Ruote colorate a Venezia (2011)
Della città di Dorotea si può parlare in due maniere: dire che quattro torri d'alluminio s'elevano dalle sue mura fiancheggiando sette porte dal ponte levatoio a molla che scavalca il fossato la cui acqua alimenta quattro verdi canali che
attraversano la città e la dividono in nove quartieri, ognuno di trecento case
e settecento fumaioli; e tenendo conto che le ragazze da marito di ciascun
quartiere si sposano con giovani di altri quartieri e le loro famiglie si
scambiano le mercanzie che ognuna ha in privativa: bergamotti, uova di
storione, astrolabi, ametiste, fare calcoli in base a questi dati fino a sapere
tutto quello che si vuole della città nel passato nel presente nel futuro;
oppure dire come il cammelliere che mi condusse laggiù: "Vi arrivai nella
prima giovinezza, una mattina, molta gente andava svelta per le vie verso il
mercato, le donne avevano bei denti e guardavano dritto negli occhi, tre
soldati sopra un palco suonavano il clarino, dappertutto intorno giravano ruote
e sventolavano scritte colorate. Prima d'allora non avevo conosciuto che il
deserto e le piste delle carovane. Quella mattina a Dorotea sentii che non
c'era bene della vita che non potessi aspettarmi. Nel seguito degli anni i miei
occhi sono tornati a contemplare le distese del deserto e le piste delle carovane;
ma ora so che questa è solo una delle tante vie che mi si aprivano quella
mattina a Dorotea”.
Italo Calvino, Le città invisibili, p. 17