Il poeta sufi Rumi
scrisse una volta: «Al di là delle idee di sbagliato e giusto, c’è un campo. Vi
incontrerò là».
La comunicazione che
aliena dalla vita, invece, ci intrappola in un mondo di idee su ciò che è
giusto e ciò che è sbagliato – un mondo di giudizi; è un linguaggio pieno di
parole che classificano e creano divisione tra le persone e le loro azioni.
Un tipo di
comunicazione che aliena dalla vita è l’uso di giudizi moralistici che
implicano il torto o la cattiveria di quelle persone che non agiscono in
armonia con i nostri valori. Incolpare, insultare, umiliare, etichettare,
criticare, fare paragoni sono tutti tipi di giudizi.
Quando parliamo
questo linguaggio, giudichiamo gli altri e il loro comportamento, e ci
preoccupiamo di decidere chi è buono, chi è cattivo, chi anormale, chi
responsabile, chi irresponsabile, chi sveglio, chi ignorante, …
Concentriamo la nostra attenzione sul
classificare, analizzare e determinare livelli di “torto”, anziché sull’individuare
quello di cui noi e gli altri abbiamo bisogno e che non otteniamo.