Se volete credermi, bene. Ora dirò come è
fatta Ottavia, città - ragnatela. C'è un precipizio in mezzo a due montagne
scoscese: la città è sul vuoto, legata alle due creste con funi e catene e
passerelle. Si cammina sulle traversine di legno, attenti a non mettere il
piede negli intervalli, o ci si aggrappa alle maglie di canapa. Sotto non c'è
niente per centinaia e centinaia di metri: qualche nuvola scorre; s'intravede
più in basso il fondo del burrone.
Questa è la base della città: una rete che
serve da passaggio e da sostegno. Tutto il resto, invece d'elevarsi sopra, sta
appeso sotto: scale di corda, amache, case fatte a sacco, attaccapanni,
terrazzi come navicelle, otri d'acqua, becchi del gas, girarrosti, cesti appesi
a spaghi, montacarichi, docce, trapezi e anelli per i giochi, teleferiche,
lampadari, vasi con piante dal fogliame pendulo.
Sospesa sull'abisso, la vita degli abitanti
d'Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto la rete non
regge.
Italo
Calvino,
Le città invisibili, p. 81