Sì,
lo confesso, buonista senza vergogna, senza se e senza ma, in servizio
permanente effettivo: quando ci sarà il primo "buonista pride" ci
andrò con la bandiera della pace, che non ho mai indossato sinora e con la
Costituzione in mano.
Sono
un buonista perché la favola "immigrazione uguale terrorismo" su di
me non fa presa, neanche superficiale; perché aiuto i Rom e dò lavoro ai Sinti,
anche se so che molti rubano, ma non confondo causa con effetto. Sono un
buonista perché per me un delinquente è un delinquente e non un rom o un
marocchino o un mau mau (ieri ho sentito anche questa, che mi sembrava
scomparsa dagli anni sessanta!).
Sono
un buonista, perché istintivamente colgo le simmetrie intrinseche, la proprietà
invariante, vedo quello che unisce e non le differenze; perché so che il mio
codice genetico può essere molto più diverso da quello del mio vicino di casa
che da quello di un africano.
Sono
buonista perché penso che l'unico modo di vivere degnamente per un africano è
quello di vivere africano e non vorrei vederli qui, ma se sono qui devono
esserci degnamente.
Sono
buonista perché non me ne frega niente delle religioni e soprattutto di quelle
che mettono a ferro e a fuoco il mondo, in nome del loro dio o del sovrano o
del potente che se ne serve.
E
non mi piace nemmeno il manrovescio del papa, quando gli toccano la madre...
Sono
buonista, ma mi colgono i peggiori istinti quando sento gli ex-compagni piegare
la logica, la testa, i sentimenti e i comportamenti al nuovo che avanza, quando
cedono al logoro buon senso comune, che in Italia scivola facilmente nel
fascismo.
Ma
sono anche un po’ realista: schedatemi pure in aeroporto, tracciate i miei
spostamenti, non ho nulla da temere: il nostro dio non è la privacy.
Sono
buonista, quindi, ma anche realista e un po’ di sinistra, una specie da
proteggere...
Paolo Menallo,
dal blog L’isola