Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber

lunedì 15 ottobre 2012

IMPARARE IN KIRGHISIA - Silvano Agosti



“Ma se giocano tutto il giorno quando studiano?” obbietto al mio accompagnatore.
Mi sorride. “Loro non studiano, imparano.”
“Cioè?”
Per tutta risposta fa cenno a un ragazzino di fermarsi. “A cosa serve la milza?” Chiede. “A produrre le piastrine che puliscono il sangue”.
“E il fegato?” Con voce leggermente affannata ma ferma, guardandomi negli occhi, il ragazzino prosegue. “È una centralina energetica, un serbatoio di glicogeno detto anche glucosio, inoltre produce la bile che serve per la digestione, e un sacco di altre cose…” Poi, sorridendo, torna a giocare.
“Qui da noi in Kirghisia, i bambini crescono con la consapevolezza che il corpo umano, anche solo come macchina biologica, è un capolavoro della natura. Lo conoscono e ne ammirano la perfezione.
Scoprendo che il corpo umano è un capolavoro, la persona si relaziona a se stessa con lo stesso rispetto e cautela che si ha per un opera d’arte e di conseguenza tratterà anche i suoi simili, chiunque essi siano, come dei capolavori”.
“Posso fermarne uno io di questi “giocatori”?”. Chiedo avvicinandomi a una ragazzina che si sta sistemando una scarpa. Do you speak english?” (Parli inglese?) Le chiedo.
I speak five languages” (Parlo cinque lingue ) dice graziosamente e sfugge a un gruppo di altre bambine che evidentemente la stanno inseguendo.
“Ma come è possibile?” Chiedo al mio amico Kirghiso.
“Ha frequentato la Casa delle lingue, dove proiettano in dieci diverse lingue i film che piacciono ai ragazzi di ogni età.”
Mi accompagna ai margini del parco, spiegandomi che il meccanismo dell’imparare è permanente e più rapido di quello collegato allo studio, che, essendo quasi sempre obbligatorio, non penetra a fondo nella memoria conoscitiva e svanisce rapidamente con il trascorrere del tempo.
Lo studio impone l’apprendimento e quindi non nasce da un interesse o da un desiderio, ma da un obbligo.
Le nozioni che si apprendono con lo studio sono simili a fiori recisi che vengono immessi nel vaso della memoria e, pur rinnovandosi, le parole prima o poi appassiscono.
Ciò che si impara invece, nasce dal desiderio di sapere ed è simile a un seme messo nella terra che poco a poco cresce, fruttifica, vive e si rinnova.

Silvano Agosti, Lettere dalla Kirghisia, dalla Seconda lettera
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