Un giorno, dieci
studenti decidono di andare in pellegrinaggio e uno di loro viene incaricato di
essere il responsabile del gruppo. I dieci partono. A un certo punto devono
attraversare un fiume. Il capo chiede se sanno nuotare. Sì, tutti. Arrivati
sull'altra sponda, il capo li conta e con terribile sorpresa scopre che sono
solo nove. Li conta di nuovo e la somma è sempre nove. Disperati, gli studenti
si mettono a chiamare, a scrutare l'acqua. Dov'è il decimo? Di lui non ci sono
tracce, non il cadavere, non i vestiti, non un urlo, niente. Piangono, non
sanno più cosa fare, quando un vecchio che da lontano ha seguito la scena si
avvicina al gruppo e dice:
« Non c'è ragione di
essere tristi. Il decimo uomo non è andato perso. Il decimo c'è ».
« Dove? Come? »
chiedono gli studenti.
« II decimo è qui,
ora, fra di voi. »
Gli studenti sono
increduli.
« È qui e potete
trovarlo senza fare un passo », insiste il vecchio.
Il capo riprova.
Puntando il dito al petto di ognuno dei suoi compagni, lentamente conta: «Uno,
due, tre... otto, nove». Il vecchio punta il dito al petto del capo: «... e
dieci! Il decimo sei tu! » dice.
I ragazzi capiscono e
proseguono nel loro pellegrinaggio.
II vecchio non ha
fatto che indicare l'ovvio: colui che cerca è il cercato. Lui è il problema e
lui è la soluzione. E la soluzione sta semplicemente nella scoperta di se
stessi. Come nel caso dell'onda, il capo non deve diventare il decimo studente,
deve solo riconoscere di essere il decimo.
Tiziano Terzani, Un altro
giro di giostra, p. 350-351