A un’umanità smarrita che ha perduto il senso della vita, Eugène Ionesco destina riflessioni straordinarie, oggi più attuali che mai. In una conferenza tenuta nel febbraio del 1961 in presenza di altri scrittori, il grande drammaturgo riafferma fino a che punto noi abbiamo bisogno dell’insostituibile inutilità:
"Osservate la gente correre indaffarata nelle strade. Non guardano né a destra, né a sinistra, preoccupati, con gli occhi fissi a terra, come cani. Tirano dritto, ma sempre senza guardare davanti a sé, poiché coprono un percorso, già risaputo, macchinalmente. In tutte le grandi città del mondo le cose stanno così. L'uomo moderno, universale, è l'uomo indaffarato, che non ha tempo, che è prigioniero della necessità, che non comprende come una cosa possa non essere utile; che non comprende neppure come in realtà proprio l'utile possa essere un peso inutile, opprimente.
Se non si comprende l’utilità dell’inutile, l’inutilità dell’utile, non si comprende l'arte; e un paese dove non si comprende l'arte è un paese di schiavi o di robots, un paese di persone infelici, di persone che non ridono né sorridono, un paese senza spirito, dove non c’è umorismo, non c’è il riso, c'è la collera e l'odio." (Eugène Ionesco)
Nuccio Ordine, L’utilità dell’inutile, Bompiani, Milano 2013, p. 103-104