Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber

giovedì 5 marzo 2015

CIECHI – Mariapia Veladiano


A diventare ciechi si impara duramente. È un apprendistato minuto e quotidiano. Tutt'occhi sono i bambini. Ditini sfoderati che vedono lontanissimo, perennemente stupiti, curiosi, arrabbiati anche, di volere andare e toccare quel che è nuovo e vivo. Capricci che dicono la verità sul bisogno umano di non chiudere gli occhi.
Eppure si impara a camminare fra ali di ignoto, ignorato. Amnesie rituali e irrituali frutto di un addestramento tenace che comincia presto.
È il genitore che attraversa la strada all'opposto del lato in cui lontano, da molto lontano anche lui, vede il povero.
E forse non sa di essere stato scritto nel Vangelo.
È il telegiornale che della miseria fa panino, fra uno scandalo e un gossip. Babele delle immagini in cui si frullano bene e male e tutto diventa implacabile e normale.
È anche il nostro bene, curato e ben difeso, con annesso garage sempre più grande, terrazza per le feste, recinti bene alzati.
E anche questo è stato scritto:
Gli idoli degli uomini sono argento e oro, opera delle mani dell’uomo.
Hanno bocca e non parlano; hanno occhi e non vedono.
Sia come loro chi li fabbrica.
Sal 135, 15-16. 18a
Finché l'operazione diventa perfetta e si finisce con il non vedere nemmeno la nostra aspra, egoista e solitaria infelicità.

Mariapia Veladiano, Ma come tu resisti, vita, p. 83-84
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