Adamsberg
era capace di riflettere solo camminando. Se lo si poteva definire riflettere.
Già da tempo aveva ammesso che per lui pensare non aveva niente a che fare con
l’abituale definizione di questa abilità. Formare,
articolare idee e giudizi. Non che non avesse provato, standosene seduto su
una bella sedia, appoggiando i gomiti su un tavolo sgombro, prendendo carta e
penna, stringendosi la fronte con le dita, tutti tentativi che gli avevano
semplicemente disconnesso i circuiti logici. La sua mente destrutturata gli
ricordava una carta muta, un magma in cui nulla riusciva a isolarsi, a
identificarsi come Idea. Tutto sembrava sempre raccordabile con tutto, per
viottoli obliqui dove si intrecciavano rumori, parole, odori, frammenti,
ricordi, immagini, echi, granelli di polvere. Ed era così, solo così, che lui,
Adamsberg, doveva dirigere ventisette agenti dell’Anticrimine e ottenere, come
diceva abitualmente il capo divisione, dei Risultati.
Fred Vargas,
Nei boschi eterni, Torino 2007, p.
88-89