Luciano, per venire a
scuola, doveva scendere giù fino al fosso dove c’era un ruscello da
attraversare per poi risalire dall’altra parte verso Barbiana. Era un
ruscelletto di montagna, di quelli che scorrono raso terra lasciando scoperti i
sassi più grossi. Lui l’attraversava saltando di sasso in sasso. Durante i mesi
invernali però l’acqua cresceva un po’ e ricopriva i sassi. Allora i ragazzi
della scuola misero attraverso il ruscello un tronco di castagno fermato a valle
e a monte con dei pioli perché la corrente non lo portasse via. Luciano passava
dall’altra parte camminandoci sopra.
Un anno di febbraio
la pioggia fu più abbondante del solito, l’acqua si alzò facendo galleggiare il
tronco e, mentre Luciano lo stava attraversando, girò su se stesso; il ragazzo
perse l’equilibrio e cascò nell’acqua. Si rialzò tutto inzuppato e di corsa
salì a Barbiana dove arrivò tremando dal freddo, con le labbra quasi viola e i
vestiti ghiacciati addosso. I ragazzi della scuola gli si strinsero intorno e
rinforzarono il fuoco della stufa per asciugarlo. L’Eda trovò un po’ di roba
asciutta di casa, poi fu avvolto nel mantello di don Lorenzo mentre i suoi
vestiti si asciugavano stesi davanti alla stufa. Quando il ragazzo si fu completamente
ripreso e raccontò cosa era successo, don Lorenzo rifletté un po’ e disse: «Non
è mica giusto che i ragazzi di Vicchio abbiano il pulmino sotto casa per andare
a scuola, le aule riscaldate e la refezione, mentre il mio bambino nemmeno un
ponticello per venire a scuola senza rischiare di cadere nell’acqua. Ragazzi
prepariamoci, andremo a Vicchio a manifestare di fronte al Comune per chiedere
al sindaco di costruire il ponte per Luciano».