Dal mio osservatorio privilegiato, cioè
la direzione di una scuola statale, che ho occupato per più di 25 anni, ho
avuto modo di osservare e affrontare mutamenti sociali, cambiamenti nel
comportamento degli alunni e nelle reazioni delle famiglie, ciclici proclami
politici che annunciavano riforme epocali, problemi quotidiani e strutturali,
ma soprattutto il grande impegno quotidiano della stragrande maggioranza degli
insegnanti e degli alunni.
La scuola, soprattutto nelle dimensioni
degli istituti di oggi, è un’impresa, un’impresa di servizi, un po’ anomala,
che non produce reddito e profitti, ma impegna risorse pubbliche per un fine
sociale, per di più sancito dalla Costituzione.
Come tutte le imprese che operano nel
mercato ha dei vincoli esterni, dati dalle leggi, dai
regolamenti, dall'andamento dell’economia, dal “mercato” stesso, ma a
differenza delle imprese definite in senso stretto, la scuola ha una serie di
vincoli aggiuntivi, dati da regolamenti vecchi e inadeguati, dalla cronica
mancanza di risorse, da politiche dissennate di reclutamento del personale e di
mantenimento di privilegi, dal sovrapporsi di norme stratificate negli anni e
spesso in contraddizione.
In più, trattandosi, di un’impresa che
fornisce beni immateriali, è anche soggetta, più di altre, al mutevole
andamento del clima sociale e politico della realtà in cui opera.
Uno dei compiti a cui più spesso si è
chiamati nella scuola di oggi è proprio quello di “stare al passo con i tempi”.
Ma ciò va fatto senza tralasciare risorse e tradizioni del passato e
soprattutto senza lasciarsi travolgere dalla tendenza moderna a
velocizzare tutto correndo indistintamente da uno stimolo all'altro
e rischiando così di non cogliere le occasioni di crescita formativa e
umana che la storia e la cultura offrono a ciascun individuo.
Nel mondo della scuola esistono
problemi, inadempienze, viscosità normative, incompetenze individuali
didattiche e relazionali, ma il lavoro quotidiano, oscuro e sottovalutato,
della maggior parte degli insegnanti è un patrimonio immateriale, forse poco
visibile al momento, ma estremamente importante per la crescita delle
generazioni adulte di domani.
Solo menti poco lungimiranti, forse
preoccupate di apparire più che di essere, possono permettersi di colpire e di
disperdere un tale patrimonio.
Chi lo fa consapevolmente, invece,
sa che la scuola, con tutte le sue mancanze, è uno dei pochi
ostacoli all'appiattimento globale che viene perseguito, in modo non dichiarato,
annullando le caratteristiche peculiari di ciascuno.
La scuola, infatti, insegna che i
risultati si raggiungono con l’impegno e non attraverso scorciatoie, valorizza
le diversità. La scuola tende a svelare e non a omologare l’unicità di ogni
alunno, ne promuove le potenzialità, sancisce in modo fermo ma amorevole i
comportamenti devianti, accoglie tutti, senza differenza di nazionalità e
di religione, è critica e non servile, fa studiare e difende la Costituzione,
celebra l’unità d’Italia, conserva e, nello stesso tempo, è aperta al
nuovo, dimostra con l’esempio che il denaro non è tutto, sostiene con don
Milani che non c’è differenza tra il figlio del contadino e del signore,
sostiene con don Enzo Bianchi che “il pane di ieri è buono per domani”,
sostiene con chi ha fede nelle virtù civili che la società può migliorare anche
in nome dell’uomo.
Paolo Menallo,
dirigente scolastico