Allora
la gioia come origine del nostro sentire, del pensare, dell'agire. La gioia -
la sua condizione interiore - come la vera e primaria sede di liberazione, non
più cercata in un modello di comportamento, in una morale, in una regola, in un
comandamento. È nello stato di gioia che, come ricorda Nietzsche, nasce
nell'uomo, del tutto naturalmente e spontaneamente, quel senso di bontà di per
sé, quella bontà da fare propria, quel forte desiderio di pulizia dentro. E
allora la gioia si fa - insieme - origine del nostro cammino e questo stesso
camminare.
La
gioia non come evento di passaggio, stato emozionale prodotto da questo o quel
momento. La gioia invece come struttura emotiva stessa all'interno della quale
si produce l'eventuarsi dei suoi stati. Si tratta di una nuova interiore
apertura alla realtà, appunto un nuovo rapporto con l'esistenza: trasparenza
fatta di leggerezza e fiducia, fiducia che è allora immersione semplice nel
reale.
Non
è uno stupido ripetersi che tutto comunque va sempre bene. A volte le cose non
vanno affatto bene. A volte c'è la morte, a volte la sciagura, a volte la
guerra, a volte la tristezza, ... È invece una amorevole disponibilità a ciò
che è.
Sì, mantenere sempre questa disponibilità, questa apertura, questo
morbido sentire.
Gianfranco Bertagni, La
meditazione come via