Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

NEWS

Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber

giovedì 7 maggio 2020

AVRO' CURA DI TE




Ai miei ragazzi e ragazze
e alle loro famiglie
Agli insegnanti e al personale ATA
A tutti coloro che hanno lavorato con me in questi anni
A tutti coloro che amano la scuola


C
on la sua trasmissione Non è mai troppo tardi, Alberto Manzi si proponeva un obiettivo semplice e, allo stesso tempo, ambizioso: consentire a tanti analfabeti italiani di conseguire il diploma di quinta elementare.
Nei primi anni Sessanta, la televisione aveva fatto da poco il suo ingresso nelle case e rappresentava uno strumento tecnologico d’avanguardia. Consapevoli che la proposta era rivolta a coloro che a scuola non c’erano andati, o non potevano andarci, il maestro Manzi e la RAI misero la novità a frutto del bisogno. Il format non poteva che avere i caratteri di una didattica a distanza, un’istruzione di base assolutamente formale.
Il contratto con i telespettatori era chiaro: io vi insegno a leggere e a scrivere in modo che voi possiate sostenere l’esame. Altre promesse o aspettative differenti sarebbero state fuorvianti o pretestuose.
Per diversi anni, la cosa funzionò, anche perché il maestro rimase tenacemente fedele al suo impegno didattico e metodologico, con l’umiltà di chi sa di tenere in mano un semplice gessetto e la consapevolezza di essere all’interno di un contesto diverso rispetto alla classe. Manzi sapeva che in classe guizzano sguardi, nascono amori, stillano lacrime; in classe si sente l’odore della fatica e lo sferragliare dei cervelli impegnati a pensare e a risolvere. Di fronte a un video, tutto questo e tanto altro mancava.
Ciò che non mancò mai fu la sua passione nel tracciare quelle lettere alla lavagna. E anch’io, bambino di 10-12 anni, ricordo quella calda voce in bianco e nero che lentamente e con pazienza infinita ripeteva e ripeteva nomi e articoli, verbi e preposizioni tenendo sempre legata a sé l’attenzione dell’allievo, come fa l’alzaia con il battello.
L’alzaia è la fune che veniva utilizzata per rimorchiare da terra le chiatte lungo la risalita dei navigli di città. E proprio Alzaia è il titolo di un libro di Erri De Luca dove si narra di un famoso sarto operante in Gerusalemme, luminosa metafora del maestro Manzi e di ogni maestro che si trova a cucire la preziosa stoffa degli apprendimenti con il fragile filo dell’insegnamento.
Cuciture
Un sarto ebreo ricevette da un nobile della sua città l’incarico di cucire un raro capo di vestiario con un tessuto prezioso acquistato a Parigi. Il nobile raccomandò al sarto di realizzare un capolavoro. Il sarto sorrise e rispose che non c’era bisogno di incitamenti perché lui era il migliore della regione. Terminata l’opera portò il vestito dall’illustre cliente, ma ne ricevette in cambio solo ingiurie e accuse di aver rovinato il tessuto. Il sarto frastornato e avvilito andò a chiedere consiglio da reb Yeramiel che gli disse pressappoco così: “Disfa tutte le cuciture del vestito e poi ricucile esattamente negli stessi punti di prima. Poi riportaglielo”. Il sarto seguì lo strano consiglio e riportò il vestito al nobile. Con sua sorpresa il signore fu entusiasta del lavoro e aggiunse anche un premio al salario.
Reb Yeramiel gli spiegò poi: “La prima volta tu avevi cucito con arroganza e l’arroganza non ha grazia. Perciò sei stato respinto. La seconda volta hai cucito con umiltà e il vestito ha acquistato valore”. È decisiva l’intenzione, più della perizia, l’ispirazione più della maestria, anche negli umili lavori. […] La sola abilità tecnica è sterile, vana.
Per chi è abituato a considerare solo il prodotto finito e non il modo con cui lo si lavora, per chi giudica l’opera e non l’intenzione, questo racconto è invano.
Erri De Luca, Alzaia
La sola abilità tecnica è sterile, vana. E’ più importante l’intenzione rispetto alla perizia, l’ispirazione più della maestria, anche nei lavori più umili. Lo evidenzia bene Primo Levi quando mette in bocca al montatore specializzato, protagonista del suo La chiave a stella, le sacrosante parole: “Ma io l’anima ce la metto in tutti i lavori, lei lo sa, anche nei più balordi, anzi con più che sono balordi, tanto più ce la metto. Ogni lavoro che incammino è come un primo amore”.
Una cara collega di Milano, in questi giorni ha scritto le seguenti parole ai docenti e ai genitori:
“A partire da un articolo di giornale mi veniva chiesto se la scuola digitale favorisce o meno l’educazione, non la didattica, ma l’educazione. Qualcuno più grande di noi diceva che l’educazione è cosa del cuore. Sono convinta che se ci si mette il cuore, si educa sempre. E’ più difficile a distanza? Certo, ma non impossibile. Conta sempre quanto sei disposto a lasciarti coinvolgere. Bambini e ragazzi capiscono se gli vuoi bene e sanno che gliene vuoi anche a distanza. Una mamma mi diceva che sente un filo conduttore in tutto ciò che stiamo facendo, e ciò che le arriva è Amore. Come adulti non abbiamo potuto mantenere la promessa implicita nelle parole di Franco Battiato: Ti proteggerò dalle paure, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via. Questo tempo non ce lo ha concesso, ma a ogni bambino e ragazzo possiamo dire: Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza, perché sei un essere speciale. E io avrò cura di te, io sì che avrò cura di te”.  
Alberto Manzi aveva un fuoco dentro che scaldava i cuori di chi lo ascoltava e metteva loro le ali. Nell’umile lavoro di ogni giorno, tanti docenti oggi si sono rivelati “maestri”, modelli di impegno e di cura, fucine di idee e di sperimentazioni, esploratori di anime scoscese dietro un distante sguardo sfuggente, tessitori che intrecciano fili di tutti i colori in trame di speranza per storie future, sarti che rammendano in silenzio sfregi e sbrindelli.
A tutti loro, umili sì, ma grandi nella passione, va il nostro ringraziamento.
Che questa storia non giunga per noi invano.


