Costruirò una scuola
“Puoi immaginarti da
noi una classe elementare da sola, senza maestro, seduta tranquilla a
lavorare?” mi raccontò Mortenson. “Avevo come la sensazione che mi stessero
strappando via il cuore. C’era una grande fierezza nel loro desiderio di
apprendere nonostante tutti gli ostacoli. Sentivo di dover fare qualcosa”.
In piedi, di fianco
ad Haji Ali, sopra la cengia che si affacciava sulla vallata, con una veduta
assolutamente cristallina di quelle montagne per sfidare le quali aveva girato
mezzo mondo, Mortenson realizzò di colpo che scalare il K2 per collocare sulla
sua sommità una collanina aveva poco senso. C’era un gesto di gran lunga più
significativo che poteva compiere per rendere onore alla memoria di sua
sorella. Posò le mani sulle spalle di Haji Ali, come il vecchio uomo aveva
fatto decine di volte con lui da quando avevano condiviso la loro prima tazza
di tè. “Voglio costruire una scuola” disse, senza tuttavia rendersi conto che con
quelle parole il percorso della sua vita aveva appena imboccato un’altra
direzione, una rotta di gran lunga più tortuosa e ardua rispetto alle strade
sbagliate prese da quando aveva rinunciato al K2.
“Costruirò una
scuola” disse Mortenson. “Lo prometto”.
Greg
Mortenson, David Oliver Relin, Tre tazze di tè, Milano 2008, p. 53-54