Quando si nasce, si è
ignoranti del Sé. Nel corso della vita accumuliamo tanta conoscenza, ma quella
non ci aiuta a capire chi siamo perché è conoscenza che ci viene dai sensi,
dalle deduzioni fatte in base alla percezione dei sensi. Tutta la conoscenza
scientifica è così, derivata dai sensi. Quale scienza si è mai chiesta chi è
l'uomo? Quale microscopio, quale telescopio ha mai guardato nei recessi della
mente? Non potendo venirci dai sensi, e non potendo perciò essere l'oggetto di
alcuna scienza, la conoscenza del Sé ci sfugge.
Non c'è dualità fra conoscitore
e conosciuto, non esistono varie entità - l'Io, il mondo, Dio. Tutto è una
sola, unica esistenza e questa Totalità altro non è che coscienza: coscienza
senza limiti, fuori dal tempo e dallo spazio, coscienza che pervade tutto, che
sostiene tutto e che si manifesta in ogni forma.
Questa Coscienza pura,
testimone di tutto, è la Realtà che sta dietro alla coscienza ordinaria. E’ Atman,
è Brahman, è Ishwara, è Bhagawan, è Dio, è Totalità, è quel che si vuol
chiamarla, perché, come uno dei più citati antichi versi vedici dice: «Una è la Verità, anche se i saggi la
chiamano con mille nomi».
In quel tutto il Sé,
che ognuno di noi è, tende a confondersi perché l'uomo aspira a liberarsi dalle
sue limitazioni, da quel suo senso di essere separato, distinto dal mondo. Come
il fiume, che pure ha una sorgente, un alveo e un nome, tende inesorabilmente
verso l'oceano per confondersi ed essere Uno con quello, perdendo con ciò la
sua identità, la sua forma, il suo nome di fiume, cosi il Sé aspira a
confondersi con la Totalità. Questa è la sua natura.
Riconoscere quel Sé e
la sua natura «divina»: questo è il vero fine della vita umana.
Tiziano Terzani, Un altro giro di giostra,
p. 351-353