Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber

lunedì 18 marzo 2013

SONO UNA PROFESSORESSA - Mila Spicola


Sono una professoressa e molti mi disprezzano. Forse anche tu mi disprezzavi, don Milani, non certo per il mio mestiere, che hai scelto anche tu di fare: insegnare. Mi disprezzavi perché insegnavo solo ai Pierini, i figli dei ricchi, mi concentravo su di loro e lasciavo indietro i tuoi Gianni, poveri e malandati. Mi dimenticavo che la Costituzione recita: «La scuola è aperta a tutti», e: «I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi». Ti ho ascoltato eccome e oggi insegno in una scuola dove sono tanti i «privi di mezzi», i Gianni. Accade esattamente la stessa cosa: i miei Gianni sono nuovamente distinti dai Pierini.
Si è però verificato uno scambio curioso. Siamo solo noi da dentro quelle aule sporche e fredde a difendere il diritto a un futuro migliore per i Gianni di oggi. Noi professoresse. E lo facciamo perché stanno mettendo in pericolo quella possibilità. Ci accusano anzi di bocciare meno, pensa un po’, ci vorrebbero arcigne, «rigorose» e pronte a cacciare via quanti non se lo meritano. Ma come fai a distinguere quando un alunno è meritevole per le sue capacità, o meglio per i suoi «risultati» e quando lo è perché la fortuna non lo ha mai sfiorato?
Un ragazzo di periferia, che frequenta una scuola di periferia, quando diventa meritevole di considerazione? Quando ha tutti otto, o nove virgola 51 nelle prove nazionali? O quando devo mettermi lì, con pazienza, professionalità, tempo, strutture, per fargli raggiungere le «uguali» condizioni affinché la sua «scuola aperta a tutti» sia egualmente efficace della «scuola aperta a tutti» di altri contesti italiani, o della sua stessa città?
Mila Spicola, La scuola s’è rotta, p. 12-13
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