Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber

martedì 16 ottobre 2012

PROVOCATORI DI DESIDERI - Una docente



Il post ”Il primo giorno che vorrei” di Alessandro D'Avenia ha catturato la mia attenzione perché tratta di un argomento su cui sto riflettendo da un po’ di tempo, non solo in ottica professionale: la motivazione.
In estrema sintesi, potremmo definire la motivazione come la “voglia di fare”, quella scintilla che sempre meno frequentemente la scuola è in grado di accendere nelle menti e nei cuori dei ragazzi che la frequentano.
Mi piace sostituire il termine “motivazione” con un altro che in qualche modo lo contiene, ma che non ne rappresenta necessariamente un sinonimo: mi riferisco alla parola “desiderio”. Non si tratta di una sostituzione campata in aria, ma dettata dal fascino che secondo me possiede la parola desiderio se considerata dal punto di vista etimologico.
“De – siderare” richiama infatti lo stare “sotto le stelle”, l’osservazione del cielo con un atteggiamento di attesa e di ricerca del percorso da intraprendere. Trovo molto significativo quel “de” privativo che precede “sidera” perché implica la difficoltà a seguire la rotta segnalata dalle stelle, rimandando quindi a una situazione di disorientamento e di perdita di riferimenti, ma anche e soprattutto alla spinta positiva di ricerca personale e paziente della propria stella, di un qualcosa che (ci) manca, ma che ha la forza straordinaria di guidare il nostro cammino.
Ciò che risulta davvero importante è la propensione interiore alla ricerca, all’individuazione di un proprio percorso che abbia un significato concreto per se stessi, al tentativo inesauribile di raggiungere ciò che non abbiamo. Come educatori (e non solo) penso che in generale siamo diventati incapaci di orientare il soggetto (noi stessi, ma anche chi ci circonda) verso la passione, verso il proprio desiderio, verso la propria misura della felicità, necessariamente particolare e mai universale.
Penso che le difficoltà che frequentemente si incontrano a scuola con i ragazzi, definiti spesso superficiali, svogliati, disinteressati a tutto e a tutti, risiedano proprio nell’incapacità della generazione adulta di provocare e sostenere nei giovani la ricerca personale della propria stella, del proprio orientamento nella vita: purtroppo questo avviene quasi sempre a causa dell’assenza nell’adulto stesso di un proprio desiderio. Come si può fungere da modello di qualcosa che non si incarna? Com’è possibile pretendere di accendere una scintilla laddove non si è mai vissuto il fuoco in prima persona? Come posso aspettarmi che i miei ragazzi si interessino attivamente allo studio se io per primo vivo l’aggiornamento e la formazione in servizio come un fastidioso e inutile impegno in più in agenda?
Finché non diventeremo “provocatori di desideri” incarnandone concretamente uno nostro, l’esperienza dell’educazione sia come insegnanti che come genitori sarà svuotata di senso in partenza e sarà quindi, conseguentemente e inevitabilmente, del tutto inefficace.
Un’insegnante alla ricerca della propria stella
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