Ti scrivo, perché noto come tu abbia insistito a
riproporre alcune pagine del libro "Lettere dalla Kirghisia" di
Silvano Agosti.
In un primo momento mi sono chiesta se questo
Paese esistesse veramente, o se fosse stato solo un nome di fantasia scelto dallo
scrittore per descrivere l'ennesima utopia di una perfetta città ideale, oppure
se si trattava di una simpatica favola nella quale sviscerare i propri desideri
irrealizzabili.
Parlare di 2 ore di lavoro al giorno, di una
scuola fatta non di ore di lezione seduti sui banchi, di anziani che
trascorrono momenti felici assaporando la vita "nella sua massima
estensione e pienezza"..., mi ha un po' infastidito. Dentro di me ho
pensato : "Ecco un altro mistico paranoico totalmente discostato dalla
nostra realtà quotidiana!".
Frugo, scavo, spulcio sui diversi siti fino
imbattermi in un breve commento di un papà che, dopo la lettura del libro,
scrive: "per la mia tanta fretta, ho perso i miei affetti più cari nella
vita".
Già, vista sotto questa luce, la fretta, i mille
impegni, la frenesia, il fare cento cose in un minuto, il correre, il
"dai, muoviti", "non ho tempo adesso", "ne parliamo
dopo...", sono i malanni della nostra società odierna, la nostra malattia
che ha disintegrato le nostre relazioni e che ci ha privato del tempo per
insegnare ai nostri figli.
Per questo i nostri figli sono costretti a stare
diverse ore nei banchi, perché deleghiamo alla scuola il solo compito di
insegnare.
L'altro giorno ho detto a mio marito:
"Siamo coinvolti in un ritmo frenetico che non ci dà modo di stare insieme
con tranquillità". Risposta: "Lo so, dipendesse da me! Chi può
rallentare questo sistema di vita in un Paese industrializzato?".
Ciao, Francesco!
Patrizia, lettrice attenta