In questi
anni è mancato un disegno chiaro riguardo alla scuola perché confuso è il
disegno della società italiana. Le riforme che si sono succedute hanno provato
a tenere in vita un sistema già malato, la scuola del post-Sessantotto, senza
interrogarsi minimamente sulle ragioni della sua malattia, che sono
strettamente connesse alla crisi del sistema sociale collettivo. Il problema è
dunque ben più ampio.
E’ il senso
del vivere insieme il vero problema: il senso e le sue regole, i suoi valori
condivisi. Perché non voglio credere che il caos, l’arrivismo, la
superficialità, l’individualismo personale o collettivo, l’immoralità
generalizzata siano ascrivibili a un nuovo sistema di valori comuni. E in
questo «sistema di valori» che ruolo ha la crisi del sistema scolastico?
Dovremmo
accettare passivamente l’affermarsi di un altro sistema formativo? Quello che
si profila e che si sta sviluppando senza che noi ce ne rendiamo conto? Più
diffuso, reticolare, sostenuto dalle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione, più potente, accessibile, più economico? Un luogo
dell’apprendimento individualizzato e non istituzionalizzato? Oppure difendere
innanzitutto la concezione di una scuola come unica istituzione dedicata allo
sviluppo intellettuale dei giovani che può prendere in mano e governare
quell’altro modello?
Mila Spicola, La scuola s’è rotta, p. 20-21