Le
inchieste dell’Anticrimine erano scandite dai duri scontri fra i precisi
«Perché?» di Danglard e i disinvolti «Non lo so» del commissario. Nessuno
cercava di capire lo spirito di quell’acerrima lotta fra perspicacia e
imprecisione, ma ognuno si schierava con l’una o l’altra mentalità. Alcuni, i
positivisti, ritenevano che Adamsberg tirasse per le lunghe le inchieste,
trascinandole languidamente nelle nebbie, e lasciandosi alle spalle i colleghi
smarriti, senza ruolino di marcia né consegne. Altri, gli spalatori di nuvole,
erano del parere che i risultati del commissario bastavano a giustificare
l’andamento beccheggiante delle inchieste, sebbene sfuggisse loro il nocciolo
di quel metodo. A seconda dell’umore, a seconda delle circostanze, che
inducevano a sentirsi irritabili o accomodanti, uno poteva essere positivista
una mattina e ritrovarsi l’indomani spalatore di nuvole, e viceversa. Soltanto
Adamsberg e Danglard, che impersonavano ruoli antagonistici, non cambiavano mai
le rispettive posizioni.
Fred Vargas,
Nei boschi eterni, Torino 2007, p. 38