Parigi (2008)
Il mattino è
consacrato alla fotografia. Seguito dal mio apparecchio e dai servitori,
rifaccio l’escursione di ieri, ma, questa volta, non ritorno se non dopo aver
fissato sulle mie lastre i principali monumenti della città.
Mi ha sempre fatto
senso, nel mio viaggio, la somma compiacenza con cui gl’Indiani si sottopongono
dappertutto alle esigenze talvolta imperiose del fotografo. La loro curiosità
non è mai indiscreta, e quando vedono l’’apparecchio rivolto verso un punto, si
guardano bene dall’incagliare comecchessia l’operazione. Un gesto, un segno
dell’operatore bastano a fermar la folla per alcuni minuti in una via, e, se
egli vuole avvivare la scena, introducendovi de’ personaggi, i passanti si
presteranno sempre di buon grado al suo capriccio. E’ un fatto meritevole d’esser
notato, ed è, parmi, un segno caratteristico della dolcezza e dell’amenità del
popolo indù. I pittori e i fotografi che viaggiano in Europa potrebbero dire
altrettanto, per esempio, dei contadini in Francia?
Luigi Rousselet, L’Indostan (1864-1868), in "Il giro del
mondo. Giornale di viaggi, geografia e costumi" a cura di Edoardo
Charton ed Emilio Treves, Nuova serie, vol. VII, F.lli Treves, Milano 1878, p.
158-159.