RAGIONE IN SCIOPERO
Si discute e sciopera in questi giorni nella scuola intorno a quanto ampia debba essere la platea degli assunti, e ai poteri dei presidi.
Il disegno di legge, sul secondo
argomento e all’art.7, dice solo: “il dirigente scolastico propone gli
incarichi di docenza...”, con effetto sui prossimi assunti e poi su coloro che
in futuro chiederanno il trasferimento. I docenti di ruolo che vorranno
muoversi non potranno più farlo semplicemente confidando sulla anzianità, com’è
ora, ma su una proposta arrivata da una (o molte) scuole, una chiamata.
Conta poco sapere se le proposte dalle
scuole possano essere più o meno meditate o ‘indecenti’, e può ben essere
affievolita in legge la responsabilità univoca del dirigente scolastico. Perché
secondo me il punto critico è un altro: a contare ora per il suo trasferimento
non sarebbe più la sola volontà del docente. Diventa invece dirimente la sua reputazione, cioè quello che può
confermare di saper fare e di aver fatto nella didattica, e quali elementi di valore
siano presenti nella sua formazione, il curriculum e l’opinione.
A me pare che sia questa radicale
trasformazione a irrigidire il corpo docente italiano oggi - che la intuisce
più che capirla -, e non a torto: i più forse temono di patire in obliquo, e
magari per la prima volta, la valutazione professionale.
Perché una cosa è non ottenere il
trasferimento richiesto per angheria di impersonale e ingrata graduatoria, o
per aver sbagliato i tempi dell'agguato; altra cosa perché, visto pressappoco
chi sei, nessuno ti chiama.
Dunque, mi pare si possa noi transigere
su chi declami la proposta, se il preside o un coro, purché al chiedente sia
richiesto di esporsi alla voce, e non di acquisire lui movimento in prevalenza
per via dell’età.
Giancarlo Pretto, dirigente
scolastico