Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber
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lunedì 28 aprile 2014

FURORE - John Steinbeck (1902-1968)


La vicenda narra l'epopea della 'biblica' trasmigrazione della famiglia Joad, che è costretta ad abbandonare la propria fattoria nell'Oklahoma a bordo di un autocarro e a tentare di insediarsi in California, dove spera di ricostruirsi un avvenire. Nella stessa situazione si trovano centinaia di altre famiglie, sfrattate dalle case dove avevano vissuto per generazioni perché le banche a cui avevano chiesto i prestiti non rinnovano i crediti e confiscano i terreni spedendo le "trattrici" a spianare tutto, comprese le abitazioni in legno.
La storia inizia con Tom, che è appena stato rilasciato sulla parola con un permesso speciale del carcere - dove ha già scontato quattro dei sette anni ai quali è stato condannato per aver ucciso un uomo che lo aveva accoltellato. Egli ritorna a casa attraversando un paesaggio desolato dall'aridità e dalle piogge torrenziali che rovinano l'ennesimo raccolto e che preannunciano la miseria incombente. Con la sua famiglia decide così di abbandonare l'Oklahoma per tentare la fortuna all'Ovest. Costoro intraprendono a bordo di un autocarro il lungo viaggio verso la California.
John Steinbeck, Furore, Bompiani, Milano 1940.
Nuova edizione: Bompiani 2013, nuova traduzione integrale di Sergio Claudio Perroni.

Titolo originale: The grapes of wrath, Copyright 1939 John Steinbeck

venerdì 6 gennaio 2012

LA GIOIA - Anthony De Mello


Perché gli uomini sono tristi? Perché hanno idee distorte e atteggiamenti sbagliati.
La prima idea distorta che gli uomini hanno è che gioia equivalga a euforia, sensazioni di piacere, divertimento. Con questa idea in testa gli uomini vanno in cerca di droghe e stimolanti, e finiscono con l'essere dei depressi. L'unica cosa con cui dobbiamo drogarci è la vita. È un tipo di droga leggero, ma con effetti duraturi. Questa è la prima idea distorta dalla quale ci dobbiamo liberare. Gioia non significa euforia; non necessariamente.
La seconda idea distorta consiste nel pensare che possiamo raggiungere la nostra felicità, che possiamo fare qualcosa per afferrarla. Qui quasi mi sto contraddicendo, perché in seguito esporrò cosa possiamo fare per ottenere la felicità. La felicità però non si può conseguire in se stessa. La felicità è sempre conseguenza di qualcosa.
La terza e forse più determinante idea distorta sulla felicità consiste nel ritenere che essa si trovi fuori di noi, nelle cose esterne, nelle altre persone. “Cambio lavoro, così forse sarò felice”; oppure: “Cambio casa, mi sposo con un'altra persona..., così forse sarò felice”, ecc. La felicità non ha nulla a che vedere con l'esterno. In genere si crede che i soldi, il potere, la rispettabilità possano rendere felici. Di fatto però non è così. I poveri possono essere felici.
Mi ricordo della storia di un prigioniero nazista. Il pover'uomo tutti i giorni veniva torturato. Un giorno lo cambiarono di cella. Nella nuova cella c'era un abbaino, da dove egli poteva vedere un pezzo di cielo azzurro durante il giorno, e alcune stelle la notte. Il prigioniero rimase così affascinato da questo spettacolo che inviò una lunga lettera a quelli di casa sua, descrivendo la sua grande fortuna. Dopo aver letto questa storia, guardai dalla mia finestra.
Davanti a me si estendeva la natura in tutta la sua bellezza. Ero libero, non prigioniero, potevo andare dove volevo! E ritengo di aver provato solo una frazione della gioia di quel povero prigioniero.
Una volta conobbi una paralitica, alla quale tutti chiedevano: “Dove trovi questa gioia che traspare sempre dal tuo volto?”. Ed ella rispondeva “Io ho tutto ciò che serve alla mia felicità. Posso fare le cose più belle della vita”. Paralizzata, a letto, in un ospedale; eppure piena di gioia. Che donna straordinaria!
La gioia non si trova all'esterno. Liberatevi da questa nozione distorta, altrimenti non la troverete mai.

Anthony De Mello, Istruzioni di volo per aquile e polli, p. 25-27

domenica 26 settembre 2010

NELLA MIA ORA DI LIBERTA' - Lucia Castellano

“Se c'è qualcosa da spartire
tra un prigioniero e il suo piantone
che non sia l'aria di quel cortile
voglio soltanto che sia prigione”.
Fabrizio de André, Nella mia ora di libertà (1973)


Lucia Castellano è direttore del carcere di Bollate, una casa di reclusione impostata sul “trattamento avanzato” dei detenuti. In questo breve ma folgorante intervento radiofonico (poco più di due minuti), la dr.ssa Castellano descrive il suo esperimento di carcere non prigione, di spazio non re-cluso, di tempo non scandito. L’esito ci lascia disorientati e confusi.  


    
                                     LO SPAZIO                          IL TEMPO
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L’Istituto Comprensivo di Camposampiero comprende anche le due scuole carcerarie della Casa di Reclusione “Due Palazzi” di Padova e il Carcere Circondariale della stessa città. 
All’interno delle mura carcerarie, i nostri docenti vivono un’esperienza forte, che arricchisce sicuramente la loro umanità e la loro professionalità, ma che soprattutto offre ai detenuti un’importante occasione di crescita culturale e civile. 
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