Francesco Callegari


domenica 12 aprile 2020

FEDE NELLA PRIMAVERA


Pasqua 2020

Le dolci brezze si sono risvegliate
spirano e sussurrano giorno e notte.
Si muovono ovunque
aria fresca, nuovo suono.

Ora povero cuore non temere.
Ora tutto, tutto deve cambiare.

Il mondo diventa più bello ogni giorno
e non si sa cosa diventerà.
La fioritura non accenna a finire
e fiorisce anche la valle più profonda.

Ora povero cuore dimentica il tuo tormento.
Ora tutto, tutto deve cambiare.

Ludwig Uhland, Fede nella primavera, 1805


L
a poesia parla all’uomo di ogni tempo e di ogni luogo. Anche questi versi, scritti più di due secoli fa, sembrano rivolti proprio a noi... e proprio adesso. Noi, che stiamo vivendo giorni di turbamento e di angoscia, noi che abbiamo visto la nostra vita e il nostro mondo cambiare da un giorno all’altro, e non sappiamo cosa aspettarci.
Il poeta si rivolge al nostro cuore attonito e le sue parole sono cariche di speranza: ci sembra di camminare sulle sabbie mobili, mentre forse è fertile limo che, dopo l’alluvione, farà fiorire anche la valle più profonda.
Le parole di questa poesia racchiudono tutto l’augurio che sento di fare a voi e alle vostre famiglie in questo momento.

Buona fioritura dal vostro dirigente

Francesco Callegari

sabato 28 marzo 2020

IL CIELO IN UNA STANZA - Francesco Callegari

E quindi uscimmo a riveder le stelle”.

