“Questo l’ho imparato dal sole, che di ricchezza sovrabbonda, quando va giù:
attingendo da tesori inesauribili ricolma d’oro il mare,
così che anche il più povero dei pescatori rema con remi d’oro!
Questo io vidi, infatti, una volta, né mi saziai di lacrime al vederlo."
attingendo da tesori inesauribili ricolma d’oro il mare,
così che anche il più povero dei pescatori rema con remi d’oro!
Questo io vidi, infatti, una volta, né mi saziai di lacrime al vederlo."
F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Di antiche tavole e nuove.
C
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he fatica! Sembra quasi di scalare una montagna salendo lungo un ghiaione: pensiamo di aver fatto un bel pezzo di salita insieme quando all’improvviso il terreno ci manca sotto ai piedi e scivoliamo rovinosamente a valle. E dobbiamo ricominciare tutto daccapo.
Sapevamo tutti, due anni fa, che mettere d’accordo tante esperienze diverse in un nuovo unico e grande istituto comprensivo non sarebbe stata cosa facile, ma allo stesso tempo eravamo convinti che lo sforzo generoso di ciascuno avrebbe consentito anche al più povero tra noi pescatori, me per primo, di remare con remi d’oro.
Nel P.O.F. di quest’anno abbiamo presentato grandi progetti ad ampio respiro verticale e orizzontale per fare amare la musica ai nostri ragazzi e progetti di teatro studiati appositamente per risolvere specifici casi di ragazzi a rischio dispersione; abbiamo proposto progetti ad altissimo contenuto tecnologico in collaborazione con le scuole superiori e progetti di laboratorio per imparare a usare il tornio per la creta; abbiamo pensato di arricchire le competenze linguistiche dei nostri ragazzi con l’intervento di docenti di madrelingua straniera e abbiamo progettato collaborazioni con le università per poter accedere allo stato dell’arte della conoscenza. E tanto e tanto altro…
Certo, il P.O.F. è stato approvato dalla maggioranza, i progetti partiranno, le attività si faranno. Ma con l’amaro in bocca.
Chiedo, veramente con tanto rispetto e semplicità, a quei colleghi che per motivi del tutto estranei alle competenze del Collegio si sono dichiarati contrari al P.O.F., di poter considerare la loro decisione non come momento di lacerazione, ma come desiderio forte di equità, anche se manifestato in modi forse inappropriati.
Tutti noi siamo consapevoli delle motivazioni profonde che ci hanno fatto abbracciare questo lavoro, che è sicuramente uno tra i più difficili e malpagati, ma che è anche uno tra i più belli ed entusiasmanti del mondo. Quello che ci rende orgogliosi nel nostro lavoro è, secondo me, l’intima convinzione che tanto di ciò che offriamo in termini di tempo, energie, competenze, affetti è del tutto impagabile.
Quando ormai la malattia lo aveva profondamente minato, don Lorenzo Milani aveva ancora la forza e il coraggio di scrivere queste parole:
“Sto disfacendo la scuola. Ho mandato i più grandi a lavorare. Non prendo più ragazzi nuovi. Ho ancora una decina di ragazzi a cui faccio scuola qui in camera. Oppure quando son stanco si fanno scuola l'un l'altro nell'aula che comunica con questa camera. Allora la mia attività pedagogica consiste solo in qualche urlaccio per tenerli buoni. Ho una leucemia e non voglio morire stupidamente sulla breccia con ragazzi immaturi mezzo educati e mezzo no. Così sto organizzando da un anno un ragionevole e riposante tramonto. Mi godo i figlioli riusciti e i loro bambini. Ricevo con commozione i prodighi che tornano. Tengo lontani i prodighi che non tornano. Insomma vivo come un nonno amato e mi godo questa vita. Abbiamo scritto la lettera ai giudici come un'opera d'arte. Purtroppo nelle centinaia di lettere che ci arrivano dall'Italia e dall'estero ci accorgiamo che pochissimi se ne sono accorti. Tutti pensano che abbiamo delle bellissime idee. Pochi, forse due o tre persone in tutto, si sono accorti che per schiarire le idee così a noi stessi e agli altri bisogna mettersi a lavorare tutti insieme per mesi su poche pagine. [..] Alla fine la cosa diventa chiara per chi la scrive e per chi la legge. La lettera ai giudici è stato un dono che abbiamo ricevuto e abbiamo fatto. Prima di scriverla né io né i ragazzi sapevamo quelle cose. […]
Il desiderio d'esprimere il nostro pensiero e di capire il pensiero altrui è l'amore. E il tentativo di esprimere le verità che solo s'intuiscono le fa trovare a noi e agli altri. Per cui esser maestro, esser sacerdote, essere cristiano, essere artista e essere amante e essere amato sono in pratica la stessa cosa”.
Il desiderio d'esprimere il nostro pensiero e di capire il pensiero altrui è l'amore. E il tentativo di esprimere le verità che solo s'intuiscono le fa trovare a noi e agli altri. Per cui esser maestro, esser sacerdote, essere cristiano, essere artista e essere amante e essere amato sono in pratica la stessa cosa”.
Altro non so dire.
Francesco Callegari
Dirigente Scolastico