Smarrito!
Mortenson sentì
l’odore del villaggio a un chilometro e mezzo di distanza. Il fumo di legno di
ginepro e il puzzo di un’umanità poco avvezza all’igiene personale, dopo la
purezza dell’alta quota, erano soffocanti. Convinto di essere sulla pista
giusta, pensava di trovarsi alle porte di Askole, che aveva attraversato tre
mesi prima diretto al K2, ma nulla gli appariva familiare. Allorché raggiunse
l’ingresso del villaggio, un semplice arco fatto di travi di pioppi che si
ergeva solitario ai margini di un campo di patate, si trovò alla guida di una
processione di cinquanta bambini.
Guardò avanti,
sperando di vedere Mouzafer in attesa alle porte della città. Ad attenderlo,
invece, in piedi sul lato opposto dell’entrata, c’era un uomo anziano, i cui
lineamenti parevano scavati nelle pareti di un canyon. Si chiamava Haji Ali ed
era il nurmadhar, il capo di Korphe.
“Asalaam alaikum” disse stringendo la mano a Mortenson. Lo scortò
attraverso l’entrata con quell’ospitalità che per i baltì è imperdonabile non offrire, e lo guidò prima a un ruscello
per lavarsi le mani e la faccia, e poi a casa sua.
Greg
Mortenson, David Oliver Relin, Tre tazze di tè, Milano 2008, p. 41-42