E' ammirevole il
messaggio che rivolge, a noi genitori, il dott. Tonucci (vedi post del 15 ottobre 2013).
Una volta le famiglie
erano numerose, ogni casa pullulava di pargoli da accudire e da sfamare. I
padri lavoravano nei campi fino a sera, le madri governavano la casa, le
sorelle maggiori badavano ai fratelli più piccoli, i ragazzini più grandicelli
si arrangiavano a rendere avventurosa la loro giornata.
I genitori di un
tempo erano meno presenti, meno partecipativi, meno sentinelle asfissianti, ma
ugualmente educatori amorevoli.
I figli di un tempo
crescevano fra la miseria, la precarietà e la scarsità delle cure mediche, ma
ugualmente fanciulli vivaci, forti e carichi di emozioni.
Una volta, i figli
erano più liberi, e gli adulti ci tenevano a lasciare loro uno spazio di
crescita autonoma. Ma era una libertà nella sicurezza nell'ambiente in cui si
viveva.
Oggi siamo genitori
antagonisti rispetto ai nostri predecessori: siamo convinti di essere
"genitori migliori" e maggiormente responsabili nei confronti della
nostra prole solo se estendiamo la nostra presenza, ombra, in ogni loro minimo
vissuto.
Se non ci comportassimo
così, verremmo additati come educatori irresponsabili, disattenti,
menefreghisti.
Così siamo giunti a
iperproteggere i figli per proteggerci dai giudizi altrui e dalle nostre
esagerate paure.
Proteggendo troppo,
li soffochiamo e li priviamo di vivere anche le sensazioni dure, amare e
dolorose della vita.
Patrizia
Malachin,
genitore