TAL BEN SHAHAR dell’Università di
Herzlia (Israele) scrive: una delle barriere più comuni alla felicità è la falsa
attesa che qualcosa – un libro o un professore, una principessa o un cavaliere,
un complimento, un premio, o una rivelazione – possa portarci eterna gioia.
Tutte queste cose possono contribuire al nostro benessere, ma formano solo una
piccola parte del mosaico di una vita felice.
La favola della felicità – la
convinzione che qualcosa ci farà essere felici per sempre – porta
inevitabilmente alla delusione. Una vita felice raramente è dettata da qualche
straordinario cambiamento; piuttosto prende forma esperienza dopo esperienza,
momento dopo momento, perché la vita è il giorno per giorno, l’ordinario, i
dettagli del mosaico. Viviamo una vita felice quando otteniamo piacere e
significato, quando passiamo del tempo con le persone che amiamo, impariamo qualcosa
di nuovo, o ancora, ci impegniamo in un progetto sul lavoro. Più i nostri
giorni sono pieni di queste esperienze, più felici diventeremo.
I presupposti del progetto
La felicità sta nell’attesa di un
qualcosa che mai arriverà. I luoghi comuni paiono convergere in un’unica
direzione: la felicità, quella chimera sfuggente che tutti noi inseguiamo,
sembra molto difficile da raggiungere e, in ogni modo, è troppo breve per
essere assaporata.
Non è così secondo alcuni
psicologi di ultima generazione e secondo noi insegnanti delle tre classi della
scuola secondaria di primo grado Emanuele Artom di Torino: la felicità può
durare tutta la vita, basta impararla e farla diventare materia di studio,
fondata sui principi della psicologia positiva.
E’ quello che ci siamo riproposti
di fare quest’anno con le nostre classi, pensando e mettendo in pratica un
percorso multidisciplinare, che portasse i ragazzi a riflettere e discutere su
cosa è la felicità, ma soprattutto a scoprire le potenzialità nascoste in
ognuno per svilupparle e metterle in relazione con il benessere e la qualità
della vita.
E’ un approccio opposto a quello
della psicologia tradizionale e della gran parte del mondo della scuola che
tendono ad analizzare deficit e mancanze, anziché sottolineare e valorizzare i
punti di forza. Si tratta di capovolgere la prospettiva: abbiamo scelto di
privilegiare gli interventi finalizzati alla valorizzazione delle abilità e
delle risorse degli allievi, e non limitarci alla riduzione o compensazione
delle loro limitazioni.
La strada intrapresa consiste nel
lavorare su autostima, empatia, amicizia, ottimismo, ma anche creatività, e
senso dell’umorismo.
Vai al Progetto Felicità (Simchà) della Scuola Ebraica di Torino
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