Non è facile dirigere una scuola con 300
dipendenti, non lo è affatto se lo si fa con passione, dedizione e senso del
sacrificio.
A
prescindere dai risultati (che non sta a noi valutare), l’effetto è che ogni
problema diventa un nostro problema e alla fine della giornata il dirigente
scolastico se ne ritrova 300 + 1. Anni fa, appena un decennio addietro, una
realtà di questo tipo sarebbe stata affidata alle cure di almeno tre presidi ed
ecco che già il primo numero non quadra: come può una sola persona, a fronte di
una complessità crescente, assolvere ai compiti che erano allora ripartiti fra
più soggetti? Vogliono davvero si creda che ciò sia il risultato dello
scivolamento lessicale dal preside al dirigente scolastico? Peccato, a noi
piacerebbe davvero continuare a essere dei presidi!
A
quanti altri dimensionamenti, accorpamenti, fusioni dovremo assistere prima che
si plachi il desiderio di ridurre i costi della scuola pubblica? Per non
parlare del sistema di reggenze per le quali verrebbe da credere che il termine
derivi ancora una volta dalla sostenibilità economica che ne consegue e da
logiche di risparmio.
Nella
realtà di ogni giorno la scuola regge (qui sì che la parola è giusta) grazie a
docenti che si trovano costretti a inseguire PON che si rigenerano come dei
transformer architettati su bandi con scadenze strettissime ma tempi infiniti
per conoscerne gli esiti, bidelli che si fanno carico del lavoro di colleghi
assenti non più sostituibili mentre i locali da pulire sono sempre gli stessi
ed i ragazzi pure, segreterie che scoppiano per richieste e scadenze surreali,
con compiti e competenze che una volta erano affidati ai Provveditorati,
sistemi informatici che non supportano gli accessi e collassano (con noi che
non sopportiamo loro), organici inadeguati al reale fabbisogno, dotazioni per
le quali sarebbero necessari maggiori finanziamenti, monitoraggi e raccolte di
dati già raccolti, un’edilizia che implora maggiori garanzie soprattutto nelle
tante zone sismiche del nostro bel paese, ecc…
Una
volta si canticchiava “fai un salto, fanne un altro, fai una giravolta, falla
un’altra volta……” oggi, una simile perversione, tornata di moda con meno ludici
finalità ma altrettanto ludiche parvenze, pare si chiami “blue whale” e non
riguarda solo gli adolescenti, ma l’intero sistema deputato ad accoglierli. Ed
ecco che ci ritroviamo a competere con la nostra stessa capacità fisica in una
corsa ad ostacoli, o a giocare ad un limbo con l’asticella che si abbassa
sempre di più ad ogni nuovo livello obbligandoci ad improbabili acrobazie pur
di sopravvivere.
Si
potrebbe dire a noi dirigenti scolastici che la bicicletta l’abbiamo voluta e
quindi non ci resta che pedalare, ma nessuno ci disse che anche a noi
l’avrebbero data con le ruote quadrate!
E
allora, al di là di ogni invocata resilienza, benvengano le temperature estive
perché ci ricordano che presto – forse – potremo godere di uno (solo uno per
carità) dei tanti giorni di ferie non usufruiti l’a.s. scorso e benvenga pure
il lavoro h 24, 7 gg su 7 e 12 mesi l’anno; questo non ci spaventa quanto la
sicurezza dei nostri edifici! Casomai ci indigna che non si dicano i reali
stipendi che ci vengono corrisposti per questa mole di lavoro assolutamente
inappropriata al carico di responsabilità affidate (un docente con 6 ore
eccedenti e qualche incarico se la cava molto meglio)….. ma per favore non
fateci fare la fine della rana bollita che, immersa in un pentolone la cui
temperatura si alza poco alla volta, smette di reagire e muore circondata da
chi è pronto a rimpiazzarla con un’altra ignara di ciò che l’attende.
Ecco
perché in questa logica dei numeri vorremmo che la nostra voce non contasse per
una, ma per 300 + 1, perché se è vero che tra le tante responsabilità abbiamo
anche quella del benessere lavorativo di così tanti lavoratori, metteteci di
condizioni di poterlo garantire ad ognuno di loro, a noi stessi, ai nostri
studenti e restituire serenità alle nostre famiglie.
Laura Cascianini, Dirigente dell’Istituto Omnicomprensivo “Fanfani-Camaiti”, Arezzo