Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber
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mercoledì 13 aprile 2016

LA COLLERA


La collera dell’uomo eccellente dura un momento, quella del mediocre dura due ore, quella dell’uomo volgare un giorno e una notte, quella del malvagio non cessa mai.
Subhashitarnava, Sentenze Singalesi, XVII sec.

martedì 3 giugno 2014

LA RABBIA SELETTIVA - Marshall B. Rosenberg


Una volta, mentre lavoravo con gli studenti di una scuola-riformatorio per ragazzi nel Wisconsin, ricevetti una lezione straordinaria. Per due giorni di fila fui colpito al naso in due modi insolitamente simili.
La prima volta ricevetti una forte gomitata al naso mentre intervenivo in una lotta tra due studenti. Mi infuriai così tanto che non potei trattenermi dal restituire il colpo. Per le strade di Detroit, dove sono cresciuto, ci voleva molto meno che una gomitata al naso per provocare la mia collera.
Il giorno seguente: situazione simile, stesso naso (e quindi maggior dolore fisico) ma nemmeno un po’ di rabbia!
Riflettendo accuratamente su quella esperienza, la sera stessa, mi resi conto di avere etichettato mentalmente il primo ragazzino come un “ragazzaccio viziato”. Questa immagine era già presente nella mia testa prima che mi colpisse al naso con il gomito e, quando lo fece, non si trattò semplicemente di un gomito che mi colpiva al naso. Si trattò, invece, di: «Quel ragazzaccio viziato non ha alcun diritto di fare questo!».
Sul secondo ragazzino avevo un giudizio diverso; lo vedevo come una “creaturina delicata”. Poiché tendevo a preoccuparmi di questo ragazzino, non sentii alcuna collera benché il mio naso dolesse e sanguinasse molto di più il secondo giorno.
Non avrei potuto ricevere una lezione più potente per rendermi conto che a provocare la mia rabbia non è ciò che fa l’altra persona, ma sono le immagini e le interpretazioni che ho nella mia testa.
Marshall B. Rosenberg, Le parole sono finestre, Reggio Emilia, 2003, p. 176.


lunedì 2 giugno 2014

LA RABBIA ALIENA DALLA VITA – Marshall B. Rosenberg


Ritengo che ogni tipo di rabbia sia il risultato di un modo di pensare che aliena dalla vita e che provoca violenza. L’essenza della rabbia è un bisogno che non viene soddisfatto. La rabbia quindi è preziosa se la utilizziamo come un campanello d’allarme per svegliarci, per accorgerci che abbiamo un bisogno che non viene soddisfatto e che stiamo pensando in un modo che ne rende improbabile la soddisfazione.
La piena espressione della rabbia richiede la piena consapevolezza del nostro bisogno. Inoltre, è necessario avere dell’energia per soddisfare tale bisogno. La rabbia, tuttavia, assorbe la nostra energia dirigendola verso la punizione delle altre persone anziché verso la soddisfazione del nostro bisogno.
Anziché provare una “giusta indignazione” vi suggerisco di connettervi empaticamente ai vostri bisogni personali o a quelli degli altri. Questo può richiedere molto esercizio, per mezzo del quale, più e più volte, sostituiamo consapevolmente alla frase «Sono arrabbiato perché loro…» quella «Sono arrabbiato perché ho bisogno di…».

Marshall B. Rosenberg, Le parole sono finestre, Reggio Emilia, 2003, p. 175-176

domenica 1 giugno 2014

LA RAGIONE O LA PACE? – Eckart Tolle


Voi volete la pace. Non vi è nessuno che non voglia la pace.
Ma vi è comunque qualcosa in voi che vuole il dramma, che vuole il conflitto. Può darsi che per ora non siate in grado di rendervene conto. Forse dovrete aspettare una situazione oppure un pensiero che faccia partire in voi una reazione: magari qualcuno che vi accusi di questo o di quello, qualcuno che non vi riconosca, che invada il vostro territorio, mettendo in discussione la maniera in cui agite, magari un diverbio a proposito di soldi…
Potete in quel momento sentire la potente ondata che si alza in voi, la paura, magari mascherata dalla rabbia e dall’ostilità? Sentite la vostra voce diventare roca o penetrante, o più alta o più bassa di qualche ottava? Potete essere consapevoli della vostra mente che si slancia a difendere le sue posizioni, a giustificare, ad attaccare, a ferire? In altre parole, potete in quel momento d’inconsapevolezza, risvegliarvi? Potete sentire che vi è qualcosa in voi che è in guerra, qualcosa che si sente minacciato e vuole sopravvivere a ogni costo, che ha bisogno del dramma per confermare la propria identità come un personaggio vittorioso di una produzione teatrale?
Sentite che vi è qualcosa in voi che vuole avere ragione piuttosto che essere in pace?
Eckart Tolle, Un nuovo mondo, Oscar Mondadori, Milano 2010, p. 71


sabato 31 maggio 2014

RANCORE – Mariapia Veladiano


Senza. Senza l'ossessione: lui mi ha fatto, lei mi ha detto. Per denaro, invidia, potere, indifferenza, malvagità, pura malvagità. Pensiero preminente, su tutto, che mi precede, accompagna, segue. Ombra densa, collosa, che annoda i sentimenti. Irrecuperabile attesa di poter restituire il colpo. Nitido colpo. Ricordo solitario, rimasto lucente nel cinerino del tempo intanto andato.
Senza l'angustia: solo l'immagine, la scena rivista mille volte, le parole sfrontate non si smorzano nell'aria. Perché non c'è aria. Il respiro bloccato ogni volta che il pensiero si affaccia. Lui mi ha fatto. Lei mi ha detto. Maniaco, solitario consumarsi sul finire di noi stessi.
Con la libertà: di pensare pensieri nuovi, messaggeri separati dal dolore ormai innocuo, che può diventare prova già passata, risata saggia.
Vita un po' incauta, pronta a perdersi perché sa di sé, circondata di storie, più serie e più allegre della sua, e voci e coincidenze e soprassalti, e campi che si possono calpestare lasciando tracce da abbandonare o ripercorrere, insieme e da soli e poi ancora insieme, una festa, allegria del ritrovare questa intima, tutta nostra, potente, necessaria forza che ci fa compagnia.
Vita libera, abbastanza libera, e quindi restituita, nostra unica occasione finalmente afferrata.
Una vita libera dal rancore.
Mariapia Veladiano, Ma come tu resisti, vita, Torino, Einaudi, 2013, p. 8-9.


venerdì 30 maggio 2014

COME FARE DI UNA MOSCA UN ELEFANTE - Barbara Berckhan


La collera ci porta a fare di una mosca un’intera mandria di elefanti. Finché siamo in suo potere, infatti, la percezione risulta distorta. Il motivo del fastidio ci appare molto più grave di quanto sia in realtà. Un errore trascurabile si trasforma in un danno irreparabile, una piccola disattenzione in una catastrofe. Cosa succede se affrontiamo la questione in preda a questa percezione distorta e avanziamo alla persona interessata le nostre lamentele?
Finché siamo incolleriti, molto probabilmente reagiremo in maniera spropositata. Esagereremo nell’esternare all’altro il nostro malcontento. Solo una volta ritornati calmi, ossia dopo aver superato la fase di arrabbiatura, possiamo valutare a mente lucida l’effettiva entità del danno.
Barbara Berckhan, Piccolo manuale per imparare a fare e a ricevere critiche, Feltrinelli, Milano 2014, p. 45


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