“Molto bene, possiamo togliere tutte le
patate. Ci sono altre persone che ti hanno offeso o irritato nell’ultima
settimana?”
Il discepolo rifletté per un momento e
ammise che ce n’erano. Improvvisamente rimase sgomento, quando si rese conto
che il sacco vuoto si sarebbe riempito di nuovo.
“Maestro” chiese, “se continuiamo così,
non ci saranno sempre patate nel sacco, settimana dopo settimana?”
“Sì, finché ci saranno persone che
diranno o faranno cose contro di te in qualche modo, tu avrai sempre patate.”
“Ma Maestro, noi non potremo mai
controllare quello che gli altri fanno. Cosa c’è di buono nel Tao allora?”
“Questo non è ancora il Tao. Quello di
cui abbiamo parlato finora è l’approccio convenzionale al perdono. E’ quello
che tante filosofie e religioni predicano – dobbiamo costantemente sforzarci di
perdonare, perché questa è una virtù importante. Questo non è il Tao, perché
non c’è sforzo nel Tao.”
“Allora cosa è il Tao, Maestro?”
“Prova ad immaginarlo. Se le patate
sono le emozioni negative, allora cosa è il sacco?”
“Il sacco è… quello che mi permette di
trattenere la negatività. E’ qualcosa dentro di noi che ci fa persistere sui
sentimenti offesi… Ah, è il mio tronfio senso di auto-stima.”
“E cosa succede se te ne liberi?”
“Allora… le cose che la gente fa o dice
contro di me non sembrano più un gran problema.”
“In tal caso, non avrai nessun nome da
scrivere sulle patate. Questo significa niente più peso da portare e niente più
puzza. Il Tao del perdono è la decisione cosciente non solo di togliere le
patate… ma di abbandonare l’intero sacco.”
Storia
riportata da Derek Lin in Il Tao del perdono – Seconda parte