Giovanni Bellini, Madonna con bambino e due sante (part.) - Gallerie dell'Accademia, Venezia
Essere responsabili
per qualcuno, amare qualcuno, significa dargli tempo. Così, è evidente che far
nascere un essere umano è precisamente l’atto di donazione del tempo. Ma anche
dare ascolto a un altro è dargli tempo. Analogamente, perdonare significa dare
all’altro il tempo di rinnovarsi, non incastrarlo identificandolo nel male che
può aver fatto. I nostri atti di amore non sono temporalmente neutri, hanno
sempre questa qualità del dare o del rigenerare il tempo. Noi lo abbiamo
ricevuto; amare significa ricomunicare agli altri, tra i numerosi doni, questo
dono essenziale che è il tempo stesso. Per questo imparo a parteciparne nella
relazione interpersonale. In questa prospettiva si comprende come sia distruttivo
un modo di vivere in cui nessuno ha tempo per incontrare gli altri, perché
ognuno ha i suoi scopi da perseguire.
Che tipo di dono
configura il tempo? Non è il regalo di un oggetto, né un sacrificio in cui ciò
che è dato viene in realtà distrutto. Il dono del tempo ha una forma specifica:
è un dono di ospitalità. Non c’è evento o esperienza della nostra vita che non
siano ospitati nel tempo. Esso dunque non è un nemico che ci toglie le cose, ma
è colui che ci ospita, consentendoci di esistere. Parlarne come di un mero
contenitore, nel suo intreccio con lo spazio, significa proprio non saper
vedere i doni che ci sono fatti.
Dare tempo a
qualcuno, in effetti, significa dargli lo spazio dell’ospitalità e ciascuno di
noi ne ha bisogno: siamo tutti in strada, stranieri, tutti nella condizione di
ospiti. La soglia da attraversare per vivere l’esistenza in modo umanizzato è
quella che apre la possibilità di accettare questa ospitalità con gratitudine.
Il tempo è ospitalità
che per parte nostra possiamo dare agli altri; possiamo cioè amarli dando loro
il tempo di esistere e di essere a loro volta grati dell’esistenza.
Roberto
Mancini,
Il senso del tempo e il suo mistero,
Pazzini Editore, Villa Verucchio 2005, pp. 58-61