Inferno, XXIV, 139

 

D

a parecchi giorni, la nostra vita ha assunto ritmi nuovi e del tutto diversi rispetto alle abitudini che avevamo. Ciò che prima davamo per scontato, ora non lo è più: andare a trovare gli amici, passeggiare nel parco, fare un viaggio in aereo o in treno, visitare una città o un museo, raggiungere la fabbrica o l’ufficio, frequentare la scuola. Sentiamo la mancanza di tutto questo, perché è proprio quando una cosa o una persona ci è tolta che ne sentiamo di più il valore e l’importanza.

Anche la scuola, sì anche la scuola. Quanti insegnanti mi stanno dicendo: “Non vedo l’ora di tornare in classe, mi mancano tanto i ragazzi, i loro sguardi, le loro voci, il nostro stare insieme ogni giorno”; quanti ragazzi mandano video alle loro maestre in cui la frase ricorrente è: “Mi mancate”; quanti genitori mi telefonano e mi scrivono pregandomi di mantenere viva, in questo scompiglio, la comunità scolastica e, per quanto possibile, una continuità negli apprendimenti.

La richiesta sottesa è sempre e comunque quella di rimanere agganciati, di “tenerci” perché sentiamo che una possente forza centrifuga sta spingendo adulti e bambini verso confini sconosciuti, verso limiti ancora inesplorati. Paradossalmente, vorrei dirvi che queste frontiere non sono lontane da noi, non sono fuori di noi: sono dentro di noi. Questa infatti è una forza che fa paura perché, come il volo del boomerang, ci obbliga a ritornare in noi stessi, a fare i conti con il nostro senso della vita, con il significato che diamo alle cose, alle nostre priorità. Più di milleseicento anni fa, sant’Agostino ci diceva “Non uscire fuori, rientra in te stesso, nell’uomo interiore risiede la verità”.

Tutti i paradigmi dell’uomo “esteriore” sono stati rotti, tutti i nostri modelli sono saltati. Nell’uomo che ritorna in se stesso, nella sua casa, nella sua famiglia, in un capovolgimento sconvolgente delle nostre certezze e delle nostre sicurezze, possiamo trovare, solo se lo vogliamo, il senso di ciò che ci sta accadendo. Questa tempesta ci dice con papa Francesco:  “E’ tempo di scegliere cosa conta e cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è”.

Stiamo ponendo un’ardua resistenza al cambiamento, tutte le nostre energie sono rivolte contro questa forza che è scatenata non da un’esplosione nucleare, da una guerra, un terremoto o uno tsunami. Ciò che ci spaventa e contro cui stiamo lottando è un agente microscopico, qualcosa di invisibile che si muove nell’aria, che si posa sulle superfici, che ci entra dentro e ci fa ammalare.

E lo combattiamo con delle armi che, se ci pensiamo bene, rappresentano anch’esse dei simboli: la mascherina, che protegge gli altri più che noi stessi, ci invita a filtrare le parole che pronunciamo affinché non feriscano chi ci ascolta; il sapone e il disinfettante, che detergono le nostre mani, ci ricordano come le nostre azioni debbano essere sempre pulite e oneste.

Tutto ciò che sta accadendo è denso di simboli.

Organizziamo pure la didattica a distanza, facciamo pure le lezioni nella nostra stanza on line, cerchiamo tutti i modi per stare vicini e far sentire agli altri la nostra solidarietà, il nostro calore, la nostra amicizia, ma non dimentichiamoci mai che l’insegnamento più vero e profondo avviene nella nostra stanza interiore e ce lo offre, adesso e sempre, ciò che ciascuno coglie nel presente.

Stavolta è un dono difficile da accettare, ma solo cogliendone umilmente il senso, consapevoli che nulla potrà e dovrà essere più come prima, faremo tesoro della sofferenza che questo tempo porta con sé. E il dolore di tanti non sarà stato vano.

mercoledì 11 marzo 2020

DIDATTICA... E NON SOLO

 

N

ella difficile situazione attuale, ciascuno di voi sta cercando di fare il meglio possibile per mantenere il contatto con i nostri allievi. Allo stesso tempo, è necessario rendersi conto che le procedure a distanza che stiamo adottando vengono attuate senza un necessario periodo di sperimentazione. Questo ci obbliga a tarare continuamente le modalità e i carichi di lavoro legati alle nostre proposte didattiche.

