufatto» che egli stesso offre al dio come «immagine visibile» affinché questi acconsenta ad assumerne il volto. Così, chi adora una statua sa benissimo che il dio non coincide con quell’idolo: in essa trova il volto accettato dal divino che sta prima di ogni immagine. In questo senso si può dire che l’esperienza umana del divino precede il volto che quel divino assume in essa, l’elaborazione umana del divino anticipa il volto idolatrico e così l’idolo restituisce all’uomo, sotto la forma del volto di un dio, la sua stessa esperienza del divino. Così quello che emerge a livello di «simulacro», di oggetto, si rivela autentico anche al livello più profondo (o più alto) dell’immagine: l’idolo, che sia esso statua o realtà immateriale o ideologia, non inganna ma fornisce certezze riguardo al divino. Anche quando appare nel suo aspetto terribile, l’idolo è rassicurante perché identifica il divino nel volto di un Dio.


Enzo Bianchi, Lessico della vita interiore, Milano 2004

mercoledì 24 dicembre 2014

mercoledì 3 dicembre 2014

LA GRANDE OPERA – Enzo Bianchi


E’ necessario, allora, per compiere l’opera grande, iniziare da se stessi, percorrere il cammino del ritorno, e quindi raggiungere gli altri uomini con la coscienza che un uomo autentico contribuisce alla trasformazione del mondo solo attraverso la propria trasformazione.


Enzo Bianchi, prefazione a M. Buber, Il cammino dell’uomo, p. 10.

martedì 2 dicembre 2014

L’UOMO UNIFICATO – Enzo Bianchi


L’uomo è un essere diviso, contraddittorio, complicato, ma può conoscere il miracolo dell’unificazione mettendo la propria volontà in sinergia con la forza divina che giace nelle sue profondità.
Solo l’uomo unificato può compiere l’opera intera e non operare rammendi.

Enzo Bianchi, prefazione a M. Buber, Il cammino dell’uomo, p. 10.

sabato 22 novembre 2014

LA PROPRIA VIA – Enzo Bianchi


Ognuno ha una sua via e, sceltala, deve perseguirla con risolutezza, abbandonando la concezione della vita come accumulo di esperienze diverse: la decisione deve essere forte e risolutiva, senza tributi pagati al mito delle esperienze diverse e molteplici che produce solo dilettantismo.
Qualunque sia la via scelta, se essa è la propria via e la si persegue con fedeltà e perseveranza, alla fine si conosce la gioia, la bellezza, la pienezza.
Enzo Bianchi, prefazione a M. Buber, Il cammino dell’uomo, Edizioni Qiqajon, Magnano (BI) 1990, p. 9.


domenica 16 dicembre 2012

DA FORESTIERO - Enzo Bianchi



Il forestiero
è colui che viene da altrove:
è uno sconosciuto.

Il forestiero
è colui che passa e poi va:
è un pellegrino.

Il forestiero
è colui che può essere accolto o respinto:
è un ospite.

Il forestiero
è colui che non possiede casa né terra:
è un povero.

Il forestiero
è colui che non ha bagagli ingombranti:
è libero per camminare.

Enzo. Bianchi, Nella compagnia degli uomini, Casale Monferrato 1995, 5.  

sabato 18 dicembre 2010

NATALE, FESTA FRAGILE - Enzo Bianchi

Festa fragile quella del Natale, amata da tutti ma esposta a malintesi e stravolgimenti. Così nelle nostre società del benessere assistiamo impotenti allo scatenarsi di una frenesia commerciale che usa il Natale come pretesto, oppure ne vediamo la simbologia banalizzata a fenomeno da stagione invernale, dimenticandoci che nell'emisfero sud i cristiani celebrano lo stesso mistero senza contorno di freddo e gelo. O ancora, assistiamo oggi a dispute peregrine su linguaggi simbolici che offenderebbero altre tradizioni religiose, quando è il messaggio cristiano stesso a patire se ridotto soltanto a canzoncine, alberi decorati o festoni colorati.
Ma cos'è davvero, in profondità, il Natale cristiano? Le fonti cristiane parlano di una nascita avvenuta senza concorso di uomo, una nascita straordinaria dovuta alla forza dello Spirito di Dio, a indicare che Gesù era un uomo come solo Dio poteva dare all'umanità. Ma le circostanze della nascita sono estremamente "umane": non essendoci posto nel caravanserraglio, Maria e Giuseppe si rifugiano in una stalla e il bambino appena nato viene deposto in una mangiatoia. Quella del Messia di Israele è dunque una nascita nella povertà, in condizione di itineranza, e sono dei poveri, i pastori, che per primi lo incontrano, avvertiti da un messaggio degli angeli.
Natale è il compimento delle promesse dei profeti perché il Messia è nato, è un uomo vivente e presente in mezzo all'umanità: Dio era eterno e in quel bambino si è fatto mortale, Dio era potente e si è fatto debole, Dio era invisibile e si è fatto visibile. Fin dalla sua nascita, l'uomo Gesù comincia a narrare, a raccontare Dio, quel Dio che nessuno aveva visto né può vedere prima della morte.
Se i cristiani recuperassero questo patrimonio umano e di fede che è loro proprio e che nel messaggio del Natale diviene particolarmente eloquente per tutti, forse ne verrebbero benefici per l'intero tessuto sociale. Non dimentichiamo che l'annuncio degli angeli ai pastori parla di pace in terra "agli uomini di buona volontà", con un'espressione ricalcata sul latino di san Gerolamo che in realtà significa "all'umanità intera, oggetto dell´amore di Dio". Sì, perché quel Messia di pace e giustizia di cui i cristiani insieme agli ebrei invocano la venuta, quel Messia che i discepoli di Gesù confessano già apparso nel loro maestro e Signore, figlio di Maria di Nazaret, è davvero la speranza di una vita piena per tutti, una vita segnata dall´amore.
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