Volevo scrivere un post sulla Costituzione, la
giustizia, le lotte sindacali, ma mi sono imbattuto in questo bellissimo
racconto di Michele Gesualdi, allievo di don Milani, pubblicato nel 2008 da
Avvenire (l’intera storia è in un libro). Ve lo propongo. (Mario Lancisi)
«Ho un bambino se voi lo vedeste,
piangereste tutti, perché è piccino, uno scricciolino di 11 anni. Fa un’ora e
mezza di strada, solo, per venire a scuola. Viene da lontanissimo, col suo
lanternino a petrolio per la notte. Avreste tutti paura a fare la strada che fa
lui di notte con la neve».
Così don Lorenzo
Milani parla di Luciano durante un convegno dove fu invitato a parlare della
sua scuola. Luciano non era della parrocchia di Barbiana. Non era neppure di
una parrocchia confinante. Abitava di là dal poggio in una casa isolata nel
bosco. Arrivò a Barbiana un pomeriggio di fine giugno. Era con la mamma, una
donna ancora giovane, ma invecchiata prima del tempo dal lavoro dei campi. La
donna teneva il bambino per mano ed esitava a varcare il cancello della corte
ove don Lorenzo stava facendo scuola sotto la pergola. Quando il priore la vide
la incoraggiò sorridendo, e lei: «Sor Priore noi non siamo del suo popolo.
Stiamo di là dal poggio, sono venuta a chiederle se mi prende Luciano a scuola,
perché non voglio che venga su come noi, poveri ‘meschini’, che si sa fare a
malapena l’O con il culo del bicchiere».
Fu così che il giorno
dopo Luciano cominciò a venire a scuola a Barbiana. Il primo giorno arrivò
prima di tutti. Era un po’ accaldato per la salita e reggeva sulla spalla un
bastone con appeso un fagottino con dentro il desinare che la mamma gli aveva
preparato, e che lui mangiava sui tavoli di scuola. Aveva camminato solo solo
per un’ora e mezza nel bosco per essere lì puntuale alle 8. Luciano conosceva
bene il bosco, la sua vita, i suoi segreti, i suoi rumori, le sue figure, i
suoi pericoli. Sapeva che se incontrava una vipera doveva evitarla, se si
imbatteva in una famiglia di cinghiali si doveva fermare e aspettare che si
allontanassero, perché i cinghiali quando hanno i piccoli diventano aggressivi.
Se c’era un temporale non doveva fermarsi sotto gli alberi, ma allungare il
passo per uscire prima possibile dal bosco. Però, per un bambino di 11 anni, il
bosco nasconde sempre qualche pericolo inaspettato. Per questo, i primi giorni,
la mamma dal punto più alto vicino a casa lo accompagnava con lo sguardo fino a
quando non spariva nel folto. Lo stesso la sera scrutava l’uscita del bosco
fino a quando non appariva il bambino.