E sottolineo la parola DIDATTICHE, in quanto desidero evidenziare che il nostro essere docenti si compone di tanto e tanto altro. Mi riferisco a tutto ciò che vivete ogni giorno in classe, soprattutto alla parte relazionale che, in questa situazione, potrebbe essere limitata o addirittura compromessa. Bastasse mandare compiti per mail o creare lezioni su piattaforme o su YouTube, non saremmo più così indispensabili.

Consapevoli di ciò, vi prego di considerare questo periodo anche alla luce delle difficoltà che le famiglie stanno vivendo: tanti genitori vanno al lavoro e i figli sono affidati a nonni, parenti, vicini di casa, amici.... Non possiamo pertanto pretendere che tutti i nostri ragazzi siano accompagnati dai loro genitori con gli strumenti informatici per un tempo lungo e a qualsiasi ora del giorno. Diverse famiglie, oltretutto, sono sprovviste di adeguata attrezzatura.

La situazione è legata a un’emergenza che impedisce o limita fortemente la vita regolare delle famiglie, sconvolgendo quei ritmi che ci servirebbero per garantire un buon rendimento scolastico. E di questo dobbiamo tenere conto.

Vi esorto a non farvi prendere dall'ansia nello svolgimento di quello che, ormai tanti anni fa, era il "programma" e che, adesso più che mai, diventa serena progettazione legata alla contingenza del momento.

Penso sia importante che rassereniate i vostri allievi con la vostra presenza virtuale, supportandoli in tutti i modi che riteniate opportuni in considerazione della profonda conoscenza che avete di loro.

Vi invito a utilizzare gli strumenti informatici a distanza anche e soprattutto per accompagnare i vostri ragazzi in un momento così delicato della loro esperienza di vita: aiutate i vostri allievi a fare tesoro di quanto stanno vivendo, rammentiamo loro il valore della solidarietà, la riscoperta dei semplici gesti e i comportamenti normali. Tutte cose che, speriamo quanto prima, possiamo tornare ad accogliere come un dono di cui essere grati.


lunedì 9 marzo 2020

LA SCUOLA IN SILENZIO - Francesco Callegari

Impariamo a capire che questa è una lotta contro le nostre abitudini e non contro un virus.
Questa è un’occasione per trasformare un’emergenza in una gara di solidarietà.
Cambiamo il modo di vedere e di pensare.
Non sono più “io ho paura del contagio” oppure “io me ne frego del contagio”,
ma sono IO che preservo l’ALTRO.
Io mi preoccupo per te.
Io mi tengo a distanza per te.
Io mi lavo le mani per te.
Io rinuncio a quel viaggio per te.
Io non vado al concerto per te.
Io non vado al centro commerciale per te.
Per te.
Per te che sei dentro una sala di terapia intensiva.
Per te che sei anziano e fragile, ma la cui vita ha valore tanto quanto la mia.
Per te che stai lottando con un cancro e non puoi lottare anche con questo.
Vi prego, alziamo lo sguardo.
Io spero che in Italia non si fermi la solidarietà.
Tutto il resto non ha importanza.

Ferzan Ozpetek

 

A

bbiamo cominciato la terza settimana in cui le nostre scuole sono immerse nel silenzio: solo un mese fa, nessuno avrebbe potuto immaginare quanto sta accadendo in questi giorni.

A un tratto, e improvvisamente, siamo stati scaraventati all’interno di uno scenario nuovo, un ambiente che ci obbliga a muovere passi cauti e incerti: sabbie mobili che ci fanno sgranare gli occhi e trattenere il respiro.

Sono tante, e tra le più disparate, le emozioni che in questi giorni muovono ciascuno di noi. Mentre i nostri governanti, a livello nazionale, cercano di gestire nel miglior modo possibile una situazione per la quale nessuno aveva un’esperienza recente, i medici e gli infermieri lavorano instancabilmente per accompagnare verso la guarigione il maggior numero di persone e gli insegnanti cercano in tutti i modi e con tutta la loro cura di stare accanto ai loro allievi. Il nostro compito è quello di far sentire che la scuola è in silenzio e, allo stesso tempo parla, sussurra, canta, invita… con parole positive di gioia e di speranza.

Ciò che, personalmente, io desidero dirvi è che non abbiamo fretta. L’importante è che in questo momento più “lento” manteniamo e facciamo mantenere ai ragazzi la voglia di far funzionare la testa e godere il bello in ogni occasione che si trovano a vivere nella giornata.

Questa prova ci chiede di cambiare la nostra ottica, di vedere le cose da un altro punto di vista. Il regista Ferzan Ozpetek ci invita a dare un senso a quanto sta succedendo, trasformando questa emergenza in una gara di solidarietà.


giovedì 19 dicembre 2019

L'ARCOBALENO E LA PENTOLA D'ORO



Natale 2019

Un’antica leggenda irlandese ci racconta di come ai piedi dell’arcobaleno sia posta una pentola colma di monete d’oro, pronta per essere trovata da chi ne sia degno. Un folletto la protegge da occhi indiscreti e confonde con i suoi trucchi coloro che guardano senza vedere.
L’arcobaleno è via da seguire, sentiero senza scorciatoia, cammino da percorrere per intero, viaggio di scoperta e di meraviglia, da fare con i piedi sporchi di luce e di colore.
Il folletto ti vedrà da lontano e saprà che la ricchezza già ti appartiene.

Francesco Callegari


mercoledì 23 gennaio 2019

A UNA PICCOLA DONNA CHE COMPIE GLI ANNI - F.C.




In questo giorno in cui tutti ti diranno che stai diventando grande, io ti auguro di non diventare mai troppo grande. In questo giorno in cui ti diranno che stai crescendo, io ti auguro di crescere nel modo più bello e importante, quello del cuore.

Ti auguro di mantenere gli occhi limpidi per poter vedere sempre la luce, piccola o grande, che alberga in ogni persona che incontri.

Ti auguro di saper mantenere sempre la tua mano leggera per accarezzare delicatamente le gioie o le sofferenze di chi ti passa accanto.

Ti auguro di non dover essere mai sola e ti auguro di trovare nella tua vita persone che ti vogliano bene per quello che sei, senza volerti cambiare. Riconosci queste persone e abbine cura: non saranno tante.

Ti auguro di avere sempre un occhio rivolto dentro di te, per scoprire quali sono i tuoi bisogni e le tue emozioni, e allo stesso tempo di avere l’altro occhio rivolto agli altri, per essere sempre attenta ai bisogni e ai sentimenti di chi incontri nella tua vita. È proprio per questo che di occhi ne hai due.

Ti auguro di poter sempre essere sincera e di non avere mai bisogno di nascondere la verità soprattutto alle persone che ti amano.

Ti auguro di vivere ogni giorno la vita come un dono meraviglioso che l’universo ti fa, anche se non sempre capirai questo dono e magari tu ne avresti voluto uno diverso. Fidati, l’universo sa quello che fa ed è più saggio di noi anche se talvolta potrà farci soffrire.

Ti auguro di avere sempre il coraggio di salire sulla mongolfiera perché solo dall’alto ti sarà possibile vedere le cose nella loro giusta proporzione e le persone nelle loro vere relazioni.

Ti auguro che la tua viva intelligenza sia sempre a servizio di un cuore pronto ad amare. Ti auguro di essere capace di non prenderti mai troppo sul serio e di saper ridere di te stessa.

Ti auguro di essere sempre così radiosa da portare il sole in ogni stanza in cui entri. Di essere sempre così vera e bella dentro da portare la gioia in ogni persona che ti incontri.

Ti auguro di essere sempre te stessa e di lavorare ogni giorno per diventare il meglio di quello che sei. 

Francesco Callegari

lunedì 24 dicembre 2018

ROBERTO DELLE MONGOLFIERE - Francesco Callegari



A Roberto parlano gli angeli
e gli raccontano del fuoco e del vento

Le sue mani di vasaio hanno capovolto le coppe di terra
per riempirle di cielo

Roberto delle mongolfiere ha compreso
la forza del fuoco, il dono del vento

Ha reso leggero ciò che era pesante

Ha portato legna al fuoco del suo amore

Ha chiuso gli occhi per dare fiducia al vento

Le sue mongolfiere sono appese a un filo
e hanno i colori delle farfalle

Portano con sé sogni e speranze


NATALE 2018

Auguri di fiducia e di leggerezza
Francesco

lunedì 24 settembre 2018

UN FIUME LI SEPARAVA – Francesco Callegari



Un fiume li separava. Lui abitava lungo la riva destra, lei in quella di sinistra. Lui aveva ventiquattro anni e cercava una moglie, lei non ne aveva ancora diciotto e sognava il grande amore della sua vita. Lui faceva l’impiegato e sapeva cucire le parole, lei faceva la sarta e creava poesie con l’ago e il filo. Lui rombava veloce con la sua moto e lei filava leggera in bicicletta. Lui aveva un carattere forte e deciso, lei era paziente e sapeva attendere. Lui si chiamava Mario, il nome di lei era Maria.

Un fiume li separava. E forse non si sarebbero mai incontrati.

Ma, per un giorno, un solo giorno di 72 anni fa, le due rive del fiume si congiunsero e lasciarono passare una lettera. Questo miracolo avvenne per l’esattezza il

15 settembre 1946
Gentilissima signorina Maria,
vorrà essere così cortese di scusare se mi son preso la licenza di inviarle questa mia.
Innanzitutto faccio le mie scuse se domenica ho mancato, ma non vedendo alcuna risposta alla mia cartolina e anche per ragioni di famiglia che non mi hanno concesso di allontanarmi da casa, non mi sono mosso.
Questa sera sono passato dalle sue parti sperando di incontrarla, ma invano, speravo quindi di vederla al cinema di Pieve, ma neppure.
Sarei pertanto a chiederle, se lei nulla ha di contrario, se possiamo una volta incontrarci, quando e dove lei crederà più opportuno.
Gentilissima signorina Maria, un’altra cosa sarei a chiederle, se questa mia non le fosse gradita, di distruggerla.
Accetti i miei migliori sensi di devozione e stima.
Mario Callegari

Quella lettera non fu distrutta, e per questo noi ora siamo qui.

A quella lettera ne seguirono molte altre che descrivono giorno dopo giorno, anno dopo anno, la storia di un grande amore. Unico, come unici sono tutti i grandi amori. Amori fatti di vicinanza, ma che resistono anche nella lontananza; amori pieni di sorrisi, ma bagnati talvolta anche di lacrime; amori sussurrati con parole e gesti velati di complicità, ma talvolta oscurati da nuvole di incomprensione.
Amori però traboccanti sempre sempre sempre di desiderio e di nostalgia.  

Con i novant’anni di mamma Maria, festeggiamo questo suo grande amore. Per Mario e per noi figli e per i nipoti. Questo grande amore, paziente come l’acqua del suo fiume e forte come gli alberi delle sue rive, è ancora per noi il modello, il punto di riferimento, la nostra base sicura. In lei si riassume e trova un senso la storia della nostra famiglia, in lei ciascuno di noi trova traccia di ciò che è stato, di ciò che è e di ciò che diventerà. Cinque vite sono sgorgate dalla sua sorgente, cinque ruscelli che sono diventati fiumi ingrossati dalle esperienze. Raimondo e Fiorenza hanno già raggiunto il loro mare. Noi stiamo ancora fluendo sotto gli occhi sempre attenti e premurosi di mamma Maria.

Se mi fosse chiesto di definirla con una sola parola, direi “rispetto”. Il suo atteggiamento nei nostri confronti è sempre stato quello di assoluto rispetto per le nostre scelte, anche se magari per lei non erano del tutto chiare o condivisibili. In quel suo “Fa’ quello che ti senti” è racchiuso lo stile di accettazione e di non giudizio che tanto faticosamente noi stiamo cercando di apprendere.

Se tutti noi siamo diventati le persone che siamo, una parte importante del merito è tua.

Grazie mamma Maria.

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