“Un guerriero
potrebbe essere ferito, ma non offeso”, disse. “Per il guerriero non c’è nulla
di offensivo negli atti dei suoi simili, finché lui stesso agisce entro lo
stato d’animo appropriato”.
“L’altra notte, tu
non sei stato offeso dal leone. Il fatto che ci abbia dato la caccia non ti ha
irritato. Non ti ho sentito maledirlo, né ti ho sentito dire che non aveva il
diritto di inseguirci, Per quel che ne sapevi, avrebbe potuto essere un leone
crudele e maligno. Ma tu non hai fatto una simile considerazione mentre cercavi
di sfuggirgli”.
“Se tu fossi stato
solo e il leone ti avesse preso e sbranato a morte, non ti sarebbe mai venuto
in mente di lamentarti o di sentirti offeso dai suoi atti”.
Gli spiegai il mio
modo di ragionare. Il leone e i miei simili non erano sullo stesso piano,
perché conoscevo gli intimi sotterfugi degli uomini, mentre non sapevo nulla
del leone. Quello che mi offendeva nei miei simili era che agivano malignamente
e con consapevolezza.
“lo so, lo so”,
disse pazientemente don Juan. “Raggiungere lo stato d’animo del guerriero non è
cosa semplice. E’ una rivoluzione. Considerare uguali il leone, i topi d’acqua
e i nostri simili è un magnifico atto dello spirito del guerriero. Per farlo ci
vuole potere”.
Carlos
Castaneda, Viaggio
a Ixtlan. Le lezioni di don Juan, Astrolabio, Roma 1973, 118.