Bar-cellona
Quante immagini,
impossibili da fissare, che meravigliosa e ricca quantità di sensazioni ci
circondava!
Abbiamo visto città
erette su palafitte in acque di forti correnti solcate da migliaia di barche
silenziose, un commercio galleggiante, galleggianti le piccole botteghe di
tappeti, di frutta, di libri di preghiera, di pesci.
Abbiamo visto isole e
scogli fatti di terra, di corallo, di fango, isole grandi come un fungo e isole
grandi come la Svizzera, le abbiamo viste lontane e blu nel tramonto o
brillanti di mille colori nell’affocato meriggio, o grigie e spettrali sparire
nelle fitte nebbie della pioggia torrenziale.
Ma ancora più bella
di tutto ciò, rimane pur sempre la nostra esperienza con gli uomini. Il
sapiente passo dell’indù, il dolce e triste sguardo da cerbiatto del delicato
singalese, il bianco brillante degli occhi del coolie Tamil dal colore
nero-bruno, il sorriso di un distinto cinese. Il balbettare di un mendicante in
un dialetto straniero e gorgogliante, il comprendersi senza parole fra uomini
di dieci diversi popoli e lingue, la pena per gli oppressi, lo spregio per i
superbi oppressori e, ovunque, il singolare felice sentimento che tutti costoro
sono uomini, nostri simili, fratelli, compagni di sorte.
Solo partendo da ciò,
dal sentimento della fratellanza e della intima eguaglianza, lo straniero e il
diverso acquistano, così come l’unione dei paesi e dei popoli, la loro più
profonda e affascinante bellezza.
Quante volte io, come
milioni di altri viaggiatori, ho osservato uomini e città di popoli esotici
solo come delle curiosità, ho solo lanciato sguardi come in un serraglio dove
tutto appare interessante, ma del quale, in fondo, assai poco mi interessava.
Solo dopo aver abbandonato questa mentalità ho potuto vedere i malesi, gli
indiani, i cinesi e i giapponesi come uomini e miei parenti prossimi, solo
allora sono per me incominciate le esperienze che hanno dato al mio viaggio
senso e valore.
Herman
Hesse,
Memorie dall’India (